Dieta Mediterranea, attenzione agli alimenti ultra-processati

Autore: Dott.ssa Marialaura Bonaccio

Recenti studi evidenziano che l’elevato consumo di alimenti ultra-processati potrebbe avere ripercussioni negative sullo stato di salute 

Mantenere o acquisire uno stile di vita sano è tra le priorità dell’agenda di salute pubblica in tutto il mondo. Stili di vita sani si sono rivelati infatti particolarmente efficaci per la prevenzione delle principali Malattie croniche, come quelle cardiovascolari e i Tumori; è stato infatti stimato che diete inadeguate da un punto di vista nutrizionale siano responsabili di più decessi di qualsiasi altro fattore di rischio a livello globale e rappresentino la principale causa di obesità e Malattie non trasmissibili, comprese quelle cardiovascolari. Alla luce di ciò, gran parte degli sforzi della ricerca epidemiologica internazionale è stata diretta a districare l’associazione tra alimentazione e rischio di malattia a lungo termine. La Dieta Mediterranea tradizionale è senza dubbio uno dei modelli alimentari più studiati al mondo e i suoi effetti cardioprotettivi sono stati ben documentati sia in studi osservazionali che di intervento. La Dieta Mediterranea si contraddistingue per il consumo prevalente di alimenti vegetali, il consumo moderato di pesce, pollame e latticini, il consumo ridotto di carne rossa e l’assunzione moderata di alcol (principalmente vino) durante i pasti e l’uso di olio di oliva come principale fonte di grasso aggiunto.

Lo Studio Moli-sani

Con i suoi 25mila partecipanti arruolati, lo Studio Moli-sani è uno dei più grandi campioni di popolazione d’Europa e nell’ultimo decennio ha contribuito ad acquisire nuove conoscenze sugli effetti benefici della Dieta Mediterranea, non solo per la popolazione generale, ma anche per i soggetti anziani o a rischio, come persone con Diabete di tipo 2, o con Malattie cardiovascolari preesistenti. Le analisi condotte nel campione dello Studio Molisani fanno luce anche sui potenziali meccanismi biologici che collegano la Dieta Mediterranea a numerosi effetti sulla salute, con un focus specifico sul ruolo dell’infiammazione silente che è un fattore di rischio principale per la Malattia cardiovascolare ed è favorevolmente modulata dalla Dieta Mediterranea. Tuttavia, il modo in cui l’epidemiologia nutrizionale ha finora considerato la Dieta Mediterranea si è basato quasi esclusivamente sulla valutazione della sua composizione nutrizionale, ovvero sul fatto che questo modello alimentare è caratterizzato da alimenti che sono fonti naturali di fibre, vitamine, antiossidanti e grassi prevalentemente insaturi. Eppure la Dieta Mediterranea è molto più di una semplice lista della spesa. Come riconosciuto dalla UNESCO, che nel 2010 ha inserito la Dieta Mediterranea nel Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, essa riflette un insieme di abilità, conoscenze, rituali, simboli e tradizioni riguardanti coltura, raccolta, pesca, zootecnia, conservazione, trasformazione, cottura e, in particolare, la condivisione e il consumo degli alimenti. Tutti questi aspetti sono stati quasi completamente trascurati dalla stragrande maggioranza degli studi epidemiologici, almeno fino a qualche anno fa. Nel valutare l’aderenza alla Dieta Mediterranea a livello di popolazione, si tende ancora a soffermarsi su informazioni relative alla quantità di cibo consumato in una certa popolazione, attraverso la somministrazione di questionari validati; sappiamo esattamente quante pere, mele, broccoli e sgombri vengono mangiati, ma molto raramente abbiniamo questi dati a una serie di fattori legati alle abitudini alimentari, come ad esempio il modo in cui tali alimenti vengono cucinati (ad esempio fritti, in umido) o abbinati ad altri (ad esempio pasta con legumi o verdure, vino ai pasti piuttosto che bevute del sabato sera) o se consumati convivialmente. Allo stesso modo, abbiamo quasi completamente tralasciato le informazioni sul tipo di coltivazione (biologica o convenzionale), né siamo a conoscenza della biodiversità degli alimenti o se il consumo degli alimenti avviene rispettando la stagionalità.Il ruolo della lavorazione industriale

Soprattutto, si sa poco sul fatto che ciò che classifichiamo come “cibo mediterraneo” (ad esempio verdure, frutta, legumi, pane) sia il risultato di una più o meno intensa lavorazione industriale. Non va dimenticato infatti che la Dieta Mediterranea tradizionale è una dieta in gran parte non elaborata o minimamente trasformata ed è composta principalmente da alimenti non trasformati che includono parti alimentari commestibili naturali di piante e animali. Minimamente trasformati sono quegli alimenti che sono stati leggermente alterati con lo scopo principale della conservazione ma che non modificano sostanzialmente il contenuto nutrizionale degli stessi. Alcuni esempi includono la pulizia e la rimozione di parti non commestibili o indesiderate, la macinazione, la refrigerazione, la pastorizzazione, la fermentazione, il congelamento e il confezionamento sottovuoto. La questione della trasformazione degli alimenti è emersa nell’ultimo decennio, ed è stata proposta come un nuovo modo di guardare al rapporto dieta-salute che, fino ad allora, era stato spiegato quasi esclusivamente dalla composizione degli alimenti (cioè calorie, macro e micronutrienti contenuti), spingendo quindi gli esperti a fornire raccomandazioni volte a ridurre il consumo di zuccheri, sale e grassi nella dieta, con poca o addirittura nessuna attenzione al grado di trasformazione degli alimenti. L’approccio esclusivamente focalizzato sui nutrienti, utilizzato anche dalla maggior parte degli studi epidemiologici che valutano l’aderenza alla Dieta Mediterranea solo sulla base del suo contenuto nutrizionale (ad esempio consumo di frutta, verdura, ecc.), ha alcuni importanti limiti, poiché altri aspetti della relazione tra dieta e salute sono riconosciuti sempre più importanti almeno quanto lo sono i nutrienti nel plasmare il rischio per la salute a livello di popolazione.


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