Autore: Prof. Paolo Ranalli

 

I fattori antinutrizionali

La Quinoa contiene, inoltre, alcuni fattori antinutrizionali: gli inibitori della tripsina e le saponine. Le saponine sono concentrate nel pericarpo del seme, conferiscono un gusto amaro alle farine e, se consumate in grandi quantità, possono risultare tossiche. Sono glicosidi terpenici utilizzati dalle piante per una difesa naturale: rendono il seme indigesto a eventuali predatori e lo proteggono da alcuni patogeni fungini. Tradizionalmente, la Scienza della Nutrizione considera questi glicosidi come sostanze che riducono l’assorbimento intestinale di svariati nutrienti, come proteine, lipidi e carboidrati.

Il processo di desaponificazione

In base alla loro struttura chimica, le saponine possono essere parzialmente rimosse mediante lavaggio con acqua, preferibilmente leggermente alcalina; va aggiunto, altresì, che le saponine sono termostabili (ossia non vengono inattivate dalla cottura), quindi il lavaggio o l’abrasione del pericarpo sono l’unico sistema per eliminarle (desaponificazione). Invece, il sapore amaro potrebbe essere ridotto con processi di estrusione e tostatura.
Al termine del processo di desaponificazione, la Quinoa è pronta per poter essere confezionata e consumata tale quale oppure trasformata per ottenere fiocchi di Quinoa per la colazione, farina e prodotti derivati (pane, pasta e snack). È stata studiata la possibilità di ottenere una pasta senza glutine e con un alto contenuto proteico utilizzando la Quinoa in purezza e in miscela con altri prodotti. Le saponine ottenute dalla desaponificazione dei semi di Quinoa possono essere utilizzate in vari settori: dal farmaceutico (sviluppo di nuovi farmaci antitumorali, antimicrobici e antimicotici, adiuvanti nei vaccini) al chimico e cosmetico, ma anche nella difesa delle piante come versatili bio-insetticidi.

La situazione oggi

L’Italia è uno dei maggiori importatori di Quinoa: in questi ultimi anni si è registrato un notevole incremento del suo consumo da parte della popolazione vegetariana e vegana, che la considerano un’alternativa proteica alla carne. I principali Paesi produttori sono la Bolivia, Perù ed Equador. Per le sue qualità agronomiche e nutrizionali, la Quinoa potrebbe diventare una coltura molto importante anche per l’Italia. Così, mentre da un lato vengono sviluppati interventi tecnologici innovativi di perlatura e produzione di sfarinati ad elevato valore nutrizionale e la messa a punto, in impianti pilota, di formulati per realizzare prodotti da forno ad elevata valenza dietetica, da un altro lato, si è impegnati a sviluppare una filiera di produzione a “km zero”, ovvero a produrre da noi la materia prima che importiamo.
Peraltro, si tratta di una pianta resistente o tollerante siccità, salinità e altre avversità ambientali; è la più adatta per la coltivazione nelle aree agricole marginali, a bassa piovosità e nei terreni poco o per nulla produttivi per i cereali tradizionali, come le aree collinari e quelle potenzialmente difficili dell’Italia meridionale. Le prime prove di coltivazione effettuate da noi hanno evidenziato limiti produttivi nelle cultivar attualmente disponibili e problemi legati ad attacchi di afidi e peronospora sulle piante ed al controllo delle erbe infestanti. Perciò, l’introduzione della Quinoa negli ordinamenti colturali delle nostre aziende dovrà essere supportata da significativi interventi di ricerca sulla pianta e sulle tecniche di coltivazione.  


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