Ridurre il rischio
Per prevenire l’insorgere di problematiche di salute durante la gravidanza è importante la prevenzione. È bene evitare tutti gli stili di vita e le abitudini potenzialmente dannose per la madre e per il feto, in particolare, come già accennato, fumo, alcool e sostanze stupefacenti. Inoltre, in caso di patologia preesistente, non interrompere le terapie in corso autonomamente ma rivolgersi sempre al proprio Medico di fiducia.
Percorsi personalizzati
Per non correre rischi bisogna affrontare fin da subito il percorso della gravidanza insieme alle figure professionali competenti che potranno anticipare gli eventuali problemi, valutando il grado di rischio della singola donna (personalizzazione), affrontandone anticipatamente le possibili conseguenze. Gli Specialisti si occuperanno inoltre di valutare e monitorare la salute materna e fetale a intervalli regolari, rivalutando, ad ogni visita, il rischio e il piano assistenziale, e di prescrivere gli accertamenti necessari e adeguati alla singola gravidanza. I professionisti coinvolti potranno poi decidere di approfondire eventuali risultati patologici o dubbi circa gli accertamenti effettuati, intervenendo rapidamente per correggere i problemi che possono essere risolti.
Nei casi più complessi
In situazione ad alto rischio per la madre e/o per il feto, i professionisti che seguono la gravidanza possono ritenere necessario programmare un monitoraggio più frequente del benessere materno e fetale e consultare Specialisti Ostetrici, Neonatologici o di altre discipline come Cardiologi, Neurologi, Internisti, Chirurghi. L’obiettivo è quindi quello di programmare il parto nelle condizioni di massima sicurezza possibile, anche trasferendo la futura madre, qualora la situazione sia particolarmente difficile, presso un centro di II livello per poter gestire al meglio le condizioni materne complesse e/o far nascere il bambino nel luogo più appropriato come, ad esempio, in strutture dotate di una Terapia Intensiva Neonatale. Infatti il trasferimento prima del parto di una donna in condizioni stabili (cosiddetto “trasporto in utero” del feto) è generalmente molto meno rischioso, per il neonato prematuro o con patologia, rispetto al trasferimento del bambino dopo la nascita.
Inquinamento ambientale e salute materno-fetale
La madre e il feto sono un’unità indissolubile, il cui “punto di collegamento” è la placenta; quest’ultima è un organo straordinario, capace di nutrire ed ossigenare il feto, ma è anche un filtro, che però solo in parte è in grado di bloccare sostanze assunte dalla madre, alcune anche nocive, pericolose per la salute della mamma e del feto. Normalmente siamo abituati a pensare a sostanze nocive assunte volontariamente dalla madre (alcool, fumo, droghe): in questi casi la prevenzione passa soprattutto attraverso comportamenti individuali virtuosi. In realtà il discorso è molto più ampio. Ogni essere umano è immerso nell’ambiente e ne fa parte. Negli ultimi decenni si sono moltiplicati gli articoli scientifici che dimostrano gli effetti deleteri dell’inquinamento ambientale sull’organismo umano, dimostrando la presenza delle sostanze inquinanti direttamente nei nostri organi, nelle nostre cellule. La donna in gravidanza non fa eccezione, per cui ogni sostanza presente nell’ambiente (nell’aria, nel suolo, negli oggetti di uso comune) può entrare in contatto con l’organismo materno. La domanda di base è quanto la placenta riesca a fare da filtro agli inquinanti e se tali sostanze possano raggiungere il feto. Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico, è stata dimostrata, per alcune donne residenti in zone ad alta concentrazione di smog, la presenza nella placenta e negli organi fetali, sia di nanoparticelle di carbonio (derivate da petrolio, carbone e gas naturale), sia di polveri sottili. Non sono ancora completamente conosciute le conseguenze sulla salute neonatale ed infantile: ciò che è stato documentato è una maggior incidenza di deficit di crescita in utero e quindi di neonati di basso peso. Una delle forme di inquinamento ambientale che preoccupa di più è quello da plastica. Alcune sostanze chimiche che vengono liberate dai prodotti in plastica possono interferire con la funzionalità degli ormoni, per cui l’industria le sta progressivamente sostituendo con altri composti. Purtroppo alcuni studi, fra cui uno italiano, hanno dimostrato anche la presenza di microplastiche (polipropilene ed altre) sia nella placenta sia nelle cellule del feto. Si tratta di tipologie di plastica praticamente ubiquitarie e di uso comunissimo. Di fronte a queste problematiche, cosa si può fare concretamente in gravidanza? Anche se non sono risolutivi sul piano globale, sono possibili alcuni comportamenti virtuosi individuali, che mirano ad abbassare la quantità di sostanze che raggiungono l’organismo della mamma e del feto, in particolare: cercare di frequentare il più possibile aree verdi e poco inquinate ed evitare di utilizzare bottiglie di plastica, contenitori alimentari di plastica e pellicole, preferendo i prodotti sfusi.