Cellule staminali, una riserva per la salute

Autore: Prof. Costantino Romagnoli

 

I globuli rossi

Quando si parla della donazione del cordone si fa riferimento alle cellule staminali che contiene, mentre i globuli rossi in esso contenuti vengono spesso considerati un prodotto inutile. In realtà essi possono essere impiegati per i neonati prematuri. I bimbi nati pretermine, infatti, hanno un gran bisogno di globuli rossi perché ne possiedono pochi alla nascita, vengono sottoposti a numerosi prelievi e crescono di peso molto rapidamente, tanto che il midollo osseo non riesce a produrne il numero necessario. I prematuri sono quindi soggetti ad Anemia, tanto più grave quanto più bassa è l’età gestazionale e quanto più gravi sono le condizioni cliniche del neonato. Per compensare la carenza, normalmente, si ricorre alla trasfusione di globuli rossi dell’adulto, ma questi pongono problemi perché aumentano lo stress ossidativo, favorendo lo sviluppo di gravi patologie, tra cui la Displasia broncopolmonare e la Retinopatia della prematurità. Il sangue cordonale è invece ricco di globuli rossi con emoglobina fetale e il suo utilizzo nella cura dell’Anemia dei prematuri apre nuove e interessanti prospettive per il futuro. 

Le pratiche antisettiche

Dopo il taglio del cordone, il moncone ombelicale richiede cure specifiche per cicatrizzarsi correttamente, senza correre il rischio di infezioni.
Nei Paesi in via di sviluppo, dove le infezioni del cordone e il Tetano neonatale contribuiscono all’aumento della mortalità infantile, è fortemente raccomandata l’adozione di pratiche antisettiche, come la disinfezione del cordone ombelicale con clorexidina.  Diversa è la situazione nei Paesi dotati di maggiori risorse, nei quali la pratica è condizionata dal contesto e prevede un’ampia variabilità dei comportamenti. Le pratiche più comuni per il trattamento del moncone oggi prevedono la tintura tripla (che però è inefficace sulle spore e sullo stafilococco del gruppo B), dell’alcool denaturato al 70% (che uccide rapidamente la maggior parte dei batteri ma mantiene più a lungo il moncone umido prolungandone la separazione) e degli antibiotici topici (che però non hanno effetto essiccante e devono essere associati ad altri prodotti). E, ancora, è previsto l’uso della clorexidina, che ha un basso livello di tossicità ma è scarsamente virucida, delle polveri o spray all’ossido di zinco o allume, che favoriscono una rapida essiccazione e associati con un disinfettante sono un ottimo trattamento, e del perossido di idrogeno o acqua ossigenata, un blando antisettico che rimuove piccoli detriti e tessuti necrotici, ma non è attivo su spore, virus e miceti. Sconsigliata la merebromina, un derivato organico del mercurio, dai noti effetti tossici (la “Food & Drug Administration” nel 1998 ne ha vietato la distribuzione negli Stati Uniti). Tra i vari trattamenti troviamo, infine, lo zucchero salicilato, una miscela di zucchero e acido salicilico, che rappresenta un ottimo antisettico, l’arnica e l’echinacea (che applicate dopo la disinfezione con alcool denaturato o acqua ossigenata diminuiscono i tempi di essiccazione), e l’eosina, utilizzata come disinfettante con effetti antimicotici ed antisettici. 
Una revisione di vari studi clinici indica, tuttavia, che in ambienti puliti il trattamento che più di tutti accelera la mummificazione e il distacco del moncone è quello di tenere il cordone asciutto, coperto semplicemente da una garza.


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