Vista, recuperarla con un microchip

Autore: Prof. Francesco Maria BandelloAntonella Ciana

Una novità importante nel campo dell’Oculistica sarà in grado già da ora di permettere almeno parzialmente il recupero della vista perduta

Una novità importante nel campo dell’Oculistica sarà in grado, già da ora e sempre di più nelle sue future evoluzioni, di permettere almeno parzialmente il recupero della vista perduta in età adulta a causa di patologie retiniche ; si tratta di un dispositivo tecnologico prodotto dalla compagnia tedesca Retina Implant AG e si chiama Alpha AMS. Questo straordinario microchip, in assoluto all’avanguardia rispetto ad altri dispositivi analoghi e verrà impiantato, primo in Italia e tra i primi nel mondo, dall’Unità di Oculistica e Oftalmologia dell’IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) dell’Ospedale San Raffaele di Milano, diretto dal Prof. Francesco Maria Bandello, che in questa intervista ci spiega non soltanto gli aspetti tecnologici di Alpha AMS, ma anche i possibili risvolti a carattere psicologico da tenere presenti quando si affronta un’operazione così delicata.

Professore, com’è nato questo dispositivo elettronico così avveniristico?

Nel mondo esistono già tanti “devices” (dispositivi elettronici) che vengono utilizzati per ridare un minimo di funzione visiva alle persone che purtroppo, per varie malattie, non ce l’hanno più. Di tutti i dispositivi esistenti, due sono quelli che sono più avanti dal punto di vista dell’applicazione clinica: uno viene prodotto negli Stati Uniti e, in pratica, è un “device” che, rispetto a quello tedesco, è molto più facile da applicare: viene infatti applicato sulla retina e, in sostanza, è un microchip con dei fotodiodi che vengono attivati dalla stimolazione luminosa che proviene dall’esterno; i fotodiodi funzionano come dei sensori ottici e vengono, come detto, posizionati sulla retina, per cui si esegue un intervento relativamente (ma “relativamente” va sottolineato tre volte!) facile. Questo “device”, che comporta un intervento di durata abbastanza breve proprio perché è più semplice, ha però bisogno che si utilizzino degli occhiali che fungano, praticamente, da telecamera: si tratta di occhiali molto grandi, senza i quali non si riesce a vedere quando si usa questo dispositivo. Inoltre la prestazione dal punto di vista visivo è meno buona rispetto all’altro, tuttavia diciamo che il vantaggio fondamentale è che si riesce a ottenere una visione rudimentale con un intervento più semplice. Il secondo “device”, il tedesco Alpha AMS, è invece caratterizzato dal fatto che lo si deve impiantare al di sotto della retina, il che rende il tutto enormemente più complicato dal punto di vista tecnico, perché occorre scollare la retina e andare a posizionare il dispositivo nella parte più centrale della stessa, sempre continuando a scollarla. In pratica si vanno a sostituire i fotorecettori della retina con i fotodiodi (1500 sensori in soli 3 mm) che trasformano la luce in stimoli elettrici. L’intervento dura sette-otto ore ed è molto difficile, però ha due vantaggi: il primo è quello di dare una qualità di visione migliore, il secondo è quello di non richiedere l’impiego degli occhialoni per poter vedere.

Di che tipo di visione si tratta?

In entrambi i casi si tratta di una visione primordiale: significa che si riescono a vedere la luce e il buio e le forme, però non molto di più. Per uno che è cieco è tantissimo, ovviamente. Alpha AMS è oggi il sistema di visione artificiale più evoluto al mondo e permette una visione indipendentemente, come detto, da supporti esterni, perché è in grado di stimolare il circuito nervoso che collega il cervello all’occhio, e ciò vuol dire anche che il Paziente dovrà imparare nuovamente a vedere.


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