Fibrillazione atriale e Ictus
L’Ictus conseguente ad embolia cerebrale è prevalentemente causato dalla Fibrillazione Atriale, anomalia del ritmo cardiaco che colpisce 1 ultraottantenne su quattro (oppure il 6-7% della popolazione sopra i 65 anni). Questo tipo di Ictus può essere prevenuto con la diagnosi precoce di questa aritmia che va trattata con farmaci anticoagulanti. Con questa terapia preventiva, si possono evitare ben 3 Ictus su 4, pari a 30.000 casi di Ictus all’ anno.
Quali fattori di rischio?
Ai fini della prevenzione risulta fondamentale conoscere adeguatamente i fattori di rischio che da soli o, ancora di più, in combinazione tra di loro, aumentano la possibilità di incorrere in un Ictus: Ipertensione arteriosa, Obesità, Diabete, fumo di sigaretta ed alcune anomalie cardiache e vascolari.
Le nuove terapie della fase acuta (Trombolisi e Trombectomia meccanica), se praticate in tempi rapidissimi (massimo alcune ore dopo la comparsa dei primi sintomi), possono eliminare del tutto o migliorare spesso in modo sorprendente questi esiti, ma la loro applicazione rimane a tutt’oggi molto limitata per una serie di motivi, tra i quali il ritardo con cui il Paziente arriva in Ospedale, il ritardo intra-ospedaliero e la mancanza di reti ospedaliere appropriatamente organizzate. Per la sua elevata incidenza, e nonostante le importanti possibilità sia preventive che terapeutiche, l’Ictus cerebrale continua a rappresentare un problema assistenziale, riabilitativo e sociale di enormi dimensioni.
La riabilitazione nel post-Ictus
L’Ictus cerebrale continua purtroppo ad essere in tutto il mondo una delle malattie più importanti; in Italia, è stato calcolato che dei quasi 200.000 casi che si presentano ogni anno, almeno 50.000 escono dalla fase acuta dell’Ictus con problemi gravi, che riguardano la funzione motoria, il linguaggio o la sfera cognitiva.
La riabilitazione post-Ictus continua quindi a rappresentare un approccio terapeutico indispensabile per migliorare gli esiti nel Paziente colpito da Ictus e restituirgli la maggiore autonomia possibile, anche per evitare complicanze secondarie dovute alla immobilità.
L’efficacia della riabilitazione in seguito ad Ictus è sostenuta anche da importanti basi biologiche. La riabilitazione è, infatti, in grado di stimolare la cosiddetta plasticità neuronale, ovvero la capacità delle aree cerebrali non colpite dall’Ictus di compensare le zone danneggiate, favorendo il recupero delle funzioni perse. In queste attività intervengono molte vie molecolari che oggi vengono identificate, tra le quali il Brain Derived Neurotrophic Factor, che sta emergendo come il fattore centrale della neuroplasticità durante la riabilitazione post-Ictus. Inoltre, alcune moderne tecniche di Risonanza Magnetica, come il DTI - Diffusion Tensor Imaging, rappresentano uno strumento utile alla predizione del recupero motorio a seguito della riabilitazione post-Ictus.
Al di là delle innovative strumentazioni esistono delle fasi fondamentali per il recupero, quali l’inizio molto precoce, già a partire dai primi giorni dopo l’Ictus, di attività riabilitative condotte da personale qualificato, la loro prosecuzione continuativa, le tecniche ed il grado di intensità ritagliati sul singolo caso, il coinvolgimento della famiglia e del caregiver nel praticare attivamente gli esercizi fisici e nella gestione del Paziente nella vita di tutti i giorni.
Quello che manca in Italia è un protocollo uniforme da seguire proprio perché la riabilitazione dovrebbe iniziare dalla fase di ricovero per poi proseguire in modo continuativo, senza interruzioni e senza rigide limitazioni temporali in Strutture idonee e nei distretti sanitari territoriali.