SLA, progressi nella ricerca

Autore: Prof. Adriano Chiò

A centocinquanta anni dalla scoperta della SLA sono forti le speranze che la terapia di questa malattia possa rappresentare un traguardo non troppo lontano 

Il 2019 è un anno importante per la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) perché proprio 150 anni fa, nel 1869, per la prima volta il Neurologo Jean-Martin Charcot la identificò e la descrisse sia dal punto di vista clinico sia da quello patologico. Il nome con cui oggi la conosciamo, Sclerosi Laterale Amiotrofica, venne però coniato da Charcot solo cinque anni dopo, nel 1874. É questa pertanto un’occasione importante per fare il punto su dove si è arrivati nella ricerca delle cause e delle terapie.

Malattia che danneggia le funzioni motorie

La SLA è una malattia neurodegenerativa caratteristica dell’età adulta, a decorso progressivo e invalidante. La SLA porta generalmente alla morte entro 3-5 anni, di solito per l’insorgenza di Insufficienza respiratoria. Tradizionalmente la SLA è stata considerata una malattia che danneggia le funzioni motorie, causando una compromissione dei motoneuroni spinali (posti nel midollo spinale e deputati all’innervazione dei muscoli volontari degli arti e della respirazione), dei motoneuroni bulbari (deputati all’innervazione dei muscoli della deglutizione e della fonazione) e dei motoneuroni corticali (posti a livello della corteccia cerebrale, che controllano il movimento). Il danno di questo sistema motorio determina un complesso di segni e sintomi, dominati da atrofia muscolare, perdita di forza e, contemporaneamente, aumento del tono muscolare (spasticità) che rende impacciati i movimenti, soprattutto a livello degli arti inferiori.

Possibili disturbi cognitivi

Tuttavia, da circa 20 anni, i Medici e i Ricercatori che si occupano di SLA hanno identificato che, accanto al disturbo motorio, in almeno il 50% dei Pazienti con SLA è anche presente un disturbo delle funzioni cognitive, caratterizzato da apatia, riduzione della consapevolezza di malattia e problemi comportamentali. I disturbi cognitivi nella SLA hanno un rilevante impatto negativo sia sulla prognosi che sulla capacità del Paziente di utilizzare in modo adeguato le tecnologie di supporto ventilatorio, come la ventilazione non invasiva, e nutrizionale, come la nutrizione enterale. Inoltre, i disturbi cognitivi comportano un carico psicologico aggiuntivo per la famiglia dei Pazienti, che devono gestire l’impatto delle modificazioni comportamentali del loro caro. In relazione al fatto che i Pazienti con SLA possono presentare disturbi cognitivi, la ricerca degli ultimi anni ha portato a scoprire che i familiari di primo e secondo grado dei Pazienti con SLA hanno una maggiore frequenza di disturbi cognitivi e/o mentali rispetto alla popolazione generale, inclusi i disturbi di tipo psicotico (come la Schizofrenia). Tale correlazione è ancora in parte da chiarire, ma ha probabilmente basi genetiche.

L’incidenza è destinata ad aumentare...

La SLA è considerata una malattia rara, poiché ha una prevalenza (numero di Pazienti esistenti in uno specifico momento) di circa 10-12 persone su 100.000 abitanti.
Un recente studio ha però stimato che l’incidenza (numero di nuove diagnosi all’anno) della SLA è destinata ad aumentare in tutto il mondo, in particolare nei Paesi meno sviluppati, nel corso dei prossimi due decenni.
In particolare per l’Italia si stima che vi sarà un aumento di circa il 30% entro il 2040. Tale incremento è almeno in parte da imputare all’aumento dell’aspettativa di vita della popolazione generale, e ciò perché la SLA presenta la sua massima incidenza nelle persone di età superiore a 60 anni. Tuttavia, vi sono anche indicazioni che l’aumento di incidenza della SLA sia correlato a fattori ambientali, in particolare a carico del sesso femminile. Questo aumento di frequenza della SLA nelle donne sta portando progressivamente a colmare la differenza di frequenza fra i due sessi, essendo storicamente la SLA più comune nei maschi.

Le cause genetiche della SLA

Attualmente la ricerca sulle cause della SLA indica che si tratta di una malattia di tipo multifattoriale, a cui contribuiscono fattori sia genetici sia ambientali. Si stima che la componente genetica contribuisca per circa il 60%, e che sia rappresentata sia da geni che causano direttamente la malattia sia da geni che costituiscono un semplice fattore di rischio. Sono attualmente noti circa 30 geni che causano direttamente la SLA, quattro dei quali (C9ORF72, SOD1, TARDBP e FUS) causano circa i due terzi di tutti i casi con chiara trasmissione familiare. Tuttavia, la frequenza dei casi a trasmissione familiare diretta non supera il 15% di tutti i Pazienti affetti da SLA, ed è in genere più elevata nelle persone con età di esordio inferiore ai 60 anni. Sono noti anche diversi geni che aumentano il rischio di sviluppare la SLA o che ne modificano alcune caratteristiche cliniche quali l’età di esordio e la velocità di progressione.


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