Adenoidi e bambini, quali soluzioni?

Autore: Dott. Francesco Azzaro

Anche il sonno ne risente

L’ingrossamento delle Adenoidi, ostacolando il normale flusso dell’aria respirata, può essere responsabile anche di un’alterazione del sonno: di notte il bambino respira rumorosamente e talvolta può manifestare episodi di apnea ostruttiva, condizione che comporta la sospensione della respirazione per alcuni secondi e che può portare ad episodi di sonnolenza giornaliera con inevitabili conseguenze sulla resa scolastica.
Si possono poi riscontrare casi di “pavor nocturnus”, cioè risveglio dal sonno profondo accompagnato da profonda agitazione: in questo caso il bambino urla e piange con gli occhi sbarrati e risulta inconsolabile.

Come procedere

In caso di Ipertrofia adenoidea, la Rinoscopia posteriore permette di valutare l’entità dell’ingrossamento: in ogni caso va iniziata la terapia farmacologica con decongestionanti nasali e cortisonici per via aerosolica e, in presenza di un processo infettivo batterico, con antibiotici. Nel caso la terapia farmacologica non risultasse efficace e i sintomi sopra descritti persistessero, oppure nel caso di Otite siero-mucosa protratta oltre i sei mesi o di Bronchiti e/o Broncopolmoniti recidivanti, il trattamento chirurgico risulta inevitabile per garantire al piccolo Paziente il miglior stato di salute possibile.

Sì all’intervento chirurgico...

L’asportazione delle Adenoidi (Adenoidectomia) si può effettuare a partire dal diciottesimo mese di vita ma è necessario, innanzitutto, valutare attentamente ogni singolo caso: in questo senso, l’inverno non è il momento migliore, poiché le vie respiratorie sono messe fisiologicamente a dura prova. Qualora i sintomi presenti nei mesi invernali dovessero persistere anche nel periodo estivo, allora l’intervento diventa obbligatorio e, in questo caso, l’autunno va considerato il periodo migliore per procedere.

... ma valutando anche il contesto di vita

Un’altra importante valutazione riguarda la condizione del piccolo che affronta il suo primo anno in una comunità aperta come l’asilo nido o la scuola materna: tale condizione, infatti, merita una valutazione ancor più scrupolosa in quanto il bambino, a contatto con i virus della popolazione comunitaria, può mostrare in questo periodo la classica sintomatologia che potrebbe far propendere per l’intervento chirurgico; ecco allora che diventa fondamentale monitorarne l’evoluzione nel corso dell’anno successivo e, nel caso gli episodi infettivi non dovessero ridursi, si può pensare effettivamente all’opzione chirurgica.


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