Come è noto, le piante di un certo luogo vivono in equilibrio dinamico con le condizioni fisiche dell’atmosfera (temperatura, umidità, quantità di luce, di ossigeno e anidride carbonica disponibili) e le componenti vitali del suolo (microrganismi e fauna terrestre) che caratterizzano il luogo medesimo. Ciò è conosciuto con il nome di “ecosistema”.
Le variazioni climatiche modificano, prima di tutto, le interazioni tra le diverse forme di vita dell’ecosistema, come ad esempio le relazioni piante/insetti, piante/ funghi, piante/piante infestanti. La modifica del rapporto pianta/insetto, ad esempio, potrebbe cambiare l’incidenza delle virosi, ossia malattie trasmesse alle piante sane da insetti vettori, dopo l’acquisizione di particelle virali da una pianta infetta. Allo stesso modo, la variazione temporale dello stadio della fioritura porterebbe alla perdita della sincronizzazione tra pianta e impollinatori. Così come, l’accelerazione dello sviluppo della pianta, che si verifica per l’aumento delle ondate di calore, riduce i tempi utili alla sintesi dei carboidrati e al loro trasferimento negli organi di accumulo, con conseguente calo della produzione.
Quale adattamento?
Le piante possono rispondere a tali variazioni adattandosi alle nuove condizioni in virtù della loro capacità di modificare l’habitus vegetativo in relazione a differenti condizioni oppure migrando in località più favorevoli alla loro sopravvivenza. È bene rilevare che esse hanno sviluppato strategie di resilienza al danno e di adattamento; addirittura sono capaci di rinunciare ad una “parte del loro corpo” nel caso venissero brucate da un animale, bruciate dal fuoco o sommerse dall’acqua, riuscendo perciò a sopravvivere e tornare a crescere rigogliose.
Le catastrofi di Hiroshima e Cernobyl non hanno impedito alla natura di sorprenderci, riprendendo a germogliare velocemente. Ancora, se sono in una foresta fitta, le piante tendono a crescere in altezza per cercare la luce; se sono in un terreno asciutto, sviluppano le radici in verticale per cercare l’acqua in profondità.
Possono verificarsi, però, cambiamenti radicali persistenti, non transitori, negli habitat per cause diverse, quasi tutte riconducibili agli effetti del cambiamento climatico: temperature estreme che si ripetono in ogni stagione; bombe d’acqua, grandinate e venti forti frequenti, invasione di parassiti alieni. Tali eventi provocano danni alle piante di quell’areale colturale e ai loro organi riproduttivi (gemme, fiori, frutti), pregiudicandone la sopravvivenza o mortificandone le potenzialità produttive.
Migrazioni delle piante
In un mondo sempre più caldo e con eventi meteorici estremi, le piante se non riescono ad adattarsi, scappano! Dove? Spostandosi progressivamente verso latitudini più a Nord, per esempio verso località a quote più alte, dove trovano un clima più favorevole alla loro sopravvivenza. Così, per proteggersi dalle conseguenze del riscaldamento, negli ultimi anni le piante della regione alpina sono migrate più in alto di circa 200 metri. Allo stesso modo, la coltivazione dell’olivo in Italia è arrivata a ridosso delle Alpi, nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserve e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee, mentre i vigneti sono arrivati addirittura sulle vette alpine e si spostano verso il Nord Europa. Mentre al sud è boom per le coltivazioni tropicali, dall’avocado al mango, fino alle banane. Tale situazione si può connotare con l’aforisma “Olivo sulle Alpi, avocado sull’Etna e champagne in Inghilterra”. Pazzie del surriscaldamento! Per lo stesso motivo, viene resa più difficoltosa la stagionatura dei salumi e dei formaggi, come anche l’invecchiamento dei vini: in una parola, sono messi in serio pericolo i prodotti tipici italiani.
Difesa del nostro stile alimentare
Le proiezioni relative ai cambiamenti climatici in Europa indicano che il rischio di desertificazione è in aumento. Zone calde semidesertiche esistono già nell’Europa meridionale, dove il clima si sta trasformando da temperato a secco. Il fenomeno si sta estendendo al settentrione. Una sola cosa è certa: senza il nostro aiuto le piante stavolta non possono farcela. E senza di loro non possiamo farcela neppure noi. Per la tutela delle specie vegetali alla base della nostra Dieta mediterranea e che concorrono alla sicurezza alimentare (filiere dei cereali, dei legumi, delle ortive, dell’olivo e della vite), occorre innovare e porre in essere strategie di ricerca per ottenere cultivar resilienti ai cambiamenti del clima.