Autore: Dott. Antonio Corti

 

Le tecniche utilizzate

Il mondo di Internet offre oggi la possibilità di documentarsi ampiamente sulle varie tecniche chirurgiche per fare una Rinoplastica estetica o estetico-funzionale, anche se a mio parere, molto spesso tali informazioni possono talora generare una certa confusione nei non addetti ai lavori. Accade quindi che il Paziente chieda se useremo la tecnica chiusa o la “open” (aperta), la “tecnica extramucosa o trans mucosa”, che tipo di tamponi metteremo a fine intervento e, se li useremo, se utilizzeremo punti di sutura piuttosto che la colla biologica. Tutte domande più che legittime a cui è doveroso che il Chirurgo risponda, ma è più importante che il Paziente sappia che ogni operatore adatta alle esigenze del caso le scelte che per lui producono il miglior risultato. Ad esempio, ci sono colleghi che prediligono la tecnica aperta in ogni intervento perché consente loro di avere una visione d’insieme che diversamente non avrebbero; altri, invece, non la prendono in considerazione perché ottengono ottimi risultati lavorando sullo scheletro osseo e cartilagineo esclusivamente dall’interno del naso. Infine c’è chi, come me, utilizza entrambe le vie d’accesso a seconda delle situazioni; ad esempio, io privilegio la “open” quando mi trovo a operare nasi già operati una o più volte, o che hanno subito traumi importanti, non avendo una precisa percezione di quale situazione anatomica potrò incontrare o, ancora, quando devo provvedere a ricostruzioni con innesti di cartilagine, di tessuto osseo o di materiale sintetico. Negli altri casi preferisco la tecnica chiusa, scegliendo, di volta in volta, a seconda delle esigenze, la soluzione meno invasiva possibile. È giusto comunque ricordare, che il raggiungimento del risultato definitivo non è solo in funzione della tecnica adottata, che comunque non può prescindere dalle esigenze di risolvere le problematiche del caso, ma anche delle caratteristiche dei tessuti, in particolare della cute che riveste la zona della punta del naso. Qui, infatti, la pelle è più ricca di ghiandole sebacee e, spesso, il loro eccesso o l’eccesso della loro secrezione, possono caratterizzare quella che definiamo “pelle grassa”, che risulta essere più spessa e che, oltre a ridurre i risultati delle correzioni apportate allo scheletro cartilagineo sottostante, ne prolunga i tempi del riassorbimento cicatriziale.
A proposito di pelle “grassa”, va detto che per ottenere buoni risultati, chiaramente sulla punta, più che togliere cartilagine, per assottigliarla o slanciarla, è indicato modificarne la forma in modo da aumentare la  spinta che lo scheletro esercita sulla cute sovrastante. Nel caso invece di pelle “sottile”, bisogna evitare spinte eccessive, che trasparirebbero, dando alla punta spigolosità esteticamente non gradevoli.