Alluce valgo, quando intervenire?

Autore: Dott. Luigi Milano

Come evolve

L’Alluce valgo è quasi sempre una malattia evolutiva, cioè tende a peggiorare nel tempo. È tuttavia molto difficile prevedere l’andamento di questo peggioramento in quanto i fattori che lo condizionano sono sicuramente molto numerosi.
In alcuni casi l’evoluzione è lenta e progressiva, in altri possono osservarsi fasi di relativa stabilità alternate a periodi di più rapido peggioramento. Nella donna normalmente si assiste ad un peggioramento più rapido dopo il periodo menopausale.
Va comunque sottolineato che non sempre il peggioramento clinico o radiografico va di pari passo con i sintomi accusati dal Paziente.

Cosa fare ai primi sintomi?

Ai primi sintomi, viene consigliato di utilizzare calzature comode e a pianta larga.
Inoltre, si può sicuramente rallentare l’evoluzione della deformità indossando plantari di compenso in caso di pronazione del piede; talvolta questi presidi dovrebbero essere utilizzati anche dopo un eventuale intervento chirurgico per ridurre i rischi di recidiva in piedi predisposti.
Non esistono, infine, sicure dimostrazioni sull’efficacia di correzioni non chirurgiche, come tutori notturni o altri presidi.

L’intervento chirurgico

È raccomandato quando il Paziente lamenta frequenti episodi di Borsite, dolore articolare, Metatarsalgie (dolore alla pianta in corrispondenza dei metatarsi), dolori alle dita esterne, a maggior ragione quando questa sintomatologia è presente anche con l’uso di calzature comode. Un’altra indicazione è un rapido peggioramento dell’Alluce valgo, per evitare di dover trattare successivamente deformità più gravi e difficilmente recuperabili.
Non è invece consigliabile l’intervento solo per motivazioni estetiche o in coloro che non lamentano alcun sintomo.
Le controindicazioni sono rappresentate ovviamente da cattive condizioni generali, dalla presenza di infezioni in atto (come ad esempio le unghie incarnite), da malattie vascolari arteriose o venose e da alcune patologie neuromuscolari.
Per la pianificazione dell’intervento sono necessarie delle radiografie del piede eseguite in carico.

In cosa consiste

Per ottenere una correzione stabile e duratura nel tempo è necessario correggere la posizione dei segmenti ossei e i parametri angolari con Osteotomie, cioè “fratture” artificiali che permettono di spostare l’osso nel modo voluto.
Nella maggior parte dei casi si utilizza una Osteotomia della parte distale del primo metatarsale che permettere di spingere all’interno e di abbassare la prominenza ossea.
Un altro punto estremamente importante è la fissazione del frammento nella posizione voluta utilizzando viti, fili metallici o altri dispositivi, questo per evitare possibili dislocazioni secondarie per effetto del carico. In casi particolarmente gravi, quando sia presente una grave Artrosi, l’articolazione dell’alluce non può essere conservata ed in questo caso si ricorre ad interventi di “bloccaggio” dell’articolazione (Artrodesi) o a interventi di rimodellamento articolare (Artroplastica). In genere l’intervento viene eseguito in anestesia periferica.
Dal giorno successivo all’intervento il carico è concesso, con calzatura post-operatoria ed uso di appoggi. Normalmente la consolidazione dell’Osteotomia avviene dopo 4-5 settimane. Dopo questo periodo si indossano calzature comode, eventualmente calze elasticizzate, per ovviare al frequente gonfiore che in genere si protrae per 3-4 mesi.

Possibili complicanze

La più temuta è la recidiva del Valgismo, cioè la perdita più o meno completa della correzione; risulta però essere piuttosto rara da quando si utilizzano tecniche che correggono la deformità a livello osseo e pertanto in maniera stabile.
Un problema piuttosto frequente è rappresentato dalla persistenza di gonfiore del piede nelle settimane successive all’intervento; si tratta di una situazione temporanea che in genere tende progressivamente a risolversi con la ripresa di una deambulazione regolare. Ovviamente la qualità del risultato dipende molto dalla situazione iniziale: risultati migliori si ottengono in casi di media gravità e in soggetti relativamente giovani, mentre i casi più gravi, in cui spesso sono già presenti alterazioni artrosiche, sono gravati da un maggior tasso di complicanze.


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