Autore: Dott. Riccardo Talevi

Le nuove frontiere della PMA

Tra le nuove tecnologie che sono entrate a far parte della strumentazione di laboratorio, un ruolo fondamentale è rappresentato dalla Microscopia Time-Lapse, una tecnica che consente di osservare in maniera non invasiva lo sviluppo di ogni singolo embrione in coltura al fine di valutarlo durante tutta la sua crescita e fino al momento del trasferimento  in utero. Con l’aiuto di appositi congegni elettronici, infatti, il microscopio è in grado di acquisire immagini ad intervalli regolari, permettendo di visualizzare le fasi dello sviluppo embrionale. Questo approccio microscopico abbina l’osservazione morfologia statica, effettuata nella routine di tutti i laboratori, allo studio dinamico della crescita dell’embrione in funzione del tempo. Questa metodologia di osservazione è un validissimo ausilio per l’individuazione degli embrioni con le maggiori possibilità di sviluppo in utero ma non riesce a determinarne l’assetto genetico.
Data l’importanza di determinare il corretto assetto cromosomico degli embrioni, le tecniche di determinazione genetica si sono affinate permettendo di identificare non solo le anomalie legate a malattie note e codificate ma anche quelle numeriche e strutturali, analizzando contemporaneamente tutti i cromosomi. Quando si ricerca una malattia specifica o una patologia connotata da un’anomalia nota, si ricorre alla diagnosi pre-impianto come la Preimplantation Genetic Diagnosis (PGD), quando invece si vuole studiare la possibilità che sussista un’anomalia cromosomica non definita a priori allora si parla di Preimplantation Genetic Screening (PGS). È evidente che questa metodologia è in grado di elevare consistentemente i risultati riducendo i tempi di attesa della gravidanza sperata, poiché si procederà all’impianto dei soli embrioni sani.
Tuttavia i limiti della metodica sono ancora rappresentati dal costo elevato e dalla necessità di ottenere un numero adeguato di embrioni sui quali effettuare la diagnosi. 

La normativa italiana

Fino al 2014, la Procreazione Medicalmente Assistita è stata regolata dalla legge la n. 40 del 19 febbraio 2004 “Norme in materia di Procreazione Medicalmente Assistita” che, con le correlate “Linee Guida contenenti le indicazioni delle procedure e delle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita”, definiva le pratiche mediche, chi poteva accedervi e stabiliva, inoltre, i requisiti strutturali, tecnico-scientifici e organizzativi minimi relativi all’applicazione delle differenti tecniche. La legge in questione, però, sin dalla sua promulgazione è stata al centro di numerosi dibattiti poiché pone una serie di limiti e di divieti alle terapie di PMA (ad esempio vietava la produzione in vitro di più di tre embrioni e l’accesso alle coppie fertili ma portatrici di Patologie genetiche).
Nel 2009 la Corte Costituzionale dichiara, infatti, una parziale illegittimità di alcuni commi della legge e, successivamente a sentenze di numerosi tribunali, nel 2014 ne sancisce l’illegittimità rispetto sia alla Costituzione sia alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nella parte in cui vieta il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi in casi di Infertilità assoluta.


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