Il cambiamento del clima rappresenta la più grande minaccia globale per la salute a livello mondiale e accentuerà su scala globale le disuguaglianze di salute, ripercuotendosi soprattutto sulle comunità più deprivate che contribuiscono alla sua genesi in maniera solo marginale.
Sono già diversi anni che l’Intergovernmental Panel On Climate Change (IPCC), il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, mette a disposizione di tutti i governi informazioni scientifiche chiare e dettagliate sullo stato delle conoscenze sul cambiamento climatico e sui suoi effetti. Nel Report del 2018 i richiami sono diventati allarmanti sull’insufficienza degli sforzi sino ad ora compiuti a livello globale e sull’urgente necessità di contenere l’incremento della temperatura globale entro 1,5°C attraverso azioni rapide e di vasta portata. Abbiamo solo pochi decenni prima che si verifichino conseguenze gravissime e potenzialmente irreversibili.
Da cosa dipende il cambiamento del clima?
C’è accordo generale da parte del mondo scientifico e ci sono prove sufficienti per affermare che le attività umane sono responsabili del 95% dei cambiamenti in atto (ONU 2014) e che le principali cause del riscaldamento globale sono la deforestazione e la combustione di combustibili fossili.
Le principali sostanze che causano il cosiddetto effetto serra sono le stesse che determinano l’inquinamento dell’aria e che provengono da attività umane come il riscaldamento/raffrescamento degli edifici, la mobilità su ruota o in aereo, gli allevamenti intensivi, l’agricoltura intensiva basata sull’uso di prodotti chimici, nonché combustione di rifiuti, biomasse ed emissioni industriali.
I cambiamenti climatici, a loro volta, implicano modifiche del regime dei venti, della temperatura, delle precipitazioni, della turbolenza e dell’altezza di rimescolamento, della radiazione solare e, quindi, dei processi di dispersione, trasformazione e formazione degli inquinanti dell’aria. In poche parole aggravano il fenomeno dell’inquinamento atmosferico che poi genera i cambiamenti del clima, si tratta quindi di un circolo vizioso.
Le sostanze sotto accusa
Le sostanze che contribuiscono a produrre alterazioni a livello globale del clima sono l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O) e i gas fluorurati (come idrofluorocarburi e perfluorocarburi), l’ozono (O3) e le sostanze particolate. Altre sostanze come gli ossidi d’azoto (NOx), il monossido di carbonio (CO) e i composti organici volatili non metanici (COVNM) sono dei precursori delle sostanze principali.
Da queste conoscenze si può dedurre che è necessario eliminare fin da subito le fonti fossili (petrolio, carbone, pet-coke) e non puntare sul metano come sostituto ma direttamente sulle fonti rinnovabili (sole, vento, geotermico, idroelettrico).
Gli effetti già in atto
Le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera hanno raggiunto i più alti livelli in 800mila anni e resta poco tempo per riuscire a mantenere l’aumento della temperatura entro i 2°C: questa è la sintesi del rapporto IPCC del 2014. Inoltre il Rapporto riporta che:
- i trent’anni tra il 1983 e il 2012 sono stati probabilmente i più caldi degli ultimi 1.400 anni (la superficie della Terra e degli oceani è aumentata di 0,85°C);
- gli oceani si sono riscaldati, assorbendo oltre il 90% dell’energia supplementare accumulata nel sistema climatico dal 1971 al 2010;
- gli effetti del riscaldamento sono già visibili in tutto il pianeta, nell’acidificazione degli oceani, nello scioglimento dei ghiacci artici e nella minor resa dei raccolti in molte regioni;
- la deglaciazione prosegue in tutto il mondo, con perdite di massa glaciale molto probabilmente quantificabili in circa 275 miliardi di tonnellate di acqua equivalente all’anno (oltre 7 volte il volume del Lago Maggiore) nel periodo 1993-2009;
- i livelli oceanici sono cresciuti, con il concorso anche della dilatazione termica dell’acqua, via via più calda, di circa 19 cm dal 1901 al 2010.
La situazione in Italia
Secondo un recente rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità riferito all’Italia, l’impatto dei cambiamenti climatici nel nostro Paese è più grave che altrove e sta aggravando le conseguenze derivanti da croniche deficienze infrastrutturali, da inquinamento industriale e dalle caratteristiche idro-geologiche e di vulnerabilità sismica, proprie di questa area geografica.
Le temperature in aumento, l’erosione costiera, le inondazioni e la siccità possono portare alla scarsità dell’acqua (ricordiamo infatti che, nel 2017, 6 su 20 regioni hanno invitato il governo a dichiarare lo stato di emergenza a causa di stress idrico). Lo stress idrico potrebbe anche portare a una riduzione della produzione di agricoltura, a maggiore rischio di incendi boschivi, ad aumento della desertificazione e potrebbe minacciare il progresso economico.
Inoltre, i cambiamenti climatici incidono sulla qualità dell’aria, in particolare in contesti urbani, e possono portare a cambiamenti nella distribuzione di flora e fauna che degradano la biodiversità. Esiste anche un rischio concreto che riemergano malattie prima endemiche o che si manifestino malattie esotiche trasmissibili come, ad esempio, Dengue, Chikungunya, Zika, Febbre di Congo-Crimea e Febbre del Nilo.
I provvedimenti più urgenti
Gli scenari previsti dal Rapporto IPCC dipendono da modelli economici e sociali proiettati su scala mondiale. Quelli con forte crescita economica non permettono significative riduzioni di gas serra, mentre un’evoluzione verso un nuovo modello economico e sociale orientato verso un’economia di informazione e servizi, con una riduzione del consumo dei materiali e l’introduzione di tecnologie per le risorse efficienti e pulite, può permettere un contenimento della crescita di gas serra e della temperatura globale.
Per contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C, le emissioni di CO2 derivanti da attività umane dovranno azzerarsi entro il 2050, con una riduzione di almeno il 45% rispetto ai valori del 2010 già entro il 2030.
Cosa possono fare i governi
Le previsioni consentono di affermare che, anche nelle ipotesi più favorevoli, ci saranno rilevanti impatti ambientali, sanitari ed economici. Per questo è necessario che i governi assumano decisioni radicali e coraggiose. Occorre dunque:
- accelerare la conversione già in atto verso le fonti energetiche rinnovabili e bloccando ovunque le estrazioni e l’uso dei combustibili fossili;
- ridurre i rifiuti e gli imballaggi;
- favorire la riconversione degli stabilimenti produttivi più inquinanti e ridurre tutti i limiti alle emissioni;
- bloccare qualsiasi consumo di nuovo suolo e incrementare il verde urbano;
- favorire e sostenere la riconversione dell’agricoltura basata sull’uso di prodotti chimici verso un’agricoltura agro-ecologica che aiuti a mantenere le qualità dei terreni;
- mettere in sicurezza le falde idriche, i corpi d’acqua superficiali e la rete acquedottistica nazionale attraverso la sua ricostruzione;
- investire in un Piano nazionale di grandi opere per migliorare il trasporto pubblico locale, la pedonalità e la ciclabilità di tutte le città e le linee ferroviarie, limitando il più possibile il traffico aereo;
- potenziare i piani di allarme, prevenzione e monitoraggio.
Cosa possiamo fare noi
Sono numerosi gli accorgimenti che possiamo adottare per migliorare la qualità ambientale. Non compriamo oggetti monouso (come cannucce, bastoncini per le orecchie, piatti e stoviglie di plastiche, alimenti già confezionati) e cerchiamo negozi che vendano i prodotti sfusi; riduciamo drasticamente l’uso di detersivi: l’aceto, il limone, il sapone fatto in caso sono validi sostituti; acquistiamo prodotti a basso contenuto di solventi e non utilizziamo profumi, candele profumate e altri deodoranti per la casa; acquistiamo prodotti biologici a filiera corta; riduciamo drasticamente o eliminiamo il consumo di carne o almeno non mangiamo animali d’allevamento; usiamo l’acqua e l’energia in maniera consapevole: è enorme il risparmio (anche economico) che si ottiene isolando la propria abitazione oppure spegnendo la luce quando si esce dalle stanze o tenendo il riscaldamento non troppo alto; riduciamo in generale i consumi inutili, riduciamo i rifiuti (molti oggetti che non ci servono più possono essere regalati/scambiati o venduti); camminiamo di più e spostiamoci preferibilmente in bicicletta, utilizzando l’auto solo se necessario.
Si tratta di misure utilissime anche alla salute, una vera prevenzione primaria delle malattie e un contributo al rallentamento del cambiamento climatico.