Autore: Dott.ssa Micaela FusiDott.ssa Elisa Cardinali

Acquisire consapevolezza del proprio stile alimentare e, se necessario, seguire una dieta personalizzata, fa bene non solo al corpo ma anche alla mente 

Quando parliamo di cibo non ci riferiamo soltanto al nutrimento necessario per vivere.
Il cibo, infatti, viene caricato di diversi altri significati: a quanti, per esempio, si “chiude” lo stomaco quando qualcosa non va? Quanti divorano tutto ciò che trovano in frigo se sono stressati? Spesso la quotidianità ci pone davanti ad emozioni che non riescono a trovare espressione e che ci lasciano dentro un senso di vuoto e/o pesantezza. Ecco, quindi, che il cibo diventa una valvola di sfogo, uno strumento per comunicare malessere o benessere e, infine, un potente mediatore del rapporto con sé stessi e con gli altri.

Riconoscere la fame emotiva

Spesso si sente parlare di fame emotiva, ma di cosa si tratta? La fame emotiva si può definire come il mangiare in risposta a stimoli tendenzialmente negativi come, ad esempio, una situazione di malessere, una frustrazione intollerabile oppure un vuoto incolmabile. Si pensa che il cibo possa bastare a dare sollievo e magari inizialmente funziona, ma per poco. Si ricomincia, infatti, a mangiare in modo incontrollato e sempre di più, qualunque cosa, non importa cosa, non importa che gusto abbia, l’importante è che temporaneamente anestetizzi il dolore, la rabbia, l’ansia e l’angoscia difficili da gestire e contenere. Il cibo, al contrario, ci permette di vivere bene e in salute solo se viene scelto consapevolmente e consumato con equilibrio: quanto è importante dedicare tempo e spazio opportuni ai pasti e quanto, in realtà, sappiamo essere tanto difficile e faticoso! Per questo motivo è utile conoscere le diverse caratteristiche nutrizionali di ciò che mangiamo, l’effetto sul nostro corpo e sulle nostre emozioni.

Il processo fame-sazietà

È importante, ad esempio, privilegiare tutti quegli alimenti che mantengono alti livelli di leptina, l’ormone della sazietà rilasciato dalle cellule adipose, consumando cibi sazianti come zuppe, legumi, uova e verdure a foglia verde. Allo stesso modo, occorre limitare i cibi che possono provocare infiammazione, ad esempio, i carboidrati raffinati, le bevande alcoliche e nervine, i dolcificanti artificiali e i fritti, che sono la causa di un aumento della glicemia e di una conseguente iperproduzione di insulina che comporta anche un sovraccarico delle ghiandole surrenali e il rilascio di quantità eccessiva di cortisolo. Per favorire l’equilibrio glicemico, quindi, è fondamentale bilanciare bene i macronutrienti, in particolare abbinando in ogni pasto della giornata, colazione e spuntini compresi, carboidrati, proteine e grassi privilegiando, se possibile, il piatto unico; la colazione, ad esempio, potrebbe essere fatta con pane tostato, ricotta e miele anziché con i classici biscotti, torte e merendine. Gli spuntini, invece, con una macedonia arricchita con frutta secca o con qualche cucchiaio di yogurt. I pasti principali, infine, con cerali integrali, verdure e legumi anziché il classico piatto di pasta.

I cibi del buonumore

Una volta che abbiamo imparato a controllare i nostri ormoni, possiamo anche arricchire l’alimentazione con tutti quegli alimenti che stimolano il rilascio dei neurotrasmettitori del benessere come, ad esempio, quelli molto ricchi in triptofano, il precursore della serotonina che ritroviamo nei semi (lino, zucca, chia), nella frutta secca (mandorle, pinoli, pistacchi e arachidi), nei fagioli, nei lupini e nel cacao, noto a tutti come vero e proprio antidepressivo naturale. Per essere ben assorbito a livello cerebrale, il triptofano ha bisogno dell’aiuto dei carboidrati che, se carenti, come accade nelle persone che seguono per molto tempo diete iperproteiche, possono provocare cattivo umore indotto, appunto, dall’insufficiente assorbimento di triptofano nel cervello. Ecco, quindi, che l’associazione, nello stesso pasto, di carboidrati e proteine contenenti triptofano permette anche di ridurre i picchi glicemici e gli sbalzi di insulina che si verificherebbero assumendo solo carboidrati. Se allora abbiniamo ad una banana, oppure ad una manciata di datteri, qualche mandorla, la glicemia rimarrà stabile più a lungo, con conseguente aumento del senso di sazietà. Per contrastare ansia e stress, invece, la nostra alimentazione andrebbe arricchita in vitamine del gruppo B (in particolare vitamine B5 e B6, quest’ultima coinvolta proprio nel catalizzare la conversione del triptofano in serotonina), vitamina D, omega 3, magnesio, cromo e zinco.


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