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Parkinson, la Danza come terapia

Autore: Dott. Michele Gennuso

Oltre a produrre notevoli benefici a livello motorio, la Danza offre un’esperienza creativa e consente alle persone di immergersi in questa forma d’arte piuttosto che concentrarsi sulla propria malattia 

La Danza è un’attività motoria che, senza controindicazioni e indipendentemente dall’età e dal sesso, divertendo, rende più elastici, tonici e asciutti. Molti studi hanno dimostrato gli innumerevoli benefici ottenuti da chi, specie se non più giovanissimo, la pratica con costanza. Recenti studi hanno dimostrato inoltre effetti benefici della Danza anche nei Pazienti affetti da Malattia di Parkinson.

La Malattia di Parkinson

Si tratta di una patologia neurodegenerativa lentamente progressiva del sistema nervoso, caratterizzata dalla perdita selettiva e specifica di alcuni neuroni localizzati in una zona determinata del cervello, la “Pars Compacta della Substantia Nigra del Mesencefalo”.
Questi neuroni producono la dopamina, un neurotrasmettitore fondamentale per il nostro organismo, implicato in diverse funzioni quali il controllo dei movimenti volontari, l’apprendimento procedurale, l’apprendimento delle abitudini, i movimenti oculari e le emozioni.

Perdita del movimento e delle emozioni

I Pazienti affetti da Malattia di Parkinson perdono progressivamente la capacità di organizzare e realizzare autonomamente i movimenti del loro corpo nello spazio e nel tempo, avvertono un progressivo rallentamento motorio con un impaccio nei movimenti da quelli più “grossolani” come il camminare, il salire e scendere le scale, a quelli più “fini” come scrivere, cucire o abbottonarsi.
Il movimento consente di modificare la nostra posizione nello spazio e nel tempo, veicolando desideri, realizzando obiettivi, comunicando con i nostri simili: stringere una mano, andare verso qualcuno per abbracciarlo, correre per raggiungere in tempo il luogo di un appuntamento, sono solo alcuni esempi che ci consentono di comprendere come il movimento non è scisso dalle emozioni.
I Pazienti affetti da Malattia di Parkinson spesso sperimentano una riduzione del carico emotivo tanto che spesso la loro difficoltà motoria, che appare ai familiari come “assenza di movimento”, interpretata spesso

Cause ed evoluzione della malattia

La causa della Malattia di Parkinson è attualmente sconosciuta; sono stati individuati possibili fattori di rischio come alcuni fattori genetici e ambientali e la malattia rientra nel capitolo dei “Disordini del Movimento”, colpisce lo 0,3% della popolazione generale e in Italia la prevalenza stimata è di circa 180 casi su 100.000 abitanti. Esordisce prevalentemente tra i 55 e i 65 anni, ma nel 5% dei casi si manifesta prima dei 40 anni.
L’esordio della malattia è subdolo e molto spesso i primi sintomi non vengono riconosciuti e individuati con tempestività; è stata ormai ampiamente descritta una “fase pre-motoria” che può manifestarsi diversi anni prima della comparsa dei classici sintomi motori (bradicinesia, tremore, rigidità motoria) e che si caratterizza per la comparsa di depressione, disturbi del sonno REM, stipsi e ridotta percezione degli odori (iposmia).
La “fase motoria” in genere presenta un esordio con impaccio motorio monolaterale o con tremore a riposo, ma il sintomo principale è rappresentato dal rallentamento motorio (bradicinesia). All’esordio si possono anche riscontrare cambiamenti della mimica facciale (minore espressività) e dell’umore, e lievi disturbi cognitivi e comportamentali, in particolare con il coinvolgimento delle funzioni esecutive, quelle funzioni cognitive che ci consentono di programmare, pianificare e verificare tutte le azioni che ogni giorno dobbiamo compiere per realizzare i nostri obiettivi.
Nelle prime fasi di malattia il Paziente affetto da Parkinson presenta un buon controllo dei sintomi motori, grazie alle terapie farmacologiche che hanno come obiettivo quello di aumentare la stimolazione dopaminergica; nelle fasi più avanzate si instaura una condizione clinica caratterizzata da fluttuazioni motorie: il Paziente durante le ore della sua giornata sperimenta dei momenti in cui si sente particolarmente fluido nei movimenti, e si suole dire che è in fase “on” (cioè è “acceso”), rispetto a dei momenti in cui sperimenta dei veri blocchi motori, determinando quella che viene definita fase “off” (il Paziente è “spento”). In questa fase avanzata di malattia, che è caratterizzata da una perdita della costanza, della prevedibilità e dell’omogeneità della risposta alla terapia farmacologica, può comparire uno dei fenomeni più disabilitanti e complicati da affrontare per il Paziente cioè il FOG o “freezing of gait”, letteralmente il “congelamento della deambulazione”: il Paziente si blocca e non riesce a continuare a camminare, molto spesso questo fenomeno è scatenato da disturbi emotivi.

Il ruolo dei sintomi non motori

In un recente studio, Avanzino (2018), l’autore ha valutato il disturbo del cammino dei Pazienti affetti da Parkinson e ha evidenziato che i disturbi emotivi derivanti da disturbi affettivi come ansia e depressione, oltre al deterioramento cognitivo, potrebbero contribuire ai disturbi dell’andatura in alcune persone con Malattia di Parkinson. Pertanto, quando si valutano e si trattano i disturbi dell’andatura nelle persone con Parkinson, è importante tenere in considerazione i sintomi non motori come ansia, depressione e deterioramento cognitivo, oltre alle conseguenze motorie di questa condizione neurologica progressiva.


Danza e intervento riabilitativo

I Pazienti affetti da Parkinson fanno fatica a muoversi rapidamente nello spazio, sono rallentati e sono a volte appiattiti emotivamente, appare quindi quasi naturale che la Danza possa rappresentare per ciascuno di loro un’ottima alternativa terapeutica.
Nella letteratura scientifica esistono evidenze sempre più solide che confermano l’ipotesi dell’efficacia dell’intervento riabilitativo (Fisioterapia) nel migliorare le capacità funzionali dei Pazienti e l’abilità del cammino in particolare l’ampiezza e la velocità del passo; tuttavia ci sono evidenze che dimostrano l’efficacia di terapie alternative/complementari a quella farmacologica e alla Fisioterapia come lo Yoga, il Tai Chi e la Dance Therapy (DT), solo per citarne alcune. “La danza è la madre di tutte le arti. La musica e la poesia esistono nel tempo; la pittura e l’architettura nello spazio. Ma la danza vive contemporaneamente nel tempo e nello spazio. Prima di affidare le sue emozioni alla pietra, al suono, l’uomo si serve del suo corpo per organizzare lo spazio e ritmare il tempo” (Curt Sachs).
Questa frase di Curt Sachs sulla Danza mi consente di porre l’attenzione sulle tre dimensioni che contraddistinguono questa modalità espressiva ma che descrivono la quotidianità di ogni individuo che si realizza nel tempo, nello spazio e con le emozioni, le sue.
Già nel 2019 Zhang ha condotto un interessante studio sulla Danzaterapia, coinvolgendo Neurologi, Istruttori di danza, Pazienti affetti da Malattia di Parkinson e i loro familiari.
Sono stati identificati quattro temi principali:

  • la necessità di considerare lo stadio di progressione della malattia durante la progettazione delle classi di Danza;
  • riconoscere che la Danza è più che una semplice terapia;
  • selezionare attentamente la musica con cui muoversi;
  • organizzare le classi con modalità fattibili e coinvolgenti.

L’analisi dei risultati ha dato origine alla teoria secondo cui le lezioni di “ballo” possono fornire più di semplici benefici terapeutici. La Danza rappresenta infatti un’espressione creativa e consente alle persone di immergersi nella forma d’arte, piuttosto che concentrarsi sulla malattia.
I risultati evidenziano i vantaggi di consentire ai Pazienti con Malattia di Parkinson di essere in grado di esprimersi in un ambiente favorevole che non li vede solo attraverso le lenti della malattia.
La fattibilità dei programmi di Danza può essere aumentata istruendo gli insegnanti di Danza sulle caratteristiche della malattia e sui bisogni dei Pazienti che hanno confermato che le lezioni adattate alle loro esigenze ottimizzano i risultati.

Una sperimentazione

Un dato ulteriore sull’efficacia della Danzaterapia nella Riabilitazione dei Pazienti con Parkinson è quello descritto nello studio condotto da Rosario De Natale; l’autore è partito dall’assunto che l’instabilità posturale nella Malattia di Parkinson sia determinata anche da un deficit dell’attenzione e rappresenti un elemento che contribuisce ad aumentare il rischio di cadute; quindi ha confrontato due gruppi di Pazienti affetti da Parkinson: il primo gruppo è stato sottoposto a Riabilitazione tradizionale, l’altro sottoposto alla Dance Therapy. I risultati hanno dimostrato un miglioramento significativo dei Pazienti che hanno praticato Danzaterapia rispetto al gruppo dei Pazienti sottoposti a Riabilitazione tradizionale in alcuni test motori e cognitivi. Rispetto alla Riabilitazione tradizionale la Danzaterapia sembra più efficace nel migliorare l’equilibrio, la forza e le strategie di movimento.
La Danzaterapia costituisce un esercizio altamente impegnativo per i Pazienti con Parkinson, simulando le perturbazioni dell’equilibrio incontrate nella vita quotidiana e comprendendo movimenti predeterminati ad alta esigenza, strategie cognitive e improvvisi cambiamenti di direzione.
I miglioramenti significativi sui test cognitivi dopo Danzaterapia sono stati mantenuti nel tempo, come descritto anche nello studio di di McKee & Hackney nel 2013 e questo suggerisce che la Danzaterapia potrebbe influenzare le funzioni corticali superiori per un lungo periodo. Quindi la Danzaterapia è una forma promettente di Neuroriabilitazione nella Malattia di Parkinson in quanto combina sollecitazioni motorie e attenzionali altamente specifiche per il compito.
Il “ballo” è per tutti e non solo chi ha un corpo agile e perfetto può danzare, soprattutto poi se per Danza si intende divertimento ed espressione di emozioni, qualcosa che fa bene all’anima, che fa sentire protagonisti nelle proprie abilità e disabilità.

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