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Cibi fermentati, perché fanno bene?

Autore: Dott Guido Balestra

I batteri vivi e i lieviti presenti in questi alimenti acidificano l’ambiente intestinale e neutralizzano i batteri patogeni 

Fino a qualche anno fa nelle nostre famiglie era abbastanza comune preparare il pane in casa, usando il lievito madre per la lievitazione naturale, oppure fare lo yogurt o meglio ancora il kefir, utilizzando quei granellini lucidi che si trasmettevano da una famiglia a un’altra. In alcune regioni si facevano in casa anche i cetriolini fermentati o i crauti, di antica tradizione nordeuropea. Il motivo di fondo per cui si preparavano questi cibi fermentati era, in assenza del frigorifero, quello di conservare a lungo gli alimenti.
Ora tutto questo non è più necessario: tutti questi cibi sono infatti reperibili nella grande distribuzione ma in che forma? In quella preparata e confezionata industrialmente che risponde quindi a quei requisiti di assoluta sicurezza alimentare compatibile con la catena di distribuzione, i tempi di scaffale e la logistica.

Dalla produzione casalinga a quella industriale e ritorno

Nella realtà attuale i batteri vivi, è di questo che stiamo parlando, vengono quasi sempre immessi nell’alimento dopo che questo è stato trattato, igienizzato, pastorizzato e reso praticamente sterile. I batteri, che sono stati a loro volta prodotti industrialmente, appartengono a poche famiglie sicure e devono anch’essi resistere nella catena in cui vengono inseriti. Poi però è esplosa l’emergenza Covid 19 e ci siamo riscoperti improvvisamente tutti fornai o con la necessità di recuperare un’autonomia nella ricerca del nostro cibo. A questo punto però il lievito scompare dagli scaffali, i piccoli produttori locali di frutta e verdura, quelli a Km zero, vengono assaliti e caricati di ordini. Inizia a nascere una nuova sensibilità e si pone maggior attenzione al cibo che consumiamo. Evitare di consumare cibi super processati, addizionati di aromi, emulsionanti, addensanti o edulcoranti, che ci infiammano e riducono le nostre difese immunitarie, diventa un’esigenza. I cibi fermentati casalinghi rientrano in questo filone di estrema salubrità e di preparazione casalinga; sarebbe un’ottima cosa se questa tendenza rimanesse come esito di questo periodo così difficile.
La fermentazione casalinga non fa altro che utilizzare quegli alimenti tradizionali assunti da secoli, quando non esisteva il frigorifero e la grande distribuzione, che ci ha reso del tutto irrispettosi del ciclo delle stagioni e della freschezza del prodotto. La “shelf life” (vita sullo scaffale) è diventata il mantra della grande distribuzione e la pastorizzazione di tutto è diventata la realizzazione della chimera della sterilità, in pratica è come se tutti noi andassimo a mangiare in una sala operatoria!

Tanti benefici per la nostra salute

Lactobacilli, bifidobatteri e lieviti presenti normalmente sulla superficie e all’interno delle nostre verdure o nel latte bovino, se non sono state trattate con erbicidi, pesticidi e fungicidi, si sviluppano rapidamente: crescono, acidificano l’ambiente e in questo processo neutralizzano i batteri cattivi, quelli patogeni che producono le malattie.
Tali batteri producono tanti effetti positivi e sono all’incirca gli stessi che il Medico o il Farmacista ci somministrano sotto forma di pillole, chiamandoli fermenti o probiotici. Tuttavia non sono farmaci, poiché la natura (i batteri sono creature viventi della natura), non può essere brevettata.

Kefir, una bevanda benefica

Di origina caucasica, la storia del kefir si perde nella notte dei tempi, la sua notorietà è invece relativamente recente. Fu scoperto da Ilja Metschnikov, scienziato russo che lo portò nei primi anni del 900 da un paesino della Bulgaria, dove lo aveva scoperto, associandolo alla grande presenza di ultracentenari che si alimentavano con questo latte fermentato. Ilja riuscì a portare il kefir di latte e i piccoli grani che lo producevano fino a Parigi, dove ebbe uno straordinario successo e si diffuse in tutto il mondo.
In un kefir fatto dai grani sono presenti da 50 a 80 ceppi batterici diversi, tutti estremamente utili alla nostra salute. Da tale ricchezza in ceppi emerge la forza terapeutica del kefir che è un potente stimolante immunitario, protettore della parete intestinale, regolatore della funzione intestinale e produce tanti altri effetti positivi. Il kefir industriale, quello che trovate al grande magazzino, contiene da 4 a 6 ceppi batterici e realizza comunque fa qualcosa di buono, ma non è paragonabile alla spettacolare biodiversità del kefir artigianale fatto da buon latte e grani. Il consiglio è quindi di procurarsi i grani e il latte biologico intero e iniziare la propria piccola produzione che richiede un impegno di circa 5 minuti al giorno. Anche il kefir, prodotto usando le bustine di cultura starter, è analogo a quello industriale e non da i grandi benefici di quello artigianale realizzato con i grani.


Le olive dell’area mediterranea

Forse il cibo fermentato maggiormente dimenticato in Italia è dato proprio dalle olive. Amarissime al momento della raccolta, da secoli perdono l’amaro attraverso un lento processo di fermentazione che richiede il lavaggio ripetuto in acqua per circa un mese. Alla fine di tale processo l’oliva perde buona parte del suo sapore amaro e può venire messa in salamoia e conservata a lungo in un ambiente fresco e scuro. Il sapore e la consistenza di questa oliva è talmente diverso da quello ottenuto dal processo industriale, che utilizza la soda caustica per eliminare l’amaro, che coloro che si abituano alle olive fermentate naturalmente non gustano più quelle normali. La particolare lenta fermentazione delle olive fa sviluppare tante altre specie di batteri che rappresentano un toccasana per il nostro intestino. Il materiale necessario per farsele in casa da soli è minimo, poi ciascuno potrà aggiungere aromi, spezie o profumi particolari alle proprie olive, ma gli appassionati dicono che le amano così come vengono, poiché il processo di fermentazione sviluppa aromi particolari gradevoli di per sé, legati anche alla qualità delle olive.

Le verdure fermentate

Chi conosce solo i sottaceti potrebbe confonderle con questi, ma si tratta di tutt’altro. Volete sapere di cosa si tratta? Prendete un cavolo cappuccio, biologico naturalmente, lavatelo senza aprirlo, tagliatelo fine fine e mettetelo in una terrina con 2 cucchiaini di sale marino, aspettate circa 30 minuti poi prendete un vaso da conserve e mettete il cavolo e la sua acqua dentro al vaso, comprimendo fin dall’inizio uno strato sull’altro in modo da togliere l’aria. La quantità totale di sale finale sarà il 2% del peso totale di verdura e acqua. Quando avete riempito bene il vostro vaso in modo che l’acqua fuoriuscita dal cavolo copra il tutto (se ne manca un po’ aggiungete un po’ di acqua minerale non gassata), mettete o una foglia del cavolo o uno di quei piccoli supporti di plastica che servono per tenere il materiale sotto l’acqua e chiudete ma attenzione a non stringere troppo il coperchio, potrebbe esplodere e il materiale fuoriuscire. Mettetelo in cucina e osservatelo. Dopo 12-24 ore cominceranno a formarsi delle bollicine: sono il segnale che la fermentazione è iniziata. Lasciatela procedere per 4-5 giorni poi assaggiate e, se l’acidità vi va bene, bloccate il processo mettendo il vaso in frigorifero. Si conserverà per mesi senza andare a male, ma diventerà lentamente sempre più acido. Potrete beneficiare di una enorme quantità di “lactobacillus plantarum”, la specie regina nelle verdure fermentate che riduce il colesterolo, abbassa la pressione e la glicemia. Ah dimenticavo: mettete qualche grano di ginepro nel vaso e soprattutto imparate che potete usare tutte le verdure che più vi piacciono e che la presenza del cavolo cappuccio ha la sola funzione di facilitare una rapida partenza del processo di fermentazione e questa è una cosa buona per evitare la crescita di muffe o altri batteri non buoni. L’equivalente più famoso nel mondo dei nostri krauti europei è il kimchi, una bomba ultraspeziata di origine coreana che va interpretata in modo occidentale e che ha una tradizione salutistica millenaria con migliaia di diverse interpretazioni nel mondo asiatico.

Fermentazione selvaggia o mediante “cultura starter”

Fermentazione selvaggia significa dare il via alla crescita di popolazioni batteriche utili presenti nell’alimento e nell’ambiente che ci circonda. Un ambiente sano non contaminato contiene già questi batteri buoni. Possiamo tuttavia usare un aiuto, dare più rapidamente il via con una polverina chiamata “cultura starter”, che si compra al grande magazzino, e non è altro che una o più famiglie di batteri selezionata dall’industria e pronta a crescere e replicarsi, se la mettiamo in condizioni adatte.

Dubbi incertezze e timori

Se usate un minimo di pulizia con gli strumenti di cucina necessari, non avrete contaminazioni muffe o cattivi sapori che originano, sarà sempre utile vedere che la fermentazione parta velocemente, entro le 24 ore e in tal modo si eviteranno crescite di patogeni. Se questo dovesse avvenire e si formassero muffe scure o grigiastre o verdi o cattivi odori, buttate via tutto. A me è successo una volta sola in tanti anni ma eravamo in condizioni igieniche non buone.

Conclusioni

Noi siamo evoluti sul pianeta insieme ai batteri, con cui abbiamo fatto un patto di convivenza qualche milione di anni fa. Anche i batteri sono evoluti con noi e lottano costantemente come noi per conquistare il loro spazio dove possono nutrirsi e riprodursi. La scienza ha mostrato che questi batteri buoni aiutano il nostro sistema immunitario e il Covid 19 ci ha fatto capire quanto questo aiuto sia importante.

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