Dolori diffusi ai muscoli e alle articolazioni, stanchezza cronica, sonno non riposante, spesso accompagnati da stati di ansia, alterazioni dell’umore o depressione vera e propria: ecco la situazione che si trova ad affrontare ogni giorno il Paziente affetto da Fibromialgia.
Una malattia multifattoriale
Questa subdola malattia reumatica insorge prevalentemente nelle donne tra i 30 e i 50 anni e, nonostante sia relativamente frequente (ne soffre il 3,5 % della popolazione femminile, e il 20% dei Pazienti reumatologici), si stima che in 3 casi su 4 non venga correttamente diagnosticata.
Da dove arrivi e come si sviluppi, ad oggi non è possibile dirlo con certezza. Come tutte le malattie definite “multifattoriali”, sembrerebbe essere causata da una sfavorevole combinazione di fattori genetici, neurobiologici, comportamentali e psicologici.
Tuttavia, negli ultimi anni, un grande lavoro di studio e ricerca è stato fatto per comprendere meglio i meccanismi del dolore cronico, che rappresenta il quadro clinico prevalente nel Paziente fibromialgico.
La percezione del dolore
Questi studi hanno permesso di spiegare meglio come avviene la percezione del dolore nell’individuo sano, e come questo meccanismo sia alterato nei soggetti con dolore cronico. In una condizione fisiologica, quando il corpo riceve uno stimolo potenzialmente doloroso (ad esempio quando si tocca una pentola bollente), questa stimolazione viene recepita a livello periferico dalle terminazioni nervose nella mano, quindi trasmessa al sistema nervoso centrale (cervello). È il cervello che decide se quello stimolo è dolore, combinando l’informazione ricevuta dal nervo periferico con una serie di altre informazioni (esperienza, situazione in cui ci si trova, ecc.). Questo è il motivo per cui, a parità di stimolo (pentola che scotta), una persona potrebbe sentire dolore e allontanare la mano, mentre il cuoco indaffarato in cucina riesce a mantenere la presa sulla pentola.
Nel Paziente fibromialgico, i meccanismi di elaborazione del dolore a livello cerebrale si sono dimostrati alterati. A parità di stimolo, questi soggetti sono più sensibili e meno in grado di “filtrare” le informazioni che arrivano dalla periferia. L’ipersensibilità neurobiologica tende inoltre ad aumentare in condizioni particolari, ad esempio in presenza di stress o stati emotivi alterati, facendo sì che i Pazienti sperimentino più spesso situazioni di dolore, anche in assenza di stimoli dolorosi veri e propri.
Queste nuove conoscenze hanno suggerito approcci terapeutici mirati per il trattamento della Fibromialgia. In particolare, mentre l’utilizzo di farmaci ad azione antidolorifica locale risulta spesso inefficace, alcuni effetti favorevoli sono stati visti tramite l’impiego di sostanze che agiscono sul sistema nervoso centrale, quali antidepressivi, antiepilettici, e cannabinoidi. Tuttavia, data la multifattorialità della malattia, l’approccio integrato di terapia farmacologica, psicologica e fisica costituisce la pratica medica di eccellenza in questa popolazione clinica.
Terapia fisica per la Fibromialgia
Nel 2015 l’European League Against Reumathism (EULAR) ha pubblicato una revisione delle migliori evidenze esistenti sul trattamento della Fibromialgia, raccomandando fortemente l’esercizio motorio per i suoi effetti positivi sul dolore, sulla capacità di movimento e sul mantenimento della funzionalità nelle attività della vita quotidiana. In particolare, l’attività fisica (sia di tonificazione che aerobica) nei Pazienti fibromialgici è stata associata ad un miglioramento del dolore percepito e di altri sintomi, quali i disturbi del sonno, la fatica e la rigidità mattutina.
Esercizio fisico costante
Quale attività motoria è maggiormente indicata in presenza di Fibromialgia? Le evidenze scientifiche disponibili suggeriscono che l’efficacia dell’allenamento dipenda più dalla costanza con cui ci si allena, piuttosto che dalla specifica tipologia di esercizio.
In altre parole, i maggiori benefici li avranno quei Pazienti che inseriranno l’esercizio fisico nella routine della loro settimana come una buona abitudine, piuttosto che come un’attività occasionale svolta in un periodo limitato. Per questo è importante scegliere l’attività in base ai propri gusti e inclinazioni, in contesti che motivino e favoriscano il suo svolgimento per lunghi periodi di tempo. A questo scopo, un buon suggerimento è quello di trovare un’attività da svolgere in gruppo, idealmente con persone che condividono le stesse problematiche di salute: la forza del gruppo, la condivisione di difficoltà e successi si dimostreranno un’ottima arma per sostenere nel tempo l’impegno necessario all’allenamento.
Un trainer di fiducia
Un’altra considerazione importante riguarda la scelta della persona da cui farsi guidare durante l’attività motoria. Le ricerche evidenziano che quasi la metà dei soggetti fibromialgici, a causa della loro suscettibilità al dolore, abbiano paura del movimento, e tendano quindi a muoversi di meno, quando invece dovrebbero muoversi di più. Questa paura, seppur comprensibile, non è però giustificata da un’effettivo maggiore rischio di incorrere in danni o lesioni articolari o muscolari durante l’attività fisica; dunque limitarsi nel movimento diventa inutile, oltre che controindicato. Il consiglio, per superare la barriera della paura, è quello di mettersi in un contesto che faccia sentire sicuri, accolti e presi in carico; che si tratti di un gruppo, o di sessioni singole, o ancora di un programma di esercizi fatti a casa, è importante essere guidati da un trainer di cui ci fidiamo, come un Fisioterapista o un laureato in Scienze motorie esperto nel trattare questa patologia.
Il programma
In generale, un buon programma di allenamento nel Paziente fibromialgico, idealmente strutturato su misura, dovrebbe prevedere delle sessioni bisettimanali di circa un’ora, da svolgere per non meno di sei settimane. Ogni sessione dovrebbe comprendere:
- riscaldamento con esercizi respiratori e di autoconsapevolezza;
- esercizi di stretching e mobilità colonna e arti;
- rinforzo dei grandi gruppi muscolari, con enfasi su torace e arti inferiori;
- training aerobico progressivo.
Gli esercizi
Vediamo qualche esempio:
- In piedi, ad occhi chiusi: rivolgere l’attenzione verso l’interno, sul sé, per ascoltare come ci si sente nel momento, nel “qui e ora”. Percepire il proprio corpo nella sua interezza, partendo dalla posizione dei piedi, percepire l’appoggio, la posizione delle ginocchia, il tono dei muscoli delle gambe, la posizione del bacino, la distensione della colonna vertebrale, la fatica sulla schiena, il peso della gravità sulle spalle e sulle braccia, la posizione del collo e della testa. Mantenendo questa concentrazione, rivolgere l’attenzione al proprio respiro, senza modificarlo, ma solo ascoltandolo. Percepire se il respiro si concentra sulle spalle, sul torace o sull’addome; e lentamente lasciare che diventi più ampio e più profondo, continuando a respirare lentamente e profondamente per almeno 10 volte.
- Continuando a respirare lentamente e profondamente, associare alla respirazione dei movimenti di allungamento delle braccia e del torace: in inspirazione, le braccia si sollevano tese verso l’alto e il torace si espande; in espirazione, le braccia si abbassano e il torace si svuota. Ripetere per 5 respiri, quindi aprire gli occhi e cominciare lentamente a muovere il corpo ruotando su se stessi a destra e a sinistra, come se volessimo guardare dietro di noi: partire ruotando solo la testa e il collo, quindi coinvolgendo le spalle e il torace, poi successivamente le anche e le gambe, con un movimento via via più ampio, come lo “swing” di un giocatore di golf. Dopo aver ripetuto le rotazioni per circa 5 volte, lentamente ridurre l’ampiezza della rotazione, fino a tornare nella posizione iniziale.
- Rimanendo in piedi, controllando di avere i piedi paralleli un po’ più stretti del bacino e la schiena dritta e allungata, eseguire un piegamento sulle ginocchia come se volessimo sederci su uno sgabello basso dietro di noi. Mantenere quindi la posizione accovacciata (“squat”) per circa 5 secondi, per sentire l’attività muscolare intensa sulle cosce e sui glutei, quindi ritornare alla posizione iniziale, e ripetere l’esercizio di tonificazione delle gambe per 10 volte.
- Proseguire eseguendo una serie di affondi alternati, facendo un passo avanti e un piegamento con il ginocchio a terra, ponendo attenzione a mantenere la schiena dritta e allineata e il peso su entrambe le gambe. Ripetere 5 volte per ogni gamba.
- Per il rinforzo addominale, sedersi a terra, con le gambe tese leggermente divaricate, la schiena dritta e le braccia tese davanti a noi. Da questa posizione, in espirazione scendere progressivamente indietro curvando la schiena e appoggiando una vertebra alla volta al pavimento, fino a trovarsi completamente sdraiati. Inspirare, quindi di nuovo espirando risalire progerssivamente sollevando la testa, il mento, le spalle e staccando dal pavimento la schiena una vertebra alla volta.
- Concludere l’allenamento con 30 minuti di camminata sostenuta, su tapis roulant o, meglio ancora, facendo una passeggiata all’aria aperta.