Lo sviluppo tecnologico della società ha comportato un aumento esponenziale delle sorgenti dei campi elettromagnetici: il trasporto dell’energia elettrica e il suo utilizzo attraverso elettrodomestici, computer e macchinari industriali, le trasmissioni radiotelevisive, l’utilizzo di telefoni cellulari e l’uso di internet wireless (senza fili) hanno reso ubiquitaria l’esposizione della popolazione a svariate tipologie di campi elettromagnetici.
Questo avanzamento tecnologico, che da una parte ha agevolato la vita quotidiana delle persone, ha fatto crescere nella comunità scientifica la preoccupazione circa i possibili effetti sulla salute umana dell’esposizione a lungo termine a campi magnetici (CM) ed elettromagnetici (CEM), soprattutto nei confronti dei bambini.
Negli ultimi decenni sono stati effettuati numerosi studi con esiti contrastanti, ma giudicati sufficientemente attendibili per determinare l’inclusione dei campi magnetici sia a bassa che ad alta frequenza (wirless) nel gruppo dei “possibili cancerogeni” per l’uomo, da parte dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC).
In anni recenti, inoltre, anche la percezione dei cittadini verso le problematiche ambientali è mutata e sempre più spesso la cittadinanza si rivolge alle autorità competenti con apprensione, per esempio in caso di installazione di nuovi impianti di trasmissione nel centro abitato.
Gli studi sulle linee elettriche
Campi elettrici e magnetici sono presenti ovunque l’energia elettrica venga generata, trasmessa o distribuita attraverso linee o cavi (nelle linee elettriche, sia ad alta che a media o bassa tensione, la corrente elettrica è alternata alla frequenza di 50 Hz) o venga utilizzata da dispositivi quali ad esempio videoterminali ed elettrodomestici. I campi magnetici a 50 Hz sono dunque esclusivamente di origine antropica, vengono cioè prodotti dalle attività dell’uomo.
Il numero e la varietà delle fonti di tali campi si sono progressivamente ampliati in relazione al progresso delle tecnologie e all’aumento dell’uso dei dispositivi elettrici. Dato che l’elettricità costituisce parte integrante della moderna vita quotidiana, l’esposizione a campi elettrici e magnetici è praticamente ubiquitaria.
Il primo studio che descrisse un aumento del rischio di sviluppare tumori nei bambini che vivevano in prossimità di elettrodotti ad alta tensione è del 1979. Nel 2002 la IARC ha classificato i campi magnetici indotti dagli elettrodotti come possibili cancerogeni per l’uomo sulla base della limitata evidenza di cancerogenicità per quanto riguarda le Leucemie infantili. Studi più recenti hanno confermato sostanzialmente le conclusioni di quelli precedenti.
Sono invece giudicati ancora insufficienti gli studi che hanno trovato associazioni tra l’esposizione e gli effetti negativi sulla riproduzione.
Nel 2002 la IARC affermava “... nel complesso i risultati degli studi sull’uomo non consentono di stabilire alcuna associazione fra esiti riproduttivi avversi ed esposizione a campi elettrici e magnetici a bassa frequenza.”
Le esposizioni residenziali di solito sono molto basse a meno che non ci si trovi molto in prossimità di un elettrodotto. Per esposizioni più elevate, tipo quelle lavorative, sono state descritte associazioni con alcune forme tumorali, quali Melanoma, Leucemia, Tumore dello stomaco e del pancreas, Tumore del rene e Astrocitoma (un particolare tumore cerebrale). Deboli associazioni sono state trovate con l’insorgenza di patologie come il Morbo di Parkinson e la Sclerosi multipla mentre un rischio maggiore di insorgenza di Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è stato riportato per le occupazioni elettriche.
Un ampio studio condotto nel 2009 sulla popolazione svizzera (campione esaminato di 4,65 milioni di persone), ha evidenziato un maggior rischio di morte per Malattia di Alzheimer tra i soggetti residenti entro 50 metri da linee elettriche di 220-380kV di potenza rispetto a soggetti residenti a maggiore distanza.
È stata inoltre osservata una relazione dose-risposta tra anni di residenza entro 50 metri dalle linee elettriche e rischio di morte per Morbo di Alzheimer. Nello stesso studio non è stata osservata un’associazione per Sclerosi Laterale Amiotrofica, Morbo di Parkinson e Sclerosi multipla.