Lo svezzamento è quel processo graduale attraverso il quale l’alimentazione esclusivamente lattea del neonato diventa sempre più varia e si arricchisce di cibi semisolidi e solidi. Questo termine, pur così familiare, porta con sé in qualche modo una connotazione un po’ negativa, intendendo il seno come una sorta di “vizio”: svezzare significa infatti letteralmente “togliere il vezzo”, cioè il vizio della poppata. Ecco perché oggi si preferisce utilizzare la più corretta definizione di “alimentazione complementare”, per indicare come i nuovi alimenti debbano arricchire e completare la dieta, affiancandosi, e non sostituendosi, al latte.
Quando iniziare?
L’allattamento al seno, quale forma esclusiva di nutrimento, è raccomandato fino ai 6 mesi di vita; oltre tale epoca è importante che l’alimentazione del bambino venga integrata con altri cibi, poiché il latte può non essere più sufficiente per una crescita adeguata, soprattutto in termini di contenuto di ferro.
Sulla scelta dell’epoca in cui cominciare lo svezzamento, la scienza lascia un certo margine di scelta: non va mai iniziato prima della 17ª settimana di vita e non va posticipato oltre la 26ª. In altre parole, se un bambino non aumenta sufficientemente di peso, oppure se rifiuta il latte o non è sereno, può essere utile proporre la pappa già a quattro mesi compiuti; invece se il piccolo cresce bene ed è tranquillo, è giusto rimandare al termine del sesto mese di vita. Non tutti i bambini sono uguali!
Il mio bambino sarà pronto?
Ci sono alcuni segnali che ci dicono se il nostro piccolo è pronto per la pappa. Se dimostra curiosità verso i cibi dei grandi, se allunga le manine verso il piatto dei genitori ed è attratto da quello che essi mangiano, se accetta il cucchiaino senza difficoltà, se è in grado di afferrare da solo gli oggetti e di portarli alla bocca, allora forse possiamo iniziare con i primi assaggi. Allo stesso modo se mostra poco entusiasmo nei confronti del latte o se sembra insoddisfatto dopo la poppata, probabilmente ci sta lanciando un messaggio.
Se invece il bambino è contento dei suoi pasti di latte e cresce regolarmente, se di fronte al cucchiaino non apre la bocca, ma tenta di succhiare, se non mostra interesse verso il cibo e non sta seduto bene, è giusto aspettare.
Un approccio rilassato
Se a sei mesi compiuti il bambino rifiuta la pappa, non è il caso di farne una tragedia. Anzi, un approccio rilassato spesso dà migliori risultati: possiamo continuare ad allattare il piccolo come prima, offrendogli nel contempo qualche assaggio per stimolare la sua curiosità. L’imposizione in questo caso non è affatto utile: dobbiamo infatti aiutare il bambino a sviluppare un buon rapporto col cibo, perché questo gli servirà per tutta la vita. Vanno evitati i meccanismi tipo “se mangi, ti premio” o “se mangi, la mamma è felice”, perché a lungo termine creano più danni che benefici. La parola d’ordine è “pazienza” e il rispetto dei tempi di ogni singolo bambino è fondamentale.
Tabella sì, tabella no
Nel passato la preparazione della pappa era prescritta dai Pediatri quasi come una “ricetta medicinale”: gli alimenti venivano introdotti con una precisa sequenza e con maniacale gradualità. Oggi questa grande cautela è considerata eccessiva e le indicazioni sono meno rigide, a patto che vengano rispettati alcuni precisi divieti e che l’alimentazione del bambino sia varia e ben bilanciata. I diversi alimenti possono essere così introdotti secondo le abitudini della famiglia, la stagione e i gusti del bambino.
Viceversa, se la mamma si sente più sicura ad affidarsi a uno schema di svezzamento classico, può tranquillamente optare per questa soluzione senza temere di commettere un errore o di essere considerata fuori moda. Libertà anche nella scelta tra pappe fatte in casa o omogeneizzati pronti all’uso. Entrambe le soluzioni sono adeguate e ogni mamma può scegliere quello che le sembra più opportuno, secondo le proprie convinzioni e la propria disponibilità economica e di tempo.
Se si opta per la carne di macellaio e il pesce di pescheria, bisogna ovviamente accertarsi che si tratti di prodotti sicuri sia per provenienza che per modalità igieniche di conservazione. La carne deve essere magra e la dose è di circa 20-30 grammi. Per il pesce via libera a nasello, platessa, orata, trota e pesce azzurro, ovviamente privi di lische. La dose è di circa 40-50 grammi.