Per entrare nella questione della complessa relazione tra ambiente e salute psicosomatica ci si avvale di una disciplina scientifica di recente introduzione: la Psicologia Socio- Ambientale. Essa studia l’interazione tra il comportamento umano e l’ambiente, cercando di comprendere le trasformazioni del “fattore umano” in funzione di quello ambientale, e viceversa, all’interno di un unico processo interattivo circolare. Appare evidente che la Psicologia Socio-Ambientale rifiuta un modello che consideri soltanto l’individuo, trascurando i fattori esterni, e concepisce invece l’uomo in una costante ed imprescindibile interazione con l’ambiente che lo circonda. I confini tra campagna e ambiente urbano, sempre più netti durante il pieno sviluppo industriale, oggi hanno ceduto il passo alla città diffusa: il cosiddetto “sprawl urbano”. Le città contemporanee stanno inglobando progressivamente immense superfici agricole, con aree adibite a centri commerciali, industriali, snodi, aree di scambio, interporti, megastrutture per impiantistica, poli per lo stoccaggio di merci, parcheggi, depositi. Enormi spazi “divorati” dal cemento e dall’asfalto. L’ambiente urbano è un luogo complesso, che può fomentare rivalità economiche e aumentare l’aggressività, incrementando la competitività: è nelle città, ad esempio, che si verifica la massima ostentazione degli “status symbol”, nel tentativo di elevare il proprio status socioeconomico.
Psicopatologie urbane
La città produce malattia. Le “patologie urbane”, un termine coniato all’inizio degli anni ‘80, si riferivano all’insieme di malattie organiche legate ai disturbi respiratori causati dall’inquinamento atmosferico e alle malattie professionali da rumore stradale contratte da molti lavoratori. Oggi l’esclusiva attenzione alle malattie organiche è stata superata. Si preferisce piuttosto parlare di disturbi psicosociali oppure di psicopatologie urbane. In questo senso, l’ambiente urbano risulta il luogo tipico di proliferazione dei disturbi e delle condotte antisociali favorite dalle forme di inquinamento e affollamento. In tale estensione rientrano le anomalie psicologiche, i disturbi di natura psichica e relazionale per i quali è imputato non solo l’inquinamento acustico da traffico veicolare, ma anche lo stile di vita, a partire dai ritmi frenetici della vita quotidiana. Così, alle patologie organiche si aggiungono le alterazioni del sistema neurovegetativo (che controlla le funzioni involontarie dell’organismo umano), del ritmo sonno-veglia, del tono dell’umore. Significativa è la diffusione di importanti manifestazioni di disagio psichico indotte dallo stress, oltre all’insorgenza di molteplici disturbi del comportamento: dal Disturbo Ossessivo Compulsivo al Disturbo da Attacco di Panico, dal Disturbo Antisociale di Personalità a tutti i disturbi del comportamento alimentare. Si possono rilevare anche alterazioni della condotta, con manifestazioni di antisocialità ed aggressività, fino ad arrivare alle alterazioni dell’identità, all’anomia (l’assenza di norme) o a sentimenti di forte e completa deresponsabilizzazione. Queste caratteristiche patologiche non rappresentano peculiarità esclusive dell’ambiente urbano, ma si verificano con molta maggior frequenza tra gli abitanti delle città piuttosto che tra quelli dei centri minori e delle aree rurali.
Alienazione e solitudine
Si può sicuramente affermare che l’ambiente urbano possa generare due condizioni psicologiche ricorrenti: la mancanza di riconoscibilità e la solitudine. Quest’ultima, in particolare, è originata dalla situazione alienante dell’affollamento urbano. Tra i sottoinsiemi di queste due grandi condizioni psicosociali vi sono, poi, l’anonimato, la diffidenza, il sovraccarico, lo stress, la tensione. Ma, in definitiva, perché gli individui reagiscono in modo patologico a determinati stimoli ambientali? Perché l’animale umano è “costruito” per vivere immerso in un tipo di stimolazione sensoriale “naturale”, in cui colori, odori e suoni sono assai diversi da quelli offerti dall’artificiale città contemporanea. Rumori (attività umane, traffico), monocromatismo (prevalenza del grigio), odori sgradevoli, sostanze chimiche (inquinamento atmosferico) e, in generale, affollamento e senso di costrizione producono moltissime reazioni di disadattamento.
L’assuefazione agli stimoli
Gli ambienti urbani e industrializzati rappresentano il luogo tipico di scollamento tra uomo e natura, tra bisogni reali e bisogni “indotti”. L’alterazione del rapporto tra uomo e natura è stata favorita da un elemento tipicamente umano: la cultura. Essa è pervenuta ad un grado così alto di sofisticazione che ha fatto perdere il contatto con il corpo, con i bisogni primari, con il senso delle proprie azioni. Da questo punto di vista si deve osservare un problema di fondo: gli individui non si accorgono più degli stimoli nocivi che li circondano. Si tratta di un fenomeno noto: la ripetizione di uno stimolo nel tempo induce assuefazione, come per il concetto farmacologico di tolleranza/ assuefazione. La realtà circostante diventa “invisibile” ai nostri sensi in quanto tutto diviene “ovvio”. A fronte dell’artificialità esasperata dell’ambiente esterno, l’uomo reagisce con una gamma molto ampia di risposte, che possono talvolta sfociare in disturbi o patologie vere e proprie.
Gli effetti dello stress
L’ambiente urbano genera un sovraccarico di sollecitazioni (traffico, rumori, cartelli pubblicitari, segnaletica stradale, affollamento) che bombardano gli individui portando all’aumento del senso di inefficienza mentale e fisica. La fatica di elaborazione psichica di questa immensa mole di stimoli e informazioni esterne, oltre ad attivare il sistema simpatico e parasimpatico, accentua la tendenza alla repulsione verso gli altri e all’antisocialità. Nel processo patogeno di stress (che generalmente si realizza nel lungo termine), il soggetto risulta incapace di dare risposte comportamentali adattive e si verifica una sorta di stallo, un sostanziale inutilizzo dell’energia liberatasi nell’organismo. Questo provoca un’alterazione grave dell’equilibrio psicofisico, poiché le modificazioni neuroendocrine possono alterare il funzionamento di organi che ne subiscono gli effetti (i cosiddetti organi bersaglio): è l’origine di un disturbo psicosomatico. Dispepsie, Gastriti, Colon irritabile, Dermatiti, Disturbi del sonno, Cefalee e Disturbi dell’identità sono solo alcuni esempi. Quanto all’affollamento, le indagini mostrano come in ambienti urbani affollati si verifichi un aumento medio della pressione arteriosa, un aumento della frequenza di tutte le patologie e un tendenziale aumento dell’antisocialità. Tali reazioni, a livello individuale, possono sfociare in un incremento dell’aggressività, oppure possono innescare un Disturbo Antisociale di Personalità o un Disturbo da Attacchi di Panico.
Sovraccarico, velocità e rumore
Il sovraccarico è per definizione un eccesso di stimoli fisici e sociali che colpiscono l’individuo. Le osservazioni sul campo mostrano come il sovraccarico possa causare la tendenza a mostrare una maggiore diffidenza nei contatti con gli altri. In generale, vi è una diminuzione dell’interazione sociale, mentre aumentano lo scetticismo, il distacco dalla realtà e la tendenza all’antisocialità. L’eccesso di velocità nello svolgere le proprie attività quotidiane, dal canto suo, può generare uno stato di concitazione, di allarme o di ansia, un aumento della pressione arteriosa, una diminuzione dell’attenzione e un aumento dell’incidentalità. Sterminata risulta inoltre la letteratura scientifica sugli effetti del rumore urbano. I cittadini sono costantemente immersi in una “zuppa sonica” costituita da rumori di varia natura, timbro, intensità, talvolta imprevedibili. Le indagini dimostrano che, in generale, si verifica un’introiezione inconsapevole del rumore, tale da generare la ben nota Sindrome di falso adattamento. Tra le reazioni possibili, possiamo citare l’aumento dell’aggressività, le alterazioni del sistema cardiocircolatorio, dell’apparato digerente, del ritmo sonno/veglia, dell’apparato neuroendocrino, oltre ad una generale inibizione dei rapporti sociali.
Calore e paesaggio urbano
La città viene definita un’isola di calore a causa dei materiali che la compongono (laterizi, pietre e bitume) e per il calore prodotto dalle attività umane: la temperatura può aumentare fino a 5°C rispetto alle aree rurali. La temperatura stessa, come fattore isolato, non produce particolari effetti ma, in sinergia con un elevato indice di affollamento, può essere un notevole fattore di stress. In certe combinazioni di calore, affollamento e rumore (basti pensare al traffico sulle strade) aumenta la reazione di stress e, in generale, la repulsività tra individui, che può innescare pericolosi meccanismi aggressivi. Il paesaggio urbano poi può assumere caratteristiche ansiogene. Le osservazioni sul campo mostrano che, in presenza di inquinamento visivo urbano, vi è un’induzione di stati d’allarme, condotte antisociali, Disturbo da Attacco di Panico, fatica, irritabilità, perdita di identità territoriale. Altri studi mostrano che, su un campione di 60 milioni di persone, l’incidenza della Schizofrenia è maggiore del 72% rispetto alle aree rurali. 63 studi in 33 paesi arrivano alle stesse conclusioni, ossia all’aumento in ambiente urbano di tutte le psicopatologie su base ansiosa. Ambienti degradati, poi, tendono a far sentire i cittadini abbandonati dalle istituzioni. Le osservazioni sul campo mostrano in questo caso un aumento dell’aggressività generale e verso le infrastrutture, un aumento del senso di anonimato, della diffidenza sociale e di tutte le forme di vandalismo, oltre al tendenziale incremento delle forme di microcriminalità.
Il rapporto con la natura
Gli studi sopracitati mostrano che il mondo fisico e sociale non risponde ai reali bisogni umani, rimasti pressoché invariati negli ultimi 35.000 anni. Non è pensabile una modificazione della riposta che possa trasformare l’Homo sapiens in un essere adattato ad un ambiente rumoroso, né che la fisiologia respiratoria possa modificarsi al cambiamento di un’atmosfera intrisa di petrolio bruciato. La nostra conformazione anatomica e funzionale è il risultato di milioni di anni di evoluzione e non è pensabile una trasformazione di tali adattamenti in tempi così brevi, solo un paio di secoli. Le soluzioni possono andare soltanto nella direzione di una modificazione dell’ambiente, cercando di ricreare un contesto adatto alla conformazione psicobiologica dell’essere umano. Gradevolezza dell’ambiente, corretta alimentazione, movimento fisico e socialità devono essere i punti cardine sui quali ruotare il nuovo modo di concepire e strutturare le nostre città, nella speranza di favorire un nuovo e migliore stile di vita.