Autore: Prof. Paolo Ranalli

Il contagio nelle piante

Quando una malattia “aliena” colpisce una pianta del luogo diventa la fonte del contagio per le altre piante sane del posto e rappresenta il famoso “paziente 1”.
Ovviamente, le popolazioni locali di piante non hanno alcuna resistenza verso questa nuova patologia, ovvero si trovano a combattere contro un nemico che non conoscono e rispetto al quale non hanno sviluppato alcun mezzo di difesa. Nel sistema vegetale non è necessario imporre il lockdown poiché, fortunatamente, le piante sono ben radicate nel suolo e non si muovono: intervengono, però, altri mezzi (vettori) che veicolano la malattia da una pianta all’altra e da un posto all’altro, diffondendo il contagio.
La trasmissione può avvenire ad opera della pioggia (gli schizzi d’acqua rimbalzano da una pianta malata a quella vicina sana, trasportando l’agente infettivo), di insetti che volano da un posto all’altro e, addirittura, dallo stesso agricoltore che, inconsapevolmente, con gli arnesi di lavoro può provocare il contatto di parti vegetali malate con piante sane. Anche in questo quadro, come negli umani, gli strumenti di difesa si basano su due approcci: di tipo terapeutico (utilizzando principi della farmacopea vegetale in grado di curare le piante malate e farle tornare sane) oppure di tipo preventivo (rendendo la pianta resistente all’infezione del patogeno, in modo da sfuggire alla malattia); in quest’ultimo caso, la pianta diventa resistente non con la vaccinazione, bensì con interventi di miglioramento genetico che consentono il trasferimento nell’organismo vegetale di geni di resistenza; questi si attivano al momento dell’infezione, producendo molecole (fitoalessine) che contrastano l’ingresso del patogeno nei tessuti vegetali. Cioè, invece del sistema immunitario degli umani che produce gli anticorpi quando arriva un agente sconosciuto, la pianta attiva dei meccanismi che possiede nel suo genoma che, come gli anticorpi, neutralizzano l’invasore esterno.

Alcuni casi-studio

Del “salto” di habitat il mondo dell’Agricoltura annovera tanti casi. Alla fine dell’800, la viticoltura europea ha subito danni gravissimi a seguito dell’introduzione della Fillossera della vite dall’America, da dove, nell’ultimo dopoguerra, è arrivata anche la nefasta Dorifora della patata. Vari fitofagi (insetti che attaccano le piante) sono giunti nel nostro Paese a distanza di tempo dall’introduzione delle loro piante ospiti dopo la scoperta del nuovo continente; fra questi rientra la Diabrotica, Coleottero Crisomelide che, allo stadio larvale, attacca le radici di mais fin dalle prime fasi di sviluppo, con conseguente allettamento delle piante. Fra le specie invasive di recente introduzione va ricordata la Cimice asiatica che, segnalata nel 2012 in Emilia-Romagna, sta causando seri danni su pero e altri fruttiferi anche in altre regioni (Friuli, Veneto, Lombardia, Trentino e Piemonte). L’aumento delle temperature contribuisce alla migrazione verso i poli o all’ampliamento degli areali di molti parassiti, che aumentano ulteriormente la loro “nicchia di danneggiamento” sulle piante coltivate. Ad esempio, funghi, batteri, insetti si sono spostati verso le aree più fresche negli ultimi 50 anni. In breve, il riscaldamento climatico in atto sta permettendo ai parassiti di insediarsi in regioni che sarebbero state, precedentemente, inadatte perché fredde.

Il batterio degli olivi

Altro caso recentemente salito all’onore delle cronache è la “Xylella fastidiosa”: il batterio killer degli olivi. È un batterio che si moltiplica nei vasi conduttori dello xilema di diverse piante (principalmente dell’olivo), causando alterazioni anche letali dell’ospite per l’occlusione dei vasi e il conseguente irregolare flusso della linfa dalle radici all’apparato aereo. Il batterio provoca disseccamento iniziale delle foglie che si estende a tutta la chioma (dapprima a rami isolati e poi a intere branche), provocando la morte della pianta. La sindrome provocata va sotto il nome, appunto, di “complesso del disseccamento rapido dell’olivo”. Fino al 2013 questa malattia non era conosciuta in Italia e si ritiene provenga dal Costa Rica: alcune piante ornamentali infette da Xylella sarebbero state importate dall’Olanda e poi vendute in vari Paesi europei tra cui il nostro.
Gli effetti di questa fitopatia sono devastanti, poiché sta portando a morte decine di migliaia di olivi nel Salento, molti dei quali secolari, con grandi danni economici e paesaggistici.

Il punteruolo rosso delle palme

Altra specie aliena che si è diffusa da noi è il Punteruolo rosso delle palme, insetto originario dell’Asia tropicale (Pakistan e Melanesia). Si tratta di altro caso di introduzione involontaria in quanto contaminante di palme ornamentali, specie aliene anch’esse, per le quali c’è grande interesse vivaistico in Italia: la prima segnalazione viene dalle aree vivaistiche in provincia di Pistoia nel 2004, da dove si è rapidamente diffuso in gran parte delle regioni italiane. Per le sue caratteristiche biologiche e la strategia riproduttiva è una specie molto prolifica, in grado di aumentare rapidamente in numero, una volta disponibile una nuova palma da colonizzare. Le femmine depongono fino a svariate centinaia di uova in fori praticati utilizzando il rostro, alla base delle foglie o dei giovani germogli della palma. Le larve sono responsabili di gran parte del danno, poiché scavano gallerie nelle piante, nutrendosi dei loro tessuti interni e arrivando a distruggerle completamente.

Siamo parte dell’ecosistema

Se un circolo vizioso e complesso lega le epidemie degli umani e delle piante ai cambiamenti climatici, le soluzioni possono essere le stesse: fermare l’aumento delle emissioni di gas che alterano il clima, ridurre il nostro impatto sull’ambiente, ripristinare gli ecosistemi naturali, investire nella resilienza. Concetto che si potrebbe tradurre nella locuzione: “Le crisi sono due (coronavirus ed emergenza climatica), ma la soluzione è una sola.” Considerarci come elementi estranei all’ecosistema ha fatto si che alterassimo molte terre emerse e molti mari e oceani, spesso non rispettandone gli equilibri. Invece, facciamo parte di un solo sistema, in cui la salute di ogni elemento umano, animale o ambientale è strettamente interdipendente da quella degli altri.


« Pagina precedente 2/2 Pagina successiva