Autore: Dott.ssa Camilla GizziDott.ssa Simona PesceDott. Sergio Schettini

L’altra faccia della medaglia

Tuttavia non c’è forte evidenza, nei numerosi studi pubblicati, che i rischi correlati alle gravidanze gemellari da PMA siano maggiori rispetto a quelli delle gravidanze gemellari insorte fisiologicamente. Inoltre, è noto che la PMA determina una minore incidenza di gravidanze gemellari monocoriali, cioè quelle in cui i gemelli hanno la placenta in comune, condizione che comporta un maggior rischio di esiti avversi rispetto alle gravidanze gemellari in cui ciascun gemello si sviluppa attaccato ad una placenta propria. Si potrebbe quindi ipotizzare che i gemelli nati da PMA abbiano esiti migliori rispetto ai gemelli nati fisiologicamente.

Ridurre i rischi

Per abbattere i rischi correlati alla gravidanza gemellare, le coppie che ricorrono alla PMA possono chiedere il trasferimento in utero di un singolo embrione alla volta, procedura che rende però i costi complessivi più onerosi. A tal proposito, in Italia, secondo la relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullo stato di attuazione della legge contenente norme in materia di Procreazione Medicalmente Assistita, il numero di gravidanze gemellari da PMA si è ridotto dal 22,5% nel 2010 al 16,2% nel 2016.

Effetti sulla salute

Un aumentato rischio di problemi di tipo ostetrico, perinatale e neonatale associati a PMA è stato riscontrato soprattutto nelle gravidanza singole. In particolare, le tecniche di Riproduzione Assistita sembrano aumentino il rischio di emorragia “antepartum” (prima del parto), Ipertensione e Diabete gestazionale, necessità di ricorrere all’induzione del parto e al taglio cesareo, limitazione o eccessiva crescita in utero, parto prematuro, anomalie congenite (che possono interessare, ad esempio, il sistema nervoso centrale e gli apparati genitourinario, gastrointestinale e cardiocircolatorio) e di mortalità perinatale. Tali rischi aumentano complessivamente del 30-50%. Tuttavia, un recente studio finlandese, che ha incluso famiglie che avevano almeno un figlio nato da PMA ed uno concepito fisiologicamente, confrontando gli esiti tra fratelli, ha suggerito che questi sono attribuibili non tanto alle tecniche di PMA di per sé quanto alle caratteristiche della famiglia (subfertilità, età materna, ordine di nascita, stato socio-economico, stili di vita, ecc.).

Disordini genetici

Tra gli esiti neonatali della PMA sono annoverati anche i Disordini genetici. Un segnale “epigenetico” è un’informazione ereditaria o acquisita che non altera il materiale genetico contenuto in una cellula, ma la sua espressione. Semplificando, si può dire che il DNA che costituisce i cromosomi è avvolto su se stesso come una spirale e le maglie della spirale possono essere più o meno compatte. La compattezza delle maglie condiziona le informazioni che il DNA trasferisce alla cellula. Se le maglie si dispiegano, le informazioni cambiano, senza però che il DNA subisca alcuna modifica quantitativa. Alcuni fattori o processi, come la manipolazione dei gameti, alcuni farmaci, gli inquinanti ambientali o la dieta, possono influenzare le caratteristiche della spirale del DNA e modificare le informazioni da questa fornite, causando malattie come Cancro, Malattie autoimmuni, Diabete e alcune patologie mentali.
I Disordini genetici associati alla PMA includono la Sindrome di Beckwitt-Wiedemann, la Sindrome di Angelman e la Sindrome di Silver-Russel.

Sarà possibile allattare al seno?

Riguardo alla possibilità di allattare al seno, i dati della letteratura sembrano indicare che le mamme che si sottopongono alla Riproduzione Assistita producono meno latte a 4 e 7 giorni dal parto, a 3 mesi allattano meno esclusivamente al seno, a 4 mesi danno più frequentemente latte artificiale e cibi solidi e a 6 mesi smettono di allattare più facilmente. Queste osservazioni devono essere messe in relazione a fattori socio-culturali, piuttosto che all’influenza diretta della PMA sulla lattazione.

Non aumenta rischio di Autismo e Deficit cognitivi

Infine, i dati raccolti dai controlli periodici dei nati da PMA fino all’età adolescenziale/adulta hanno mostrato che tra questi, rispetto alla popolazione generale, non c’è aumento di Deficit cognitivi o neuro-comportamentali, di Iperattività e Disturbo dell’attenzione, nè di Autismo. Inoltre, tra gli 11 e i 18 anni i nati da PMA hanno un rapporto con i genitori che non si modifica sostanzialmente rispetto a quello dei figli concepiti naturalmente.


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