Stampa questa pagina

OGM, i motivi del no

Autore: Prof. Marcello BuiattiAntonella Ciana

Gli Organismi Geneticamente Modificati violano la Legge del seme, che si basa sulla Biodiversità e sull’adattamento

Il seme è il primo anello della catena alimentare e rappresenta millenni di evoluzione e migliaia di anni di selezione da parte degli agricoltori. È l’espressione dell’intelligenza della terra e delle comunità agricole nel corso dei secoli. Le leggi ecologiche e biologiche del seme attingono non solo dalle leggi basate sulla Biodiversità e sull’adattamento, ma anche dai principi della giurisprudenza dei diritti umani, dei beni pubblici e dei beni comuni. Purtroppo, la normativa oggi dominante legata al seme è in totale violazione della Legge del seme e dei processi democratici con nessun fondamento nella giurisprudenza o nella scienza, argomento di cui parliamo con il Professor Marcello Buiatti, Ordinario di Genetica ed Evoluzione dei comportamenti all’Università di Firenze. 

Cosa c’è realmente dietro agli Organismi Geneticamente Modificati?

Prima di tutto tengo a sottolineare che in Italia non ci si limita a dividersi fra amanti e nemici degli OGM per partito preso; il quadro è infatti più ampio e tratta non solo dei pericoli per la salute umana, ma anche della ideologia che è alla base della Ingegneria Genetica (questo è il vero nome) e degli effetti degli OGM sulle agricolture dal punto di vista economico, sociale ed ecologico. L’ideologia che sta alla base dell’ingegneria genetica delle piante inizia al tempo della cosiddetta “rivoluzione verde”, un immenso progetto lanciato dalla FAO negli anni ’60 del secolo scorso. Quel progetto, fortemente finanziato, puntava alla riduzione della fame nel Mondo mediante la selezione di piante e animali ad alti livelli produttivi, e quindi alla loro “ottimizzazione” sulla base di un concetto lanciato da un selezionatore scozzese di nome Donald. Questo signore, senz’altro in buona fede, pensava che piante e animali fossero costituiti da pezzi indipendenti, come le automobili o altre macchine, sulla base del concetto della “sostanziale equivalenza” dei viventi con gli oggetti meccanici. Su questa base, quindi, Donald pensava che, come avviene per le automobili, anche per gli esseri viventi si dovesse puntare alla “ottimizzazione” e, quindi, alla costruzione di varietà di piante e razze di animali costituite da organismi tutti uguali e “migliori” in qualsiasi ambiente fossero allevati.

Quindi cosa proponeva di fare?

Donald proponeva che si dovessero ottimizzare studiando uno per uno a tavolino i singoli componenti di piante e animali di uso agricolo, proprio come si farebbe in una macchina con i pezzi indipendenti che la compongono. Per i bovini ad esempio si pensava di selezionare razze ad alta produzione di carne e di latte e, al tempo stesso, con la forza per trainare gli attrezzi agricoli, ottenendo bovini ottimi in tutto in ogni ambiente agricolo. Lo stesso valeva per le piante, per cui il mais doveva essere alto e grande, fare pannocchie enormi con moltissimi semi ecc. Su questa base furono costruiti grandi laboratori di ricerca in molti Paesi del mondo in cui si selezionavano varietà delle piante più importanti per la sopravvivenza umana. La cosiddetta “rivoluzione verde” ebbe inizialmente successi notevoli soprattutto in America latina e in India, ma molto meno in Africa, dove mancavano i soldi per comprare la Chimica e la Meccanica che l’Agricoltura “moderna” richiedeva. I selezionatori produssero migliaia di nuove varietà, tutte omogenee al loro interno e brevettate con il sistema UPOV (Unione Internazionale per la Protezione delle Nuove Varietà di Piante) per cui chi le utilizzava doveva pagare i semi la prima volta ma era libero di usare quelli delle generazioni successive e di incrociarle e selezionarle, producendo per conto proprio nuove varietà da immettere sul mercato. Quindi, per produrre bene in diverse situazioni si ricorse alla Chimica e alla Meccanica, con costi non indifferenti nei Paesi in via di Sviluppo. Fu così che la “rivoluzione verde”, dopo un successo iniziale che ha ridotto gli affamati del Mondo dai 918 milioni del 1970 ai 780 nel 1995, li fece poi risalire a oltre 800 in pochi anni e sono attualmente più di un miliardo e cento milioni. Non solo, ma la ricerca della purezza varietale ha determinato una perdita del 75% della variabilità esistente prima della “rivoluzione”, in particolare adesso, per via della accelerazione del cambiamento climatico che modifica le temperature, riduce l’acqua disponibile, aumenta la concentrazione di sali e produce la migrazione di parassiti in ambienti mai prima infestati.


 

Di cosa avremmo bisogno, invece?

Ora servirebbero varietà “plastiche”, cioè capaci di produrre in ambienti cangianti grazie alla variabilità interna; invece la risposta dei tecnologi è l’“Ingegneria genetica”, ovvero l’introduzione di singoli geni generalmente batterici nelle piante come se fossero, appunto, macchine, quindi senza possibilità di reagire negativamente all’introduzione di un gene “alieno”. Invece tante piante “ingegnerizzate” reagiscono in maniera imprevista e negativa e sono state introdotte nel mercato con successo solo quattro piante geneticamente modificate per due soli caratteri: soia, mais, colza e cotone; resistenti a diserbanti e a un insetto già nel 1982, e ciò malgrado si siano tentate moltissime altre trasformazioni che nella stragrande maggioranza dei casi non hanno dato buoni risultati: quando si introduce in una pianta un gene “alieno”, non sappiamo a priori quante copie del gene entreranno nel genoma della pianta, dove andranno a inserirsi spaccando il DNA preesistente, se il gene introdotto funzionerà, che interazioni ci saranno con il genoma iniziale, che effetti avrà l’interazione del prodotto del gene con il metabolismo della pianta, quello della pianta con l’agro-ecosistema, se la nuova pianta sarà produttiva e, infine, se il prodotto alimentare sarà o meno pericoloso per la salute degli esseri umani e degli altri esseri viventi dell’agro-sistema. Di tutto questo le imprese multinazionali produttrici di OGM non si sono più occupate dai primi anni ’80 del secolo scorso e hanno, anzi, ridotto la spesa per la ricerca di nuovi OGM migliori, più utili e sicuri.

Come mai?

Perché le “Tre Sorelle” degli OGM sono economicamente in regime di oligopolio e hanno così introdotto alla fine del secolo scorso l’istituzione del brevetto industriale che prima si usava solo per la meccanica, introducendo il concetto della “sostanziale equivalenza” fra materia vivente e non vivente. Per questo un contadino che compra piante GM non le paga adesso solo una volta, ma a ogni semina, anche se usa semi prodotti da piante del suo campo, né può incrociare la varietà OGM con altre per crearne di nuove come faceva sotto la Legge UPOV. Non solo: basta che in un campo ci sia anche una sola pianta GM e le altre non GM e il contadino dovrà pagare comunque per tutto il campo. Il cambiamento del valore legale dei brevetti ha permesso alle “Tre Sorelle” di arricchirsi enormemente e quindi di poter trattare non con i contadini ma direttamente con le Nazioni perché consentano l’uso di piante OGM. In America Latina ad esempio le grandi imprese hanno trattato con i Governi l’introduzione dei loro prodotti, comprando poi a basso prezzo i campi dei contadini locali (introducendo braccianti a basso costo) e aggregandoli in gigantesche aziende (anche oltre 100.000 ettari) dove ora si coltiva solo soia resistente a un diserbante che viene venduta poi ad altri Paesi come mangime. In America Latina milioni di ettari di piante eduli per gli abitanti sono state irrorate di diserbante con gli aerei, con grande pericolo per gli abitanti, perciò i contadini sono fuggiti nelle favelas dove hanno perso le antiche tradizioni culturali abbandonando la variabilità genetica delle piante locali.


 

E l’Europa?

Per ora resiste agli OGM, che però sono coltivati in oltre 170 milioni di ettari nelle Americhe, in Cina, in India e in Africa. L’Italia proibisce la coltivazione di OGM per evitare possibili pericoli per la salute umana, ma non solo: la nostra agricoltura si basa sulla variabilità dei cibi che hanno un ottimo mercato all’estero, e non può permettere che anche qui si distrugga l’agricoltura tradizionale. Purtroppo le piante geneticamente modificate in commercio non sono sufficientemente controllate dalla Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare con sede a Parma. EFSA, infatti, sotto la pressione delle multinazionali, ha Linee Guida che non permettono di usare a sufficienza laboratori indipendenti per controllare quanto dicono le multinazionali quando propongono in Europa piante GM. Per questo, quando le “Tre Sorelle” inviano un dossier presentando un nuovo OGM, EFSA riunisce un gruppo di Ricercatori indipendenti che lo studiano ma non sempre controllano eventuali dubbi con laboratori anch’essi indipendenti, seguendo invece le Linee Guida europee che trascurano una serie di possibili effetti negativi non controllati. Così EFSA è spesso costretta a rimandare i dubbi alle stesse multinazionali o a laboratori non completamente indipendenti, e questa prassi è contrastata da laboratori, in particolare europei, che hanno da tempo segnalato possibili effetti dannosi degli OGM sia per la salute umana e animale, sia per l’ecosistema suolo, importante per un’agricoltura di successo.

Questi laboratori operano, in qualche modo, in sinergia?

Sì: un buon numero di laboratori in Europa si è riunito in una associazione di nome ENSSER (Rete Europea di Scienziati con Responsabilità sociale e Ambientale), del cui direttivo faccio parte anch’io. Purtroppo c’è grande difficoltà nell’avere i finanziamenti europei, poco o per niente utilizzati per studi sugli OGM se non attraverso EFSA. In Italia un solo progetto nazionale di controllo è stato finanziato molti anni fa con risultati interessanti, ma la terribile situazione in cui si trova la nostra Ricerca nazionale ne ha impedito la continuazione, nonostante gli sforzi della Coalizione anti-OGM di cui faccio parte, coordinata dalla Coldiretti, dalla CIA e altri attori, che cerca da tempo di modificare la prassi EFSA e di instaurare un sistema di controllo veramente efficiente, che solo la pressione degli agricoltori, e in genere popolare, dovrebbe aiutare a costruire. 

Cron Job Starts