Autore: Prof. Stefano MelettiProf. Paolo Tinuper

Una volta impostata la terapia è necessario intervenire per prevenire i processi di deterioramento ed emarginazione sociale 

Secondo il Rapporto OMS 2001 sulla Salute mentale, circa 37 milioni di persone nel mondo sono affette da Epilessia e, sulla base delle stime epidemiologiche, in Italia vivono circa 300.000 persone affette da Epilessia attiva e ogni anno sono attesi 17.000-30.000 nuovi casi. Questa malattia può esordire in qualunque periodo della vita ma è più frequente in età infantile e nella terza età.

Come si manifesta

L’Epilessia è una malattia neurologica caratterizzata dal ripetersi nel tempo di crisi epilettiche; si tratta di fenomeni improvvisi e determinati da una scarica nervosa anomala proveniente da una porzione più o meno estesa di neuroni della corteccia cerebrale.
Le caratteristiche specifiche dell’episodio possono essere molto varie a seconda della sede e dell’estensione della area corticale interessata dalla scarica.
A seconda della causa che l’ha determinata e del momento della vita in cui si è verificata la disfunzione cerebrale responsabile dell’Epilessia, questa può essere l’unico sintomo di malattia o può associarsi a disturbi neurologici e/o cognitivi/relazionali che, aggravati dal ripetersi delle crisi e del sovraccarico farmacologico, possono contribuire a limitare o a deteriorare la qualità di vita di queste persone.
Anche la terapia farmacologica, soprattutto in età pediatrica, può indurre disturbi cognitivo/comportamentali e, più in generale, se responsabile di eventi avversi, può contribuire ad accrescere la percezione di malattia invalidante.
Ad eccezione di poche determinate sindromi epilettiche, l’Epilessia è una malattia cronica e le crisi tendono a ripetersi per lunghi periodi o per tutta la vita.

Quali sono le cause

Le cause che provocano l’Epilessia possono essere molteplici: ad esempio patologie del feto, sofferenze peri o neonatali, malformazioni cerebrali, malattie infiammatorie o infettive del cervello, traumi cranici, tumori, accidenti vascolari cerebrali, demenze e malattie degenerative. Negli ultimi anni hanno acquisito particolare rilevanza le conoscenze sulle cause genetiche. Attualmente si ritiene che le Epilessie su base genetica (comprendenti sia le forme secondarie a malattie geneticamente trasmesse sia le forme idiopatiche) rappresentino il 50% di tutte le Epilessie.
Il contesto clinico generale, la predisposizione genetica, l’età di esordio, la modalità delle crisi, gli eventuali deficit neurologici o neuropsicologici associati, la risposta alla terapia e la prognosi sono gli elementi che permettono di classificare una determinata forma in una specifica sindrome epilettica.

Il percorso di diagnosi

La diagnosi di Epilessia si basa prima di tutto sulla descrizione delle crisi da parte della persona interessata o dei testimoni. Questa fase può a volte essere difficile perché non sempre è possibile, alle prime visite, ottenere una descrizione attendibile. Questo aspetto è invece di grande importanza per evitare di definire come epilettiche situazioni dovute invece ad altre cause. Una diagnosi errata può portare infatti a iniziare lunghe terapie che saranno inefficaci a risolvere il problema e, anzi, creeranno ulteriore danno.
Una volta accertato che si tratti di crisi epilettiche, occorre cercare di definire il tipo di crisi e l’esame più indicato e utile in tal senso è l’Elettroencefalogramma. Il punto successivo è cercare di definire la causa che ha provocato la malattia che può essere evidente dalla storia clinica (ad esempio documentazione di un grave trauma cranico in passato), ma che più spesso necessita di esami radiologici; fra questi il più indicato è la Risonanza Magnetica Cerebrale che, grazie alla sua definizione, riesce a individuare lesioni anche piccole. Allo scopo di raggiungere una diagnosi precoce nei casi in cui non si evidenzia una chiara causa lesionale, vengono sempre più utilizzate le indagini genetiche che possono individuare mutazioni nel DNA della persona, che possono essere insorte solo nell’individuo considerato o possono avere una trasmissione familiare.

Le terapie

La guarigione, definita come assenza di crisi in assenza di terapia, è comunque possibile in limitati casi e fa parte integrante della diagnosi. Vi sono infatti alcune forme di Epilessia, soprattutto in età infantile-adolescenziale, che possono andare incontro a guarigione fino alla sospensione della terapia.
Un’adeguata terapia, inoltre, può controllare le crisi in circa il 70% dei casi, ma spesso la terapia deve essere continuata per tutta la vita. In circa il 30% dei casi, invece, l’Epilessia è farmacoresistente, cioè non risponde alla terapia farmacologica. In alcune di queste forme, come si dirà in seguito, è indicata una terapia neuro-chirurgica mirata all’asportazione dell’area cerebrale responsabile delle crisi.

Sostenere la qualità di vita

Assieme alla terapia occorre anche mettere in atto tutti quei provvedimenti mirati a combattere gli effetti deleteri della malattia, al fine di evitare i processi di deterioramento e di emarginazione sociale, migliorando così la “qualità della vita” della persona.
L’Epilessia infatti rappresenta un significativo onere per la comunità quando alla disabilità fisica e mentale si associano conseguenze psico-sociali per l’individuo e la sua famiglia. Il pregiudizio correlato a questa malattia induce spesso forme di emarginazione ed esclusione delle persone affette dalle normali attività sociali.


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