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Attività fisica, amica del cuore

Autore: Dott. Vincenzo Pedone

L’esercizio fisico aerobico si è dimostrato una vera e propria medicina per chi ha problemi cardiaci

Negli ultimi decenni il progresso scientifico ha modificato radicalmente la relazione tra attività fisica e salute cardiovascolare. La prima acquisizione ha riguardato la dimensione preventiva della Medicina, con la dimostrazione che la vita sedentaria costituisce uno specifico fattore di rischio cardiovascolare: favorisce infatti la progressione dell’Aterosclerosi e predispone agli eventi clinici cardiovascolari e cerebrovascolari. Uno stile di vita attivo è, all’opposto, un valido strumento di protezione.

Via libera all’attività fisica...

La “rivoluzione culturale” più significativa riguarda il ruolo dell’esercizio fisico nella persona che è diventata cardiopatica. Un tempo, infatti, l’attività fisica era sconsigliata ai coronaropatici ed era proibita in modo ancor più drastico nei Pazienti affetti da Scompenso cardiaco, per i quali “letto e poltrona” finivano con essere il regime standard cui attenersi.
Con gli anni ‘60-‘70 si è iniziato a proporre programmi di esercizio fisico anche alle persone con esiti di Infarto miocardico non complicato, a dovuta distanza dall’evento acuto e sempre che il soggetto non fosse fragile o con instabilità residua. Oggi, invece, è candidabile anche il Paziente con Insufficienza cardiaca, Coronaropatia complessa o instabile e già in fase subacuta.

Il suo ruolo terapeutico nella popolazione sana

Le più recenti evidenze (riduzione delle morti da causa cardiaca del 30%) sono confluite in Linee Guida autorevoli che sostengono programmi di intervento strutturati, supportando quindi una politica sanitaria opposta, in cui l’attività fisica controllata ha un definito ruolo terapeutico, riconosciuto dalla stessa OMS. In particolare, nella popolazione sana, i consigli ricavati dalle principali Linee Guida europee e americane, si possono così sintetizzare:

  • durata: almeno 30-45 minuti a regime, in un'unica sessione o con periodi separati di 10 minuti;
  • frequenza: 4-5 volte alla settimana (meglio ogni giorno);
  • intensità: lieve-moderata, tale da indurre una frequenza cardiaca pari al 50-70% rispetto a quella massima teorica per l’età;
  • incrementare gradualmente la durata e l’intensità.

Va sottolineato che l’attività fisica regolare ha effetti positivi su molti fattori di rischio cardiovascolare:

  • riduce i valori di pressione arteriosa elevati
  • migliora la variabilità della frequenza cardiaca
  • aumenta il colesterolo HDL (buono)
  • riduce il sovrappeso
  • contiene il rischio di sviluppare il Diabete mellito di tipo 2.

I benefici effetti dell’esercizio fisico regolare diminuiscono se l’attività fisica è significativamente ridotta, per scomparire entro 2-8 mesi: da qui l’importanza che l’allenamento venga praticato con regolarità e costanza.
L’ideale è iniziare a fare attività motoria regolare fin dall’età giovanile e proseguirla negli anni. Chi incomincia in età superiore a 40 anni deve tener conto che gli anni trascorsi in sedentarismo possono aver inciso negativamente sulla performance dei vari apparati (cardiovascolare e muscolo-scheletrico in primis).

Precauzioni da adottare

Le principali precauzioni da adottare per avere i massimi benefici dall’attività fisica, riducendo il rischio di possibili danni, sono:

  • scegliere l’esercizio fisico più adatto al proprio profilo (età, genere, abitudine all’impegno motorio);
  • evitare gli esercizi che possono nuocere o aggravare una malattia preesistente;
  • fare attività fisica in compagnia (che la rende più gradevole e sicura);
  • evitare atteggiamenti competitivi;
  • far sì che l’attività fisica, oltre a giovare alla salute, gratifichi chi la pratica;
  • rinunciare se non ci si sente bene o si è in convalescenza da recente malattia.

Alcuni esempi pratici di attività fisica consigliabile sono il cammino, il ciclismo, il nuoto, il ballo, la palestra (con limiti).
Per la partecipazione ad attività sportive, dato il generale maggior impegno energetico e la inevitabile competitività, è opportuno che la valutazione medica venga fatta caso per caso (considerando sia il tipo di sport che le condizioni cliniche individuali).


Esercizio fisico per i malati di cuore

Nell’ambito della prevenzione secondaria, cioè in Pazienti affetti da Cardiopatia nota, la prescrizione dell’esercizio fisico deve essere fatta dal Cardiologo, dopo un’accurata valutazione clinica preliminare e dei possibili rischi. Nelle persone a basso rischio (la maggioranza dei coronaropatici), la prescrizione dell’esercizio può essere fatta con gli stessi criteri utilizzati per i soggetti apparentemente sani.
Adeguati programmi di training fisico, svolti da Pazienti cardiopatici con diverso profilo di rischio, sono risultati efficaci nell’incrementare la tolleranza allo sforzo e nel controllare i sintomi. Inoltre, un recentissimo studio, comprensivo di 10.000 Pazienti coronarici, ha anche dimostrato che l’esercizio fisico controllato, protratto per un periodo medio di due anni, è in grado di ridurre l’incidenza di mortalità cardiovascolare fino al 35%.

Quali benefici?

I meccanismi biologici beneficamente coinvolti in una regolare attività fisica aerobica sono molteplici: di essi, il principale è un migliore utilizzo dell’ossigeno da parte del tessuto muscolare, che ricava più energia per il lavoro; può esserci anche una moderata espansione della capacità funzionale, ma anche, in base a studi sperimentali, un aumento di calibro delle arterie coronarie e la nuova formazione di capillari e arteriole nel miocardio.
Si è infine già accennato alle positive modificazioni a livello della coagulazione del sangue (con effetto antitrombotico), a livello del sistema nervoso autonomo (con effetto antiaritmico) e a livello metabolico.

Esercizio aerobico, vera e propria medicina

Occorre precisare bene sia le caratteristiche dell’esercizio fisico (solo un certo tipo ha un effetto “simil-farmacologico”), sia le modalità quali-quantitative (posologia) della sua erogazione (carico/frequenza allenante), per conseguire l’effetto training:

  • il tipo di esercizio in grado di produrre il beneficio sull’efficienza cardiovascolare è quello aerobico (che avviene senza debito d’ossigeno e senza produzione di acido lattico), che consiste in movimenti di natura ritmica coinvolgenti grossi gruppi muscolari;
  • l’intensità può essere media (60-75% della frequenza cardiaca massima al test ergometrico) o alta (75-85%);
  • la frequenza di somministrazione va da 3 a 6 volte la settimana, per 30-60 minuti, protraendo il programma per una durata di almeno 8 settimane.

L’attività fisica può essere eseguita come esercizi a corpo libero, sedute in cyclette, passeggiate esterne, meglio alternando le diverse modalità.
Questo tipo di attività fisica può essere svolto da Pazienti reduci da Sindrome coronarica acuta, i cardio-operati e i soggetti affetti da Scompenso cardiaco.
Per i soggetti a rischio elevato e anche quando è elevato il rischio trombotico è preferibile la riabilitazione in strutture dedicate. Per tutti gli altri è generalmente preferibile il regime ambulatoriale.

Riabilitazione e prevenzione cardiologica

I campi di applicazione della riabilitazione cardiologica sono la Cardiopatia ischemica, gli esiti di interventi cardiochirurgici e lo Scompenso cardiaco.
Tutti i provvedimenti che compongono la prevenzione cardiologica secondaria devono essere associati al programma cardio-riabilitativo: stili di vita salutari, abolizione del fumo di sigaretta, contenimento dell’alcool, dieta personalizzata, mantenimento dei target terapeutici, e così via.
Nello Scompenso cardiaco l’esercizio fisico ha un duplice effetto adattativo: quello periferico (prevalente), che consiste in una migliore utilizzazione dell’ossigeno a livello muscolare, e quello centrale che comporta un minore intervento dei fattori emodinamici (cioè degli elementi che caratterizzano la circolazione del sangue).
Sono altrettanto dimostrati benefici, oltre che sulla capacità funzionale, sul tono muscolare, sulla coagulazione ematica e a livello del sistema nervoso autonomo, anche sul tono dell’umore e, in definitiva, sulla qualità di vita.

Riabilitazione non cardiologica

Un settore apparentemente collaterale, ma in realtà molto vasto e critico, in cui si applicano le innovazioni culturali e operative illustrate è quello della riabilitazione non cardiologica del Paziente cardiopatico: sia la riabilitazione neurologica che quella ortopedica possono attualmente essere praticate con efficacia e in sicurezza, non essendo più considerata controindicazione o fattore di esclusione una Cardiopatia coronarica (purché non acuta) e neppure lo Scompenso cardiaco (purché non instabilizzato).
La riabilitazione neurologica (dopo Ictus cerebrale o post intervento neurochirurgico) e ortopedica (dopo frattura femorale o impianto di protesi articolare), anche nel Paziente con Scompenso cardiaco, può essere perseguita, controllando la stabilità del peso corporeo, l’aderenza alla terapia, l’assenza di ritenzione idrica, di aritmie significative e di Angina pectoris (dolore al petto che si verifica quando il cuore non riceve abbastanza ossigeno col flusso coronarico).