Non si può parlare di Ecologia senza riconoscere in primo luogo che su tutti i temi che ci hanno interessato negli anni scorsi la criticità della situazione è in aumento. Per rispondere alla banale ma al tempo stesso drammatica domanda sul “che fare” non si può che partire da un tentativo di analisi della situazione globale, argomento ampiamente dibattuto in occasione del Congresso “Cosa fare. Il Degrado Ambientale e le Minacce per la Salute”, tenutosi per celebrare il Ventennale della Fondazione della Società Internazionale Medici per L’Ambiente (ISDE).
Iperproduzione e sprechi
Una possibile interpretazione delle radici profonde della crisi che stravolge il pianeta è che la situazione è stata in larga misura determinata da una produzione di merci in quantità progressivamente eccessiva rispetto ai bisogni e alle disponibilità economiche della popolazione mondiale: chi può acquistare è saturo di prodotti e chi avrebbe bisogno di merci è povero. Si può banalmente ammettere che c’è un eccesso di produzione di auto, telefonini, elettrodomestici e cibo, che c’è uno spreco di energia e la difesa ad oltranza dell’uso del petrolio e delle altre fonti fossili di energia. Questa situazione di iperproduzione e di sprechi è il risultato della competizione sfrenata fra i produttori di merci, i quali tendono a produrre e vendere molto a prezzi più bassi possibili, con la conseguenza che si riduce la qualità dei prodotti o si sacrifica la sicurezza e la retribuzione dei lavoratori trascurando ovviamente le spese per ridurre gli effetti dannosi delle attività produttive sulla salute e sull’ambiente.
Un’altra via seguita dai grandi produttori internazionali è quella di costruire merci altamente sofisticate e costose, largamente inutili, ma imposte da imbonimento degli acquirenti attraverso la pubblicità, stili di vita o attraverso la corruzione degli enti decisori. È evidente che questa competizione su questioni che concernono enormi interessi economici genera vere e proprie guerre commerciali per la conquista delle risorse senza esclusione di colpi.
Ripercussioni sulla natalità
L’esito di questa immane competizione mondiale non può comportare la vittoria di tutti: alcuni Paesi non riusciranno infatti a superare la cosiddetta crisi attuale. Già da ora ciò si riflette in molte componenti sociali, inclusa la natalità generale della nostra popolazione. Semplificando al massimo si può dire che il problema demografico consiste nell’assioma: se un Paese ha un indice di natalità di 10 e un altro Paese ne ha uno di 40, la popolazione del primo Paese diminuisce, forse di poco, e quella del secondo aumenta, forse di poco: ma è importante sottolineare che nel primo Paese la composizione demografica sarà caratterizzata da un aumento degli anziani e quella del secondo Paese da un forte incremento di giovani. Poiché in Italia si ha un indice di natalità molto basso e un numero di anziani in forte aumento, viene spontanea la domanda: chi pagherà le pensioni per i cittadini che oggi hanno 50 o 40 anni? E cosa succederà alle generazioni successive?
Trovare soluzioni efficaci
Se questa è la situazione attuale è difficile immaginare soluzioni facili. Una linea di pensiero è quella che viene continuamente ribadita dagli economisti e dai nostri governanti: si deve “crescere”, cioè occorre aumentare la competitività nei confronti di popoli che sono nostri concorrenti, si deve essere migliori di loro nella qualità dei prodotti e nel loro costo, nelle capacità di fare impresa così da imporre le nostri merci, attirare capitali e incrementare il turismo. Purtroppo però, data la scarsissima disponibilità di risorse economiche e considerata la situazione sociale caratterizzata da inefficienza, burocratizzazione e corruzione, nel nostro Paese questo tipo di strategia difficilmente potrà avere rapido successo e permettere così di disporre di mezzi per curare e risanare l’ambiente, investire per l’educazione dei giovani, fare opera di prevenzione delle malattie e migliorare la qualità della vita. Vediamo quindi nello specifico come è possibile attivarsi efficacemente per tutelare l’ambiente e quindi proteggere la nostra salute.
Partecipazione e trasparenza
In Italia la situazione generale si sta deteriorando, connotata da disoccupazione e povertà in aumento e ciò viene percepito come risultato della scarsa efficienza della macchina pubblica e dell’aumento della corruzione. Questa situazione sociale è la principale, se non unica, forza in grado di imporre un cambiamento quale noi auspichiamo: la contrapposizione fra gli interessi grandi e pervasivi della Finanza e dell’Industria e l’impellente esigenza che adeguate attenzioni e risorse vengano dedicate alla salvaguardia dell’ambiente, cardine ed essenza della cura, del benessere e della salute dei cittadini. Il mezzo per raggiungere questi obiettivi deve essere primariamente la richiesta di trasparenza, legalità e razionale applicazione delle regole e dei controlli. Ciò implica un concetto di pretesa dell’onestà privata e collettiva.
Produrre beni utili
Bisogna riconoscere che, anche se è vero che ciascuno è responsabile della propria persona e della propria salute mediante l’attuazione di corretti stili di vita, è anche vero che la società nel suo insieme deve offrire a ciascuno un ambiente salubre, efficienza di servizi e occasioni di lavoro, con lo scopo di tutelare i singoli individui. Occorre far sì che l’industria sia condizionata a produrre beni, cioè oggetti che sono utili e che adempiono alla funzione di facilitare la vita di ciascun individuo. Si tende invece oggi a produrre merci, cioè prodotti che occupano uno spazio temporale limitato per essere poi sostituiti da oggetti identici o solo apparentemente diversi che vengono imposti alla gente attraverso mezzi pubblicitari o di convinzione occulta: questa strategia è indubbiamente utile per aumentare il PIL ma rappresenta uno spreco non sostenibile a livello locale e globale.
Energia rinnovabile e cibi biologici
Occorre pretendere che si produca energia rinnovabile e non si faciliti l’uso di energia prodotta con risorse fossili. Gli impianti di produzione dell’energia esistenti in Italia hanno capacità di fornitura doppia rispetto alle massime richieste del mercato, ma gli imprenditori continuano a chiedere, e le amministrazioni locali a concedere, licenze per impianti che producono energia bruciando e perciò inquinando.
Si devono infine produrre cibi con metodi biologici che tutelino la qualità degli stessi e la biodiversità con la progressiva rapida abolizione di tutti i fitofarmaci usati in agricoltura.