Senza voler banalizzare il discorso riducendolo alla frase “gli animali ci fanno bene”, è indubbio e scientificamente provato, che la nostra specie sia fortemente attratta dal mondo degli altri animali. È il motivo per cui fiabe, giocattoli cartoni animati, e purtroppo gran parte del packaging che avvolge il cibo spazzatura targettizzato sui bambini, sono tutti a tema zoomorfo, proprio perché il bambino si dimostra interessato ed entusiasta alla presenza degli altri animali. Ma non sono solo il bambino. Alla presenza di un animale le persone sembrano prese da un’attenzione tutta particolare, che può coinvolgere un gran numero di emozioni diverse: dalla meraviglia al disgusto, dalla gioia alla paura. C’è un’evidente focalizzazione, capace di accomunare, purnella differenza individuale, la maggior parte delle persone, che si trovano attratte, affascinate, eccitate dalla presenza dell’animale.
Una relazione di qualità
Possiamo pertanto parlare di un generico fenomeno di trascinamento operato dalla presenza dell’animale che sembra facilitare l’espressione della persona, liberandola dalle riserve che normalmente presenta. Tuttavia, costruire una relazione di qualità, finalizzata cioè al rispetto della persona e dell’animale coinvolti, richiede un certo impegno per poter essere serena, soddisfacente, profonda, robusta e capace di adattarsi ai cambiamenti. In una parola, equilibrata.
Nell’incontro terapeutico tra persona e animale si pone dunque necessario definire:
- il livello di coinvolgimento, ovvero l’apertura al cambiamento della persona;
- il tipo di cambiamento richiesto, e di conseguenza l’eventuale positività dell’incontro, che dipende non dal livello di coinvolgimento bensì dalle “dimensioni di relazione” attivate nello specifico.
Se il cambiamento asseconda i bisogni della persona, allora l’incontro avrà una sua valenza positiva. Il beneficio si ottiene agendo sulle dimensioni di relazione, ossia favorendo quelle dimensioni che apportano contributi di cambiamento utili (che vanno nella direzione dell’obiettivo) ed evitando quelle dimensioni di relazione che apportano contributi dannosi (che vanno nella direzione contraria o peggiorano i problemi della persona).
Le dimensioni della relazione
Scegliere quali dimensioni di relazione coltivare, evitando quelle dannose, significa dare un “indirizzo referenziale”. Si tratta di un discorso fondamentale e purtroppo sovente ignorato perché si è portati a pensare che l’incontro con l’eterospecifico, ossia colui che fa parte di un’altra specie, apporti benefici di per sé (“l’animale fa bene”) e non in relazione alle dimensioni di relazione che si attivano durante la seduta terapeutica.
Parlare di una dimensione della relazione significa uscire dalle visioni unicamente stimolative (l’animale come stimolo), interattive (l’animale come categoria), performative (l’animale come prestazione), surrogatorie (l’animale come sostituto) e ammettere che nell’incontro con il “non umano” ci possa essere una situazione di interscambio, vale a dire di passaggi di contenuti e di gioco di ruolo. Questo significa che per comprendere la relazione, ovvero cosa produce in un particolare momento e situazione, non basta analizzare i caratteri degli interlocutori ma occorre riferirsi a cosa li sta connettendo in quella particolare circostanza, cioè quali ruoli si attribuiscono vicendevolmente, quali contenuti si scambiano, in che situazione s’incontrano e per fare quale attività.
Favorire i cambiamenti
A questo punto potremmo dire che, in zooantropologia (la disciplina che si prefigge di studiare la relazione uomo-animale, da me inaugurata nel nostro Paese a partire dagli anni ottanta), la prescrizione intende individuare le attività che stabiliscano un piano d’incontro tra la persona e l’animale; tale piano di incontro dimensiona la relazione e la trasforma in un momento di crescita.
In Pet Therapy, infatti, si utilizza la relazione per favorire particolari cambiamenti: il principio cardine è che si possa frammentare la relazione in tante dimensioni di incontro, ciascuna in grado di agire su particolari predicati della persona e farli evolvere.