Conservare i cibi: dalla natura alla tavola

Autore: Dott. Claudio Caprara

La disponibilità e il frenetico consumo degli alimenti non devono farci trascurare le regole basilari della loro conservazione

Una sana e appropriata alimentazione costituisce uno degli aspetti più rilevanti per il mantenimento dello stato di salute; ciò consegue direttamente dalle nostre scelte e dai comportamenti che adottiamo.Non dobbiamo però dimenticare che, se non vengono seguite alcune importanti regole di corretta preparazione e conservazione, gli alimenti possono diventare veicolo di sostanze tossiche, potenzialmente dannose per il nostro organismo.
In assoluto uno dei principi qualitativi primari di un alimento è la sua freschezza, sinonimo di integrità originaria, di completezza e assenza di alterazione, caratteristiche spesso difficili da ottenere nel sistema dell’attuale società in cui l’alimento non è coltivato nell’orto o frutteto vicino casa ma proviene spesso da luoghi lontani e, purtroppo, difficilmente a Km 0. Oggi l’organizzazione di vita ci costringe spesso ad essere essenzialmente consumatori di prodotti alimentari dotati già di un diverso grado di elaborazione: alimenti freschi già lavati, confetture, prodotti precucinati, prodotti surgelati, ma non sempre è stato così.

Dalle conserve al fast food

Basterebbe un piccolo ritorno al recente passato per ricordare aspetti della vita domestica che investivano sia la tecnologia di preparazione dei cibi che la loro conservazione: poco si sprecava e tutto si consumava, e la sicurezza degli alimenti era perseguita anche attraverso specifiche tecniche per la conservazione a breve, medio e lungo termine, spesso nel ristretto ambito familiare.
Molte tipologie alimentari passavano attraverso uno schema che univa il sapere, spesso tramandato, al saper fare, con la piacevole aggiunta del mettersi in compagnia trasformando il ciclico evento stagionale, la conserva, il vino, il maiale, in situazioni di gioiosa condivisione. La necessità diventava virtù e l’apprezzamento di un valore diventava piacere. Oggi non è più così nella maggior parte dei casi: i prodotti semplici o già trasformati sono acquistati nella grande distribuzione (supermercati) e generalmente sono consumati in tempi brevi e subito “rimpiazzati” ed i residui spesso gettati come rifiuti. Bisognerebbe ricordarsi come prima di tutto il conservare abbia un significato etico connesso all’uso appropriato ed al valore stesso del prodotto.
Il processo di commercializzazione porta sempre più a utilizzare prodotti pronti all’uso o comunque già parzialmente predisposti al consumo, da consumare rapidamente. Il concetto di fast food sta a significare un prodotto preparato settimane prima e in luoghi distanti da noi, poi debitamente conservato fino al consumo.

Quantità e qualità

La catena alimentare di fatto ne produce cento, ne trasporta settanta, ne trasforma cinquanta, conserva il tutto per distribuirlo al commercio che ne vende una parte buttando il resto invenduto e scaduto, mentre noi ne acquistiamo una parte, che non sempre consumiamo completamente, buttando nei rifiuti, ancora, l’inutilizzato. La gran parte dell’aspetto conservativo è oggi stato trasferito dalle nostre abitazioni al mondo dell’industria di trasformazione, trasporto e commercializzazione. E tuttavia rimangono ancora aspetti che dovrebbero essere attentamente valutati. Se l’aspetto di disponibilità e costo unitario dell’alimento in forza dei ritmi produttivi industriali (che paghiamo con altra diversa moneta ma pur sempre in termini di salute: meno qualità, più residui e additivi, inquinamento ambientale, ecc.) si è ottimizzato sino alla banalizzazione, tuttavia il nostro primo diretto intervento dovrebbe considerare proprio l’aspetto qualitativo e quantitativo. Un’alimentazione corretta e qualitativamente valida deve fare i conti con la quantità che attualmente negli standard dei paesi più ricchi risulta sempre eccessiva, alimentando gli sprechi e diventando la prima fonte di malattie da eccesso metabolico. Conservare il giusto e l’essenziale per consumare il necessario ed evitare gli sprechi appare la prima regola.
Se consideriamo un prodotto basilare, le uova, oggi sempre relativamente fresche e disponibili, non occorre certo ripensare con nostalgia a quelle conservate in calce spenta al buio della cantina di un tempo, ma occorre pur sempre conservarle nel loro contenitore in ambiente refrigerato, facendo attenzione alla data di scadenza.
Un tempo si faceva la conserva di pomodoro da consumare nell’inverno, oggi questo è un concetto praticamente superato dalla disponibilità di concentrati industrialmente prodotti con elevati standard di igiene e conservazione ma che, una volta aperti e solo parzialmente consumati, si espongono a problemi di deperibilità per fermentazione e/o sviluppo di muffe.


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