Quando diciamo ad una persona, magari con le migliori intenzioni, che una certa convinzione “è solo nella sua mente”, volendo intendere che si tratta solo di pensieri ed emozioni negative che, di conseguenza, non incidono sulla materia che compone il nostro organismo, non c’è nulla di più sbagliato.
Nel 2004 il premio Nobel per la Medicina, la Biologa molecolare Elizabeth Blackburn, e la Psicologa Elissa Epel hanno dimostrato per la prima volta nella storia della scienza che il non sapere gestire efficacemente lo stress accelera in maniera rilevante (di almeno 9 anni) il processo d’invecchiamento cellulare genetico, predisponendo a molte malattie cardiocircolatorie ed immunitarie. Per la prima volta, oltretutto in modo molto chiaro e diretto, è stata dimostrata la profonda connessione tra due elementi opposti che normalmente consideriamo centrali per definire la nostra identità, e al tempo stesso distanti e indipendenti l’uno dall’altra: il nostro DNA e la nostra mente.
La scoperta
Il gruppo di ricerca dell’Università Californiana, capitanato da Blackburn e Epel, ha dimostrato che la nostra mente e il nostro personale codice genetico, dialogano in maniera continua e complessa. In particolare si è visto che una scarsa efficacia nella gestione dello stress intacca alcune strutture chiamate “telomeri”, costituiti loro stessi da DNA con il compito di proteggere i cromosomi dove è depositato il materiale genetico.
Maggiore è la lunghezza di questi telomeri, più alto è il grado di protezione dai processi di invecchiamento del materiale genetico; minore è la loro lunghezza, più elevato è il rischio di degradazione del DNA e le conseguenze negative derivanti da questa condizione (problematiche cardiovascolari, oncologiche, etc.).
I telomeri vengono ormai considerati degli indicatori affidabili dell’invecchiamento cellulare, un po’ come fossero degli orologi che definiscono l’effettiva età biologica degli esseri viventi (differente da quella cronologica che misura unicamente il tempo trascorso).
La funzione dei telomeri
Spesso, per far capire la funzione e la struttura dei telomeri, si utilizza la metafora dei terminali di plastica dei lacci delle scarpe che, se nuovi e del tutto integri, garantiscono ai lacci di essere usati propriamente senza il pericolo di sfilacciarsi, se invece si deteriorano, provocano lo sfilacciamento progressivo del tessuto che costituisce il laccio stesso. In questa metafora il laccio rappresenta i nostri cromosomi e il loro sfilacciamento raffigura il graduale processo di senilità e di morte cellulare.
Da notare che, se è vero che nasciamo con una determinata lunghezza di questi strutture, che garantiscono la stabilità dell’informazione genetica, e vi è un progressivo accorciamento durante il processo di sviluppo cellulare, è anche vero che la velocità relativa e il “consumo” dei telomeri è estremamente variabile e dipendente da vari fattori. L’invecchiamento cellulare, determinato dalla lunghezza dei telomeri, ha quindi una proprietà “plastica” nel senso che può essere accelerato o rallentato in base alla tipologia di esperienze che conduciamo.
Il valore del benessere psicologico
Da molto tempo era noto ormai a tutti che l’alimentazione, l’attività motoria o la qualità del sonno hanno un impatto (positivo o negativo) sulle nostre cellule e, nel lungo termine, sulla nostra salute e longevità ma le ricerche relative la Psicologia Epigenetica (lo studio dell’influenza dei fattori psicologici sull’espressione dell’informazione genetica), a partire dallo studio pioneristico citato poco sopra, vanno molto oltre questo nostro credo comune.
Anche a scuola (dalle elementari all’università) ci hanno infatti sempre detto che una corretta alimentazione, un’adeguata attività motoria e, forse, anche una buona qualità del sonno promuovono una buona salute e quindi una vita longeva.
Ciò che ci sta indicando attualmente la scienza è differente rispetto quanto già conosciuto e insegnato diffusamente: ora sappiamo che la qualità del benessere psicologico e sociale è un fattore altrettanto importante rispetto a quello nutrizionale, motorio o relativo al sonno. Anche se, in prima battuta, può sembrare una semplice postilla rispetto quanto stabilito in precedenza, si tratta in realtà di una rivoluzione copernicana sia per il settore accademico che per le ricadute pratiche e applicative che vengono prodotte.
Il ruolo dello stress
L’efficacia nel gestire lo stress, la frequenza nel praticare la meditazione, l’atteggiamento ottimistico/pessimistico che adottiamo, l’essere più o meno ansiosi, la percezione che abbiamo della rete sociale, sono solo alcuni esempi delle modalità psicologiche identificate dalla Psicologia Epigenetica che determinano in modo specifico e molto significativo l’accelerazione o il rallentamento dell’invecchiamento cellulare, definendone la nostra longevità. Ecco come la Psicologa Elissa Epel si è espressa al riguardo: “...penso che se le persone fossero più consapevoli che la nostra biologia sia plasmabile dalle esperienze che conduciamo, allora di conseguenza avrebbero una maggiore percezione sulla capacità di controllo sulle loro vite, sulla loro salute mentale, sulle esperienze che scelgono di vivere e sulle loro scelte di vita.”
Durante un’intervista del 2011 la Blackburn spiega inoltre che: “Esistono gravi stress che mettono a rischio il funzionamento cellulare. Abusi o traumi infantili impediscono ai telomeri di funzionare anche in età adulta...”. È interessante ricordare l’importante rapporto che esiste tra genitori e figli identificato da Blackburn, Epel e dal loro gruppo di ricerca: le donne stressate durante la gravidanza accelerano l’invecchiamento genetico dei loro bambini. Questo significa che la longevità dei nascituri risulta compromessa a causa del vissuto psico-fisico delle loro mamme.
Queste ricerche sono rivoluzionarie rispetto alle precedenti conoscenze in quanto dimostrano quanto il fattore psicologico e quello biologico siano profondamente connessi, contraddicendo profondamente il radicato e diffuso concetto che mente e materia, pensieri e corpo, rappresentino mondi separati e non comunicanti. Dobbiamo dunque prenderne atto: la nostra mente influenza la nostra longevità in maniera determinante nel breve, medio e lungo periodo, pertanto prima riusciremo ad essere consapevoli di questa realtà, prima avremo la possibilità di diventare promotori più efficaci del nostro benes