Autore: Dott. Fabio Tarantino

Le nuove tecniche mini-invasive di terapia interventistica consentono di ripristinare la circolazione in caso di Infarto, accorciando i tempi di degenza e di riabilitazione dopo l’intervento 

L’Infarto miocardico è una delle patologie più gravi e rappresenta una delle principali cause di morte per malattia della popolazione, ben superiore al Cancro: si calcola che in Italia più di 150.000 persone in un anno vengano colpite da un attacco cardiaco conseguente a Infarto miocardico. Questo avviene quando un’arteria coronaria, che porta il sangue e il nutrimento al muscolo cardiaco, si restringe progressivamente per la formazione di placche aterosclerotiche e si occlude per la formazione improvvisa di un coagulo che impedisce al sangue di circolare.

Prevenzione e tempestività

La terapia migliore è, come sempre, la prevenzione, cioè non fumare, mantenere bassi livelli di colesterolo nel sangue attraverso una corretta alimentazione ed evitare il sovrappeso con una attività fisica regolare, oltre a tenere sotto controllo la pressione arteriosa.
Ma, quando tutto ciò non basta e arrivano i sintomi dell’Infarto (forte dolore o pressione al torace ed al braccio sinistro, spesso accompagnato da intensa sudorazione) è fondamentale non perdere tempo, allertare immediatamente il 118 che provvederà a soccorrerci, fare una diagnosi precisa e trasportarci nel più breve tempo possibile in una struttura ospedaliera attrezzata per la cura immediata.

Nella sala di Emodinamica

In una situazione di emergenza caratterizzata dai sintomi dell’Infarto il Paziente viene portato in una sala di Emodinamica, una vera e propria sala operatoria in cui opera il Cardiologo interventista, un professionista che ha dedicato la sua specializzazione allo sviluppo delle tecniche mini-invasive per curare la Malattia coronarica, sia cronica che acuta, senza dover ricorrere al bisturi. In questa metodica avanzata si utilizza un’arteria del nostro corpo come via di accesso per “navigare” all’interno del sistema vascolare con strumenti miniaturizzati che consentono di raggiungere il punto in cui l’arteria è ostruita e, attraverso un palloncino e successivamente il posizionamento di una retina metallica (stent), ripristina la circolazione del sangue laddove si è bloccata: si chiama “Angioplastica coronarica” e il Cardiologo interventista lo possiamo assimilare ad una sorta di “idraulico del corpo umano”, con la differenza che i tubi su cui opera sono le nostre arterie e dentro vi scorre il nostro prezioso sangue … un idraulico che tuttavia ha studiato duramente e si è addestrato per molti anni nello studio e nella cura delle Malattie cardiovascolari con questa tecnica.

Prima e dopo l’intervento

L’intervento di Angioplastica coronarica è l’ultima fase di un percorso diagnostico che ci deve fornire tutte le informazioni utili al miglior tipo di intervento da effettuare nel Paziente che giunge in sala di Emodinamica. Gli strumenti e le tecnologie che attualmente abbiamo a disposizione hanno raggiunto un livello di efficacia molto elevato e ci consentono di operare in condizioni sempre più difficili e complesse, spesso evitando al Paziente di dover ricorrere all’intervento chirurgico con tutto ciò che ne consegue: degenza prolungata, riabilitazione dopo l’intervento ma anche, particolare non trascurabile in tempi di difficoltà economiche, un maggiore costo per il Servizio Sanitario e la comunità.
Dopo un intervento riuscito di Angioplastica coronarica, in particolare se si utilizza come via di accesso un’arteria piccola come quella radiale del polso, dopo poche ore il Paziente può cominciare a muoversi autonomamente e ritornare alla propria abitazione dopo un paio di giorni al massimo. Quello che dovrà fare il Paziente sarà di assumere scrupolosamente i farmaci che gli vengono prescritti, mantenere uno stile di vita adeguato, non fumare e mantenere bassi i livelli di colesterolo nel sangue, oltre a eseguire controlli periodici dal Cardiologo per verificare lo stato clinico e che la terapia sia efficace.


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