Attività fisica, amica del cuore

Autore: Dott. Vincenzo Pedone

Esercizio fisico per i malati di cuore

Nell’ambito della prevenzione secondaria, cioè in Pazienti affetti da Cardiopatia nota, la prescrizione dell’esercizio fisico deve essere fatta dal Cardiologo, dopo un’accurata valutazione clinica preliminare e dei possibili rischi. Nelle persone a basso rischio (la maggioranza dei coronaropatici), la prescrizione dell’esercizio può essere fatta con gli stessi criteri utilizzati per i soggetti apparentemente sani.
Adeguati programmi di training fisico, svolti da Pazienti cardiopatici con diverso profilo di rischio, sono risultati efficaci nell’incrementare la tolleranza allo sforzo e nel controllare i sintomi. Inoltre, un recentissimo studio, comprensivo di 10.000 Pazienti coronarici, ha anche dimostrato che l’esercizio fisico controllato, protratto per un periodo medio di due anni, è in grado di ridurre l’incidenza di mortalità cardiovascolare fino al 35%.

Quali benefici?

I meccanismi biologici beneficamente coinvolti in una regolare attività fisica aerobica sono molteplici: di essi, il principale è un migliore utilizzo dell’ossigeno da parte del tessuto muscolare, che ricava più energia per il lavoro; può esserci anche una moderata espansione della capacità funzionale, ma anche, in base a studi sperimentali, un aumento di calibro delle arterie coronarie e la nuova formazione di capillari e arteriole nel miocardio.
Si è infine già accennato alle positive modificazioni a livello della coagulazione del sangue (con effetto antitrombotico), a livello del sistema nervoso autonomo (con effetto antiaritmico) e a livello metabolico.

Esercizio aerobico, vera e propria medicina

Occorre precisare bene sia le caratteristiche dell’esercizio fisico (solo un certo tipo ha un effetto “simil-farmacologico”), sia le modalità quali-quantitative (posologia) della sua erogazione (carico/frequenza allenante), per conseguire l’effetto training:

  • il tipo di esercizio in grado di produrre il beneficio sull’efficienza cardiovascolare è quello aerobico (che avviene senza debito d’ossigeno e senza produzione di acido lattico), che consiste in movimenti di natura ritmica coinvolgenti grossi gruppi muscolari;
  • l’intensità può essere media (60-75% della frequenza cardiaca massima al test ergometrico) o alta (75-85%);
  • la frequenza di somministrazione va da 3 a 6 volte la settimana, per 30-60 minuti, protraendo il programma per una durata di almeno 8 settimane.

L’attività fisica può essere eseguita come esercizi a corpo libero, sedute in cyclette, passeggiate esterne, meglio alternando le diverse modalità.
Questo tipo di attività fisica può essere svolto da Pazienti reduci da Sindrome coronarica acuta, i cardio-operati e i soggetti affetti da Scompenso cardiaco.
Per i soggetti a rischio elevato e anche quando è elevato il rischio trombotico è preferibile la riabilitazione in strutture dedicate. Per tutti gli altri è generalmente preferibile il regime ambulatoriale.

Riabilitazione e prevenzione cardiologica

I campi di applicazione della riabilitazione cardiologica sono la Cardiopatia ischemica, gli esiti di interventi cardiochirurgici e lo Scompenso cardiaco.
Tutti i provvedimenti che compongono la prevenzione cardiologica secondaria devono essere associati al programma cardio-riabilitativo: stili di vita salutari, abolizione del fumo di sigaretta, contenimento dell’alcool, dieta personalizzata, mantenimento dei target terapeutici, e così via.
Nello Scompenso cardiaco l’esercizio fisico ha un duplice effetto adattativo: quello periferico (prevalente), che consiste in una migliore utilizzazione dell’ossigeno a livello muscolare, e quello centrale che comporta un minore intervento dei fattori emodinamici (cioè degli elementi che caratterizzano la circolazione del sangue).
Sono altrettanto dimostrati benefici, oltre che sulla capacità funzionale, sul tono muscolare, sulla coagulazione ematica e a livello del sistema nervoso autonomo, anche sul tono dell’umore e, in definitiva, sulla qualità di vita.

Riabilitazione non cardiologica

Un settore apparentemente collaterale, ma in realtà molto vasto e critico, in cui si applicano le innovazioni culturali e operative illustrate è quello della riabilitazione non cardiologica del Paziente cardiopatico: sia la riabilitazione neurologica che quella ortopedica possono attualmente essere praticate con efficacia e in sicurezza, non essendo più considerata controindicazione o fattore di esclusione una Cardiopatia coronarica (purché non acuta) e neppure lo Scompenso cardiaco (purché non instabilizzato).
La riabilitazione neurologica (dopo Ictus cerebrale o post intervento neurochirurgico) e ortopedica (dopo frattura femorale o impianto di protesi articolare), anche nel Paziente con Scompenso cardiaco, può essere perseguita, controllando la stabilità del peso corporeo, l’aderenza alla terapia, l’assenza di ritenzione idrica, di aritmie significative e di Angina pectoris (dolore al petto che si verifica quando il cuore non riceve abbastanza ossigeno col flusso coronarico).


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