L’Ibisco o Carcadè, la cui denominazione botanica è “Hibiscus sabdariffa L. varietà ruber”, è una pianta annuale appartenente alla Famiglia delle Malvaceae. Originario dell’Africa tropicale, oggi l’Ibisco è diffuso un po’ ovunque; cresce fino a circa 600 metri sul livello del mare, prediligendo terreni permeabili e sabbiosi con clima caldo umido.
Il genere “Hibiscus” comprende più di 200 specie (alcune delle quali sono piante erbacee, altre arbusti, altre ancora alberelli) e tutte, o quasi, sono coltivate per i bellissimi fiori. La pianta dell’Ibisco ha un fusto che può raggiungere i 2-5 metri di altezza, tutta la pianta è glabra, cioè senza peli protettivi, e produce, all’ascella delle foglie, un grande fiore solitario con cinque petali, di colore variabile e con il pistillo centrale molto evidente e più lungo della corolla. Sono questi i fiori che abbelliscono le ragazze polinesiane rappresentate da Gauguin nei suoi quadri; in queste isole è ancora consuetudine fra i giovani portare un fiore di Ibisco sull’orecchio destro per indicare il proprio fidanzamento, se invece venisse posizionato a sinistra questo sarebbe un segnale di disponibilità. Secondo alcune tradizioni orientali, donare un fiore d’Ibisco significava dichiarare alla persona amata i propri sentimenti, ma se si riceveva in cambio un fiore bianco, sempre di Ibisco, significava essere rifiutati!
La composizione chimica
Il fiore intero, costituito da petali, calice e calicetto essiccati, rappresenta quindi la droga, cioè la parte della pianta essiccata che vanta proprietà medicinali e viene utilizzata per le preparazioni farmaceutiche.
I costituenti attivi, rilevati dagli studi fitochimici, sono rappresentati da acidi organici (15-30%), antocianine, fra cui ibiscina (1,7-2,5%), responsabili della colorazione rossa delle tisane di Ibisco, altri flavonoidi; polisaccaridi/ mucillagini (50-65%) formati in prevalenza da sali diacidi uronici; steroli.
Gli acidi organici, fra cui l’acido citrico e l’acido malico presenti in abbondanza, conferiscono alle bevande di Ibisco il gradevole sapore acidulo; è stato inoltre isolato anche un acido organico che sembra sia presente solamente in questo fiore: è l’acido di Ibisco, cioè il lattone dell’acido allo-idrossi-citrico.
L’infuso di Carcadè
Dal calice carnoso del fiore essiccato di Hibiscus sabdariffa si ottiene per infusione in acqua calda, il Carcadè (Carcadè o Karkadè è una parola appartenente alla lingua Etiope e significa “Ibisco”), bevanda dal sapore acidulo, rinfrescante e dissetante.
Questo infuso, noto anche come “tè rosa dell’Abissinia”, è apprezzato in molti paesi dell’Africa, in India, nei Caraibi, nell’America tropicale e lo era anche in Italia quando, nel periodo fascista, divenne una bevanda molto diffusa come succedaneo del tè, in quanto non era possibile importare prodotti inglesi a causa dell’embargo; il Carcadè provenendo dall’Etiopia ed Eritrea, colonie italiane, non era considerato un prodotto proibito.
Usi tradizionali
Gli usi tradizionali del Carcadè risalgono alle indicazioni della medicina popolare dei paesi di origine, dove veniva utilizzato per il trattamento di affezioni cutanee, tosse e ipertensione. In Africa centrale è consuetudine consumare la tisana calda o fredda come bevanda dissetante; le donne africane poi hanno l’abitudine di colorare in rosso le labbra con l’infuso che viene anche utilizzato come tintura per i tessuti. Nella medicina popolare il decotto di Carcadè, una volta raffreddato, veniva utilizzato come impacco, per risanare la cute macerata dal sudore.