I candidati ideali ad una cura
In linea di principio i Pazienti idonei a ricevere la cura antivirale, che per essere efficace deve essere somministrata senza soluzione di continuità, devono avere livelli di HBVDNA sierico superiore a 2.000 UI/ ml, ovvero presentare uno stato di infezione attivo; nel caso di Pazienti con Cirrosi, si procede comunque al trattamento, anche in assenza di livelli sierici misurabili di HBVDNA. L’interferone, che un tempo rappresentava l’unica cura per l’Epatite B cronica, faticosa e talvolta tossica per l’organismo, può essere ancora considerato un’opzione valida in selezionati Pazienti giovani con Epatite recente ed istologicamente attiva, mentre è sconsigliato per ragioni di sicurezza nei Pazienti con Cirrosi.
Terapia continuativa
La totale guarigione dall’infezione (guarigione sterilizzante), cioè la scomparsa di HBsAg sierico e la completa eliminazione di tutte le cellule epatiche infette, purtroppo non è possibile con le attuali cure. Nella maggior parte dei casi (95%), invece siamo capaci di produrre una “guarigione funzionale” cioè la soppressione permanente della replicazione virale e il miglioramento del danno epatico per tutto il tempo in cui il Paziente assume i farmaci antivirali. Per questo motivo, la cura antivirale dell’Epatite B deve essere somministrata continuativamente. Nei Pazienti adulti HBeAg sieropositivi, rari tra i nativi italiani ma piuttosto frequenti nelle etnie immigrate, la cura antivirale può indurre lo sviluppo di anticorpi anti-HBe e sopprimere la malattia epatica al punto da poter sospendere in sicurezza la terapia sei mesi dopo aver raggiunto questi obbiettivi di cura. Lo stesso vale per quei Pazienti HBeAg positivi o anti-HBe positivi che con la cura, diventano HBsAg sieronegativi, e questo è ancor più vero per quei pochi che diventano anti-HBs sieropositivi e non sono cirrotici. Nei soggetti con Cirrosi, infatti, la cura antivirale deve proseguire all’infinito, anche dopo la sieroconversione anti-HBe, e può essere sospesa solo nei rari casi di sieroconversione anti-HBs. Questa cautela è necessaria per evitare recrudescenze potenzialmente fatali dell’Epatite B dopo interruzione dei farmaci.
La soppressione permanente del virus si accompagna sempre a significativi benefici clinici in quanto blocca la deposizione di tessuto fibroso nel fegato e previene la formazione di Cirrosi, mentre nei Pazienti cirrotici previene lo scompenso clinico (Ittero, Ascite) e nei Pazienti scompenso, determina ricompensazione clinica, riducendo il rischio di morte e la necessità di ricorrere al trapianto di fegato. Nonostante questi clamorosi benefici clinici, la cura antivirale non elimina il rischio di sviluppo di Epatocarcinoma, che rimane particolarmente significativo (1,5% casi l’anno) nei Pazienti di sesso maschile con Cirrosi. Per questo motivo, tutti i Pazienti cirrotici in terapia antivirale vengono sottoposti a sorveglianza con una ecografia del fegato ogni sei mesi, anche qualora diventino HBsAg sieronegativi.