Autore: Dott. Lorenzo Sabbioni

Curare il sintomo e restituire alla Paziente un’ottima qualità di vita, senza andare in sala operatoria, non deve essere più considerata una opzione di seconda scelta 

Comunemente chiamati “Fibromi”, i Leiomiomi uterini rappresentano una delle malattie ginecologiche più frequenti in assoluto. Il fatto che si tratti di patologie ad origine benigna non deve ingannare sull’impatto che possono avere sulla salute femminile e sulla qualità di vita. A seconda della loro posizione e delle loro dimensioni possono infatti determinare sintomi assai rilevanti, quali mestruazioni molto abbondanti, dolore pelvico, sensazione di ingombro a livello pelvico, infertilità e persino problemi in gravidanza o durante il parto. L’estrema eterogeneità di posizione e dimensioni fa sì che possano anche essere del tutto asintomatici ed essere individuati (talvolta pure di ragguardevoli dimensioni) durante un esame ginecologico o radiologico di routine.

Diagnosi accurata

Da quanto detto si comprende l’estrema importanza di un’accurata fase diagnostica. L’esame ecografico ginecologico deve essere condotto per via transvaginale e deve cercare di valutare tutte le possibili caratteristiche del Fibroma uterino: dimensioni e volume, posizione, numero, vascolarizzazione, la vicinanza con la cavità endometriale e la sua evolutività nel tempo, spesso correlata alla gravità dei sintomi che la Paziente deve sopportare.
In caso di Fibromi molto numerosi o voluminosi, l’esame ecografico sarà completato da una scansione transaddominale per valutare una eventuale estensione dell’utero al di fuori della pelvi e per fornire una corretta stima del volume dello stesso.
Si evince quindi che non sia più possibile terminare una visita comunicando alla Paziente “Signora, tutto a posto, c’è anche un Fibroma di 3-4 cm”. Tutte le caratteristiche sopra menzionate vanno riportate nel referto in modo da valutare nel tempo l’evoluzione del Fibroma. Fondamentale sarà anche riportare il volume dell’utero, oltre che delle singole irregolarità, in modo da poter decidere tra le varie terapie, mediche o chirurgiche, a disposizione.

Il colloquio con lo Specialista

Di pari importanza sarà dunque il colloquio tra Specialista e Paziente, durante il quale vi sarà tutto il tempo per eventuali chiarimenti o domande, che non possono prescindere da un approccio multidisciplinare che includa aspetti legati alla fertilità e alla sessualità.
Lo Specialista eviterà di comunicare con leggerezza una notizia di questo genere, pur trattandosi di un Tumore benigno, in modo da evitare una scomoda “etichettatura” della Paziente, che potrebbe essere portata a sopravvalutare, o sottovalutare, i sintomi nel caso in cui il counselling sia stato approssimativo.

Approcci sempre più mini-invasivi

L’approccio nei confronti dei Fibromi uterini è mutato nel tempo. Per molti decenni l’unica terapia realmente efficace a disposizione è stata la Chirurgia, spesso con un approccio di tipo demolitivo che comprendeva, anche in età fertile, la rimozione di tutto l’utero, delle tube e delle ovaie.
La gestione chirurgica dei Fibromi negli anni è stata al passo con la Medicina moderna e si è via via evoluta passando da un approccio demolitivo a uno sempre più funzionale e basato sui sintomi della Paziente. Le moderne tecnologie consentono di rimuovere, senza tagli sull’addome, piccoli Fibromi uterini di 3-4 cm quando aggredibili. La tecnica isteroscopica prevede un’attenta valutazione diagnostica e deve considerare molteplici fattori.
Anche la Laparoscopia ha permesso di rimuovere, grazie all’introduzione di strumenti estremamente sicuri e sofisticati, lesioni di grandi dimensioni. Molto spesso bastano dei piccoli accessi addominali laparoscopici da 10 mm per rimuovere anche Fibromi di 10 cm. Quando non potesse essere possibile la Laparoscopia, si dovrà optare per l’approccio tradizionale che prevede un piccolo taglio addominale.


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