Genitori e figli, quale equilibrio?

Autore: Mignani_ Dott.ssa Manuela

 

L’eterno cucciolo

La funzione genitoriale si è così radicalmente modificata, da “normativa” ad “affettiva”: il figlio è visto come un “cucciolo” da coccolare, da non deludere mai e da soddisfare in ogni desiderio e bisogno, nella convinzione che solo con molto sostegno e tanto amore potrà esprimere al meglio se stesso. Il piccolo “messia”, spesso figlio unico, non deve più guadagnarsi la benevolenza dei genitori, ma sono i genitori stessi che devono meritare il suo affetto. A differenza delle generazioni passate, che per affermare la propria identità dovevano necessariamente ribellarsi all’autorità famigliare, ed in particolare a quella paterna, le generazioni di adolescenti e di giovani di oggi mancano delle ragioni fondanti per opporvisi.
Così, se si può ritenere che l’abitare in famiglia sia per molti ragazzi una “necessità” collegata alla incertezza e all’attuale precarietà lavorativa, si può allo stesso tempo ipotizzare che per molti, soprattutto di età più adulta, sia invece una “scelta” decisamente vantaggiosa. La famiglia rappresenta infatti un luogo accogliente e conciliante, ed i genitori moderne agenzie del benessere materiale e psicologico dei figli.
Ma, come ci ricorda Oscar Wilde: “E’ con le migliori intenzioni che il più delle volte si ottengono gli effetti peggiori”. La relazione genitoriale in cui il figlio è totalmente protetto e accudito, genera da una parte un insicuro, e dall’altra, un egoista, pretenzioso che esige che tutto il mondo ruoti intorno a lui. Nella pratica giornaliera, si osservano sempre più giovani psicologicamente fragili e insicuri, decisamente impreparati di fronte alle responsabilità della loro età.

Quali indicazioni per i genitori?

Innanzitutto la relazione fra genitori e figli dovrebbe evolversi e modificarsi in stretta connessione alle diverse fasi di crescita dei figli. Se è naturale che il genitore nelle prime fasi di vita assuma un ruolo più tutelante e protettivo assicurando una forte presenza, è altresì fondamentale che gradatamente nell’arco degli anni, faccia un passo indietro permettendo al figlio di farne due avanti. Un atteggiamento genitoriale quindi presente ma che consenta al figlio di affrontare a piccoli passi gli ostacoli e le difficoltà che la vita via via gli mette davanti, quali esperienze formative fondamentali per la costruzione della propria personalità. Ecco quindi che più che sostituirsi ai figli risolvendo direttamente i loro problemi, ciò che è utile fare è aiutarli ad inquadrare i problemi, lasciando che siano loro stessi a trovare le proprie soluzioni e a sviluppare le strategie di fronteggiamento, o coping, per gestire la realtà. I genitori dovrebbero, infatti, ricordarsi che l’unica via che conduce alla costruzione del senso di fiducia nelle proprie risorse personali e autostima, è la possibilità di sperimentarle concretamente.
Diventare adulti, inoltre, obbliga ad un cammino che comporta necessariamente l’abbandono del mondo infantile e delle sue pretese, accostando progressivamente il principio del piacere al principio del dovere e dell’impegno per la realizzazione dei propri desideri ed obiettivi. Abituare i figli a ricevere senza nessuna contropartita, senza l’adeguamento a compiti e doveri, significa ostacolarne il processo di emancipazione, mistificando allo stesso tempo la realtà e creando l’illusione egocentrica di essere quello che non sono. Al contrario, porsi nel ruolo di guida e di supporto stabile che stabilisce regole chiare ma che al contempo rimanda al figlio le sue responsabilità significa aiutarlo ad affrontare con successo la propria vita.

 


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