Autore: Dott. Umile Giuseppe LongoProf. Enzo Denaro

 

Nuovi approcci

Recentemente è stata indagata anche la fattibilità e l’efficacia di applicazione di sangue intero o di derivati del sangue quali il “Platelet-Rich Plasma” (PRP) nel sito di degenerazione. Tale metodica consiste nell’applicare un’elevata concentrazione di fattori di crescita che dovrebbero reclutare cellule nel sito di lesione del tendine, stimolando la loro differenziazione in tenociti e la loro proliferazione. Ciò dovrebbe portare ad un incremento di produzione delle fibre di collagene e favorire la rigenerazione del tendine. Il vantaggio teorico del PRP rispetto al sangue intero è che il primo rappresenta un prodotto con concentrazioni molto più elevate di piastrine, i cui granuli sono ricchi di fattori di crescita, citochine ed altre molecole in grado di iniziare e supportare il processo di guarigione. Tuttavia, ad oggi, non esistono studi clinici di elevata qualità scientifica che confermino la reale efficacia di queste metodiche nel processo di guarigione e rigenerazione del tendine.
Infine, va ricordata la Terapia cellulare, che rappresenta sicuramente un’attrattiva per il futuro.
Studi su animali hanno dimostrato che l’applicazione di cellule staminali mesenchimali derivate dal midollo osseo direttamente nel sito di danno si associa alla produzione di matrice extracellulare simile a quella del tendine nativo, suggerendo la differenziazione di tali cellule in elementi cellulari simili ai tenociti. Nonostante queste evidenze sperimentali, prove scientifiche di efficacia e sicurezza dell’uso di cellule staminali nell’uomo devono essere fornite prima che le terapie cellulari possano essere applicate nella pratica clinica quotidiana.

Quando serve il bisturi

In caso di mancata risposta ai trattamenti conservativi, con sintomatologia presente da più di 6 mesi, è indicato il trattamento chirurgico. La percentuale di Pazienti con Tendinopatia che richiedono un approccio chirurgico è intorno al 25%. I possibili approcci terapeutici comprendono: Chirurgia aperta, percutanea oppure artroscopica. Sebbene la Chirurgia aperta sia ancora l’approccio più comune, le procedure chirurgiche mini-invasive sono eseguite sempre più di frequente.
Le percentuali di successo in Pazienti con Tendinopatia non inserzionale sono intorno al 75-80%. Sebbene la Chirurgia aperta permetta una buona visualizzazione del campo operatorio, si associa a complicanze per la ferita chirurgica ed infezioni.
Le tecniche mini-invasive per il trattamento della Tendinopatia non inserzionale hanno invece il vantaggio di ridurre i tempi di ospedalizzazione, produrre un recupero più rapido e minori rischi di complicanze per la ferita chirurgica ed infezioni.
Il trattamento di scelta, chirurgico o conservativo, in caso di rottura del tendine di Achille è ancora oggi dibattuto. Sebbene il trattamento conservativo possa essere efficace in Pazienti di tutte le età, sia sportivi che sedentari, il tasso di ri-rottura del tendine operato è di circa il 13%, rispetto ad un tasso del 4% ottenuto con il trattamento chirurgico.
Tra gli approcci chirurgici, la Chirurgia aperta è considerata lo standard. Tuttavia, essa si associa a complicanze della ferita chirurgica, infezioni, Tromboembolismo e rigidità. Le tecniche di Chirurgia mini-invasiva e percutanea sono state sviluppate proprio per ridurre l’incidenza di tali complicanze e migliorare i risultati funzionali e vengono sempre più utilizzate poiché hanno dimostrato una efficacia uguale o superiore alla Chirurgia aperta con inferiore incidenza di complicanze.
Nei casi di rottura cronica, definiti come lesione presente da più di 4 settimane, il trattamento conservativo non è indicato. Il tendine deve essere ricostruito chirurgicamente al fine di ripristinare la sua lunghezza e funzione. In questi casi la ricostruzione può richiedere l’impiego di trapianto autologo per rendere più solida la struttura.


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