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Clima, l’importanza degli accordi

Autore: intervista al Prof. Giampiero Maracchi di Antonella Ciana

 A 30 anni dal Protocollo di Montreal si festeggia la sua efficacia sul buco dell’ozono, invece i problemi del clima si sono aggravati pericolosamente 

Professor Maracchi, prima di tutto ci spieghi cos’è l’ozono e quale ruolo gioca...

L’ozono è un gas: sono tre molecole di ossigeno (O3) che bloccano una parte della radiazione ultravioletta solare. Lo spettro solare è fatto di tante componenti di cui una è, appunto, l’ultravioletto: l’ozono si trova grosso modo dai 20 ai 30 km di quota e il suo strato impedisce all’ultravioletto di passare nell’atmosfera “bassa”, ovvero la troposfera, che è quella che ci interessa. Se l’ozono diminuisce, l’ultravioletto attraversa in eccesso l’atmosfera nella zona della stratosfera, il che può creare dei problemi, in particolare per quanto riguarda i tumori della pelle e le sue alterazioni. Questo strato ha subìto, nel tempo, delle variazioni per cause naturali, ma a partire dagli anni ’70 se ne è cominciato a parlare dopo aver scoperto che lo strato si era assottigliato ulteriormente non più per cause solo naturali, bensì per effetto dell’uomo. Si scoprì poi che alcuni gas comunemente usati negli anni ‘70,in specie i clorofluorocarburi (CFC), sostanzialmente distruggevano l’ozono. I CFC venivano usati in vario modo, dalle bombolette spray per i capelli agli impianti di refrigerazione dei frigoriferi: quando andavano in alta atmosfera, le loro molecole facevano sì che lo strato dell’ozono si riducesse e, quindi, aumentasse la quantità di radiazioni che arrivava alla superficie terrestre. Si tratta però, sottolineo, di problemi che colpiscono l’uomo e gli animali, e non di problemi che incidono a livello climatico.

È quindi un errore ritenere l’ozono come un gas che abbia effetti sul clima?

Sì, decisamente! Spesso si tende a fare confusione tra buco dell’ozono ed effetto serra, ma è importante capire che l’ozono agisce solo da filtro alle radiazioni ultraviolette, quindi la sua mancanza incide solamente sull’uomo e nulla c’entra coi mutamenti climatici. Questi ultimi dipendono invece da altre situazioni, in specie da componenti come i gas cosiddetti “a effetto serra”, tra cui l’anidride carbonica (CO2), il protossido di azoto (N2O) e il metano (CH4). Sono questi ultimi a provocare l’effetto serra, ovvero il riscaldamento del pianeta, e non hanno nulla a che fare con l’ozono. L’effetto serra, peraltro, è un principio naturale, tanto è vero che il nostro Pianeta vive proprio grazie ad esso, riferito alla capacità di trattenere nella propria atmosfera una parte del calore proveniente dal Sole, ciò che ha reso possibile lo sviluppo della vita sulla Terra regolandone l’equilibrio termico. Si tratta di un bilancio radiativo: i raggi solari che passano attraverso l’atmosfera tornano indietro perché, se così non fosse, la Terra sarebbe caldissima e in 5 miliardi di anni avrebbe preso fuoco. I gas serra servono dunque alla regolazione termica della Terra, mitigandone la temperatura atmosferica e isolandola parzialmente dalle forti escursioni termiche cui sarebbe soggetta in loro assenza. La Terra può essere quindi intesa come la serra, mentre i vetri sono i gas presenti nell’atmosfera: con l’effetto serra accade che parte delle radiazioni solari (che, una volta entrate in atmosfera, rimbalzano sulla superficie terrestre per tornare nello spazio sotto forma di raggi infrarossi) viene invece bloccata da gas come l’anidride carbonica e altri cosiddetti appunto “a effetto serra”. Così come in una serra d’inverno fa più caldo che all’esterno perché l’ambiente si scalda ma non si raffredda, lo stesso avviene per la Terra, che si surriscalda sotto l’atmosfera.

Colpa dell’uomo?

Indubbiamente. Le attività dell’uomo stanno facendo aumentare in maniera indiscriminata i gas serra, provocando così un riscaldamento della Terra. In particolare per colpa dell’anidride carbonica, che è dovuta a tutte le combustioni (si pensi che in cento anni abbiamo bruciato l’energia fossile che si era accumulata in milioni di anni!), degli ossidi di azoto (dovuti in parte alle emissioni dei fertilizzanti) e del metano. Questi gas hanno lo stesso effetto di un vetro e, quindi, fanno riscaldare il Pianeta, con conseguenze molto pesanti che paghiamo e vediamo anche nel nostro Paese. Questo fenomeno, tra l’altro, in parte riscalda il territorio del pianeta, in parte ne riscalda gli oceani, e gli oceani sono la base della “macchina del clima”. Noi risentiamo dei suoi effetti attraverso gli eventi estremi, eventi che c’erano anche in passato ma la cui frequenza è aumentata moltissimo. Per fare un esempio, le piogge intense che in Toscana negli ultimi 20 anni sono state quasi ogni due anni, un tempo si verificavano una volta ogni 20 anni. Perdurando la situazione attuale, un raddoppio delle concentrazioni di anidride carbonica comporterà un aumento della temperatura globale pari a 1-3,5° entro il prossimo secolo, con tutte le conseguenze e le ripercussioni negative sul clima cui stiamo già assistendo, come appunto gli eventi estremi sempre più frequenti.


Come la mancanza di pioggia, che non è più ormai sinonimo di “bel tempo”...

Appunto. E pensiamo alla frequenza e all’intensità degli uragani che coinvolgono diverse zone del mondo, oltre agli eventi estremi che abbiamo anche in Italia, come le piogge sopra i 300 mm, che in passato erano molto rare (succedevano ogni 30 anni!) e che ora invece investono molte località italiane anche tutti gli anni. Sono piogge inutili, oltretutto, perché se ne vanno completamente tutte insieme: dato che i terreni italiani sono in genere in gran parte a composizione argillosa e hanno una capacità d’infiltrazione di pochi mm l’ora, e dato che questo tipo di piogge ha una capacità di infiltrazione di pochi mm l’ora, ne consegue che se, per esempio, piovono 20 mm in un’ora, 18 se ne vanno e non vengono assorbiti dal terreno, andando altresì a finire direttamente nei fiumi e nel mare, e quindi si tratta di acqua non disponibile nelle falde. È la ragione della siccità che abbiamo avuto nell’estate scorsa e che, purtroppo, mi sembra di veder riaffacciarsi anche per il 2018, poiché continua a non piovere. E siccome le falde dei fiumi si riforniscono d’autunno (tanto è vero che proprio in base a questi presupposti a febbraio scorso “pronosticai” un’estate disastrosa, e così è stato), si capisce come l’essere contenti del “bel tempo” sia un controsenso, perché invece ci vuole l’acqua! L’insieme di due fenomeni ormai ricorrenti, la siccità invernale e le ondate di calore estive, crea un problema di disponibilità idrica specialmente nel Nord Italia, dove il modello di agricoltura si basa su colture irrigue, fortemente penalizzate dalla mancanza di acqua. Si pensi che addirittura colture tradizionalmente tipiche dell’area mediterranea (che da sempre è un’area, specialmente nelle regioni meridionali, siccitosa) come la vite e l’olivo, quest’anno hanno una riduzione di produzione dal 30 al 50%. E tutto ciò anche se queste piante - l’olivo in particolare - hanno dei meccanismi che bloccano la traspirazione, quindi consumano poca acqua; la vite peraltro ha radici molto profonde e va a prendere l’acqua in profondità. Ciò nonostante, viti e olivi hanno sofferto tantissimo, con riduzioni importanti di produzione e, quindi, con una ricaduta anche dal punto di vista economico.

Tornando al Protocollo di Montreal, è stato efficace contro il buco dell’ozono?

Nel 1987, preso atto delle rilevazioni scientifiche, si sono date indicazioni obbligatorie alle industrie, come ad esempio la sostituzione dei CFC con altri gas privi di questo tipo di effetti sull’ozono. Questo ha avuto successo, visto che in effetti ha portato a ricreare lo strato dell’ozono, pur in presenza di altre molecole (come il diclorometano) che si combinano con esso e l’aumento di una serie di processi industriali che potrebbero ritardare la “riparazione del buco”. Oggi la situazione è abbastanza tranquilla e l’ultravioletto che arriva è dovuto in gran parte a cause naturali (pre-rivoluzione industriale). Entro 30 anni il danno sarà riparato, salvo naturalmente rivedere i gas dannosi. Tengo a dire, però, che gli ultravioletti che ci arrivano, pur se in quantità normali, sono comunque pericolosi: spesso si pensa all’ozono come a una sorta di “protezione solare” che ci consente di trascorrere intere giornate al sole senza altre protezioni e a qualsiasi ora. Non è così, tanto è vero che sono sempre più diffuse tabelle specifiche che evidenziano (a seconda delle condizioni meteorologiche) la condizione degli ultravioletti secondo una precisa scala di valori. E sopra determinati valori bisogna sempre usare delle creme protettive, evitando al tempo stesso l’esposizione in determinati orari.

Perché invece contro l’effetto serra non ci sono ancora accordi efficaci?

Non c’è da meravigliarsi: sono 25 anni che diciamo che il clima è cambiato completamente. Ce ne saremmo dovuti preoccupare negli anni ‘90, ma nonostante le conferenze e gli appuntamenti tra i Big della Terra si continua a sbagliare. Diciamo che sta venendo sempre più allo scoperto, anche dopo le ultime conferenze di Copenhagen e Durban, la necessità di cambiare complessivamente il modello economico, che vuol dire meno combustibili, meno trasporti, sì ai prodotti locali e non a quelli che fanno migliaia e migliaia di km. Se però i Grandi della Terra traccheggiano, molto potrebbe fare ciascuno di noi: consumare frutta e verdura di stagione, usare poco l’auto e non pretendere di stare in maglietta in casa a Natale... anche questo significa voler bene all’ambiente.

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