Autore: Dott.ssa Manuela Navacci

Ipovitaminosi e cottura dei cibi

Nei paesi industrializzati, dove raramente riscontriamo casi di denutrizione, è difficile registrare casi di avitaminosi, ma possiamo riscontrare che una larga fascia della popolazione si trova in uno stato di ipovitaminosi, a causa piuttosto di malnutrizione, uso di cibi di basso valore nutritivo e alto potere calorico. Una delle principali cause è l’abitudine di consumare frequentemente cibi cotti, conservati, non di stagione, il cui quantitativo di vitamine si è notevolmente ridotto rispetto al prodotto fresco. Durante la cottura degli alimenti infatti si deteriorano le vitamine termolabili come le vitamine del gruppo B, A ed E, mentre le vitamine idrosolubili si disperderanno nei liquidi di cottura; in particolare le verdure tagliate a pezzetti molto piccoli, con grande perdita di acqua cellulare, bollite a lungo in abbondante acqua, perdono una notevole quantità di vitamine.
Recentemente alcuni studi validati hanno confermato la capacità della vitamina C di resistere al calore e conservare in buona parte le proprietà biologiche.

Vitamina A

La vitamina A, o retinolo, è presente soprattutto negli alimenti di origine animale, la troviamo in particolare nel fegato, nel latte e nei suoi derivati, burro e formaggio e nelle uova. In molti alimenti di origine vegetale sono contenuti invece i carotenoidi, precursori della vitamina A: frutta e verdura di colore rosso, giallo e arancione (albicocche, carote, anguria, frutti di bosco, pomodori). A livello intestinale l’assorbimento del retinolo è influenzato sia dalla qualità che dalla quantità dei grassi assunti con l’alimentazione, sia dalla presenza di acidi biliari. Una dieta molto povera di grassi può quindi interferire con la disponibilità di questa preziosa vitamina.

Vitamina D

Anch’essa è una vitamina liposolubile di cui osserviamo uno stato di carenza diffuso in buona parte della popolazione. La vitamina D è considerata un para-ormone, in quanto agisce a livello del DNA, regolando l’espressione di circa tremila geni, ed essendo quindi attiva nella regolazione di molteplici vie metaboliche, tre cui la regolazione della densità ossea. La vitamina D promuove inoltre l’assorbimento del calcio a livello dell’intestino e contribuisce alla proliferazione e differenziazione cellulare, ruolo chiave nella difesa contro i tumori.
Sono state inoltre osservate importanti relazioni tra carenza di vitamina D e alterazioni del sistema immunitario e dell’umore. Nonostante il ruolo cruciale di questa vitamina nella nostra salute, fino al 75% della popolazione ne risulta carente, in particolar modo le donne in menopausa e gli anziani. Tuttavia, se per le altre vitamine le cause sono principalmente da ricercare in un’alimentazione non completa, per quanto riguarda la vitamina D dobbiamo precisare che, per raggiungere adeguati livelli di questa vitamina nel nostro corpo, basterebbe una esposizione di 15-20 minuti al giorno, di braccia e gambe alla luce del sole; in questo modo il precursore della vitamina D, ossia il 7-deidrocolesterolo, naturalmente presente nel nostro organismo, si trasforma in colecalciferolo ossia vitamina D3. Nei mesi freddi, in cui questa esposizione non fosse possibile, è possibile ricorrere all’integrazione attraverso il consumo di alimenti che ne sono ricchi, quali i pesci come il salmone, lo sgombro, le sardine o, come ben sapevano i nostri nonni, l’olio di fegato di merluzzo, e in quantità minori nei latticini e nel tuorlo dell’uovo.
Se le diete fortemente ipolipidiche possono interferire con l’assorbimento delle vitamine liposolubili, diete di esclusione, come la dieta vegana, possono determinare la carenza delle vitamine contenute principalmente negli alimenti di origine animale, quali la B12, la vitamina D, oltreché degli omega 3 a lunga catena, calcio, zinco, ferro, iodio e proteine.
Alcuni studi correlano valori ottimali di vitamina D, da da 30 a 100 nanogrammi per millilitro di sangue, ad un efficace controllo del peso corporeo. La vitamina D infatti regola la produzione di leptina, ormone che invia segnali di sazietà nei centri ipotalamici; migliorando il tono dell’umore, aiuta a combattere la fame nervosa, aumenta i livelli di testosterone, influenzando positivamente l’accrescimento e il mantenimento della massa muscolare.