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Parkinson, possibile la diagnosi precoce

Autore: Prof. Aldo Quattrone

Una serie di piccoli segnali, che possono manifestarsi svariati anni prima della comparsa della malattia, possono essere importanti campanelli d’allarme

La Malattia di Parkinson è una delle malattie neurologiche più comuni, dopo le Demenze. Circa lo 0,2-0,3% della popolazione mondiale ne è affetta; 220.000 persone soltanto in Italia. L’età media di esordio della malattia si colloca intorno ai 60 anni, con un rischio di sviluppo che aumenta con il crescere dell’età, mentre soltanto raramente compare al di sotto dei 40 anni. Si riscontra in entrambi i sessi, con lieve prevalenza in quello maschile.

Le possibili cause

La Malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa ad evoluzione lenta ma progressiva, che si manifesta clinicamente quando nel cervello la produzione di dopamina, un trasmettitore chimico, cala drasticamente a causa della morte delle cellule nervose che la producono. La causa precisa che porta questa popolazione cellulare alla morte non è ancora ben nota, ma si ritiene possa entrare in gioco una combinazione di più fattori di rischio. Tra questi, ad esempio, vi è la predisposizione genetica, l’esposizione ambientale a sostanze tossiche come i pesticidi oppure l’assunzione di determinati farmaci. Quando la perdita delle cellule nervose della dopamina supera l’80%, si verifica la comparsa di sintomi quali il tremore, la rigidità e la lentezza nell’esecuzione di movimenti fini (la cosiddetta Bradicinesia). Questi sintomi, definiti “sintomi motori” poiché legati al movimento, si riscontano in una fase già conclamata della malattia e sono indispensabili per una corretta diagnosi clinica.
La diagnosi della Malattia di Parkinson è pertanto basata sulla clinica, ma deve essere necessariamente confermata da una serie di esami strumentali, il più importante dei quali è la Scintigrafia cerebrale (o DATSPECT). Questa metodica di Medicina nucleare consente di misurare la densità dei neuroni produttori di dopamina presenti nel cervello, attraverso una sostanza iodata che si fissa ai trasportatori della dopamina presenti su tali cellule. Quando appare la malattia, la densità di fibre nervose contenenti la dopamina nel corpo striato del cervello diminuisce drasticamente e la Scintigrafia cerebrale risulta patologica.

Campanelli d’allarme

Per molti anni il Morbo di Parkinson è stato considerato esclusivamente un disturbo del movimento. Oggi si ritiene che non si tratti soltanto di questo, e che i sintomi motori come il tremore, la Bradicinesia e la rigidità possano rappresentare soltanto la punta di un iceberg. È ormai ben documentato che la Malattia di Parkinson si accompagna ad una serie di piccoli segnali che possono manifestarsi svariati anni prima della comparsa di quei sintomi cardine indispensabili per la diagnosi clinica. Questi piccoli segnali, chiamati “sintomi non motori” sono molto spesso sfumati e non avvertiti dal Paziente. Per tali motivi, il soggetto affetto si reca difficilmente dallo Specialista; allo stesso tempo, quest’ultimo può non riconoscerli facilmente, soprattutto in una fase molto iniziale.


 

I sintomi non motori, rappresentativi di una malattia già esistente seppur poco visibile, sono di fatto segnali molto precoci e per questo motivo possono essere considerati veri e propri campanelli di allarme. Una corretta ricerca e identificazione dei sintomi non motori consente dunque di poter eseguire una diagnosi precoce. Diverse sono infatti le avvisaglie della patologia: si va dalla riduzione dell’odorato ai disturbi del sistema nervoso vegetativo, fino ai dolori articolari ed in ultimo, ma certo non per importanza, ai disturbi del sonno. Questi segnali vanno sempre ricercati e indagati con molta attenzione, soprattutto in soggetti a rischio di sviluppare la malattia come i familiari di primo grado dei Pazienti affetti da Parkinson.

Il Test olfattivo

l disturbo precoce più frequente è la riduzione dell’olfatto, chiamata anche Iposmia. L’Iposmia è un biomarcatore facilmente rilevabile con un semplice Test olfattivo (Sniffing Test) e può precedere di diversi anni (anche 4-6 anni) la comparsa del Morbo di Parkinson. Per questa ragione, deve essere sempre ricercata nei soggetti a rischio di sviluppo della malattia.
La rapidità e la facilità d’esecuzione del Test olfattivo, eseguibile in centri specializzati, rende questo esame un potenziale strumento di screening su larga scala. Tuttavia, la presenza di Iposmia in altre malattie neurologiche e nella popolazione generale, soprattutto con l’avanzare dell’età e indipendentemente dal Morbo di Parkinson, rende questo marcatore poco specifico.

Stipsi e Parkinson

Uno dei più comuni segnali precoci della Malattia di Parkinson, anche se molto spesso trascurato, è la Stipsi, a sua volta espressione di disturbi del sistema nervoso vegetativo, che tra le altre cose regola l’attività dei muscoli lisci dell’intestino e della vescica. Nei soggetti affetti da Stipsi, questi muscoli diventano meno sensibili e meno efficienti. La Stipsi associata alla Malattia di Parkinson è spesso accompagnata da una sensazione di pienezza anche dopo un pasto modesto; inoltre può durare anche per un lungo periodo di tempo, differenziandosi per questo dalla Stipsi ordinaria.
Anche il tratto urinario può essere precocemente coinvolto dalla malattia: è come se la parete della vescica diventasse ipersensibile ed una minima dilatazione fosse già sufficiente a dare una sensazione di pienezza, causando un bisogno impellente di urinare. Anche i disturbi della pressione sanguigna possono essere un segno precoce della Malattia di Parkinson: possono manifestarsi clinicamente con vertigini, vista annebbiata, sensazione di svenimento al risveglio, oppure addirittura con cadute. Tuttavia, un po’ come accade per l’Iposmia, tutti questi disturbi del sistema nervoso vegetativo sono poco specifici, dal momento che possono fare parte del quadro clinico di altre malattie neurologiche, quindi possono essere ricondotti a cause diverse dal Parkinson.

Dolori articolari

Tra le avvisaglie più frequenti del Morbo di Parkinson rientrano senz’altro i dolori articolari a spalle, braccia e collo. Particolarmente comune nelle donne è proprio il dolore al collo, che viene percepito a volte anche come un disagio o un intorpidimento. Il dolore articolare causato dal Parkinson, tuttavia, si differenzia da quelli legati a crampi o stiramenti, poiché non si esaurisce in due o tre giorni, ma può persistere per un lungo periodo di tempo. Per questo motivo, i soggetti che lo accusano si rivolgono quasi sempre ad un Medico Ortopedico, arrivando dal Neurologo soltanto diversi anni dopo l’esordio del disturbo. Naturalmente, non tutti i dolori articolari rappresentano spie del Parkinson, ma questo disturbo non va sottovalutato, soprattutto nei soggetti a rischio.


  

Comportamenti anormali nel sonno REM

Il Disturbo comportamentale durante il sonno REM (o RBD, REM Sleep Behaviour Disorder) è sicuramente il marcatore predittivo più affidabile del Morbo di Parkinson. Che cos’è il RBD? Si tratta di un disturbo del sonno caratterizzato dalla mancanza di atonia muscolare (cioè di rilassatezza) durante la fase del sonno REM, con conseguenti comportamenti anormali. Il REM (Rapid Eye Movement) è quella fase del sonno in cui si producono i sogni, ed è caratterizzata da movimenti rapidi degli occhi e da una caratteristica mancanza del tono muscolare.
Durante questa fase, in un soggetto normale i muscoli si presentano atonici ovvero rilassati; nei Pazienti con RBD i muscoli sono invece molto attivi e il Paziente è come se “vivesse” il proprio sogno. Nella maggior parte dei casi, i comportamenti anormali durante il sonno REM sono violenti e vengono distinti in semplici (ridere, urlare) e complessi (scalciare, tirare pugni, pedalare); questi ultimi comportamenti, in particolare, possono essere pericolosi, perché possono causare ecchimosi o fratture per il Paziente o per il partner. Meno frequentemente, comprendono azioni non violente quali, bere, mangiare o fumare una sigaretta.
Da anni i Neurologi hanno collegato questo tipo di disturbo del sonno allo sviluppo di malattie neurologiche dell’età adulta, in particolare alla Malattia di Parkinson. E’ stato ampiamente dimostrato infatti come il RBD sia un biomarcatore predittivo della patologia, poiché può comparire diversi anni prima (fino a 20-30 anni per il Parkinson) dei principali sintomi motori (tremore, Bradicinesia e rigidità).
Secondo la casistica, circa il 60% dei Pazienti con RBD sviluppa il Parkinson in un periodo medio di circa 10-12 anni, che può variare da soggetto a soggetto. In quest’ottica, la precoce identificazione e caratterizzazione del RBD rappresenta un grande vantaggio per il Neurologo, consentendo di effettuare una diagnosi più precoce e di intervenire efficacemente con farmaci specifici.
Il problema di base è come fare a diagnosticare il RBD. Non tutti i disturbi del sonno, infatti, sono ad esso riconducibili; vi sono sonniloqui o agitazioni notturne che non sono associate allo sviluppo della Malattia di Parkinson. Per questo motivo, sebbene le manifestazioni cliniche del RBD siano suggestive, spesso non sono sufficienti a tracciare una diagnosi. La diagnosi clinica di RBD deve invece essere obbligatoriamente confermata da una registrazione con uno strumento chiamato poligrafo, e necessita del ricovero di almeno una notte presso Centri altamente specializzati.

Prevenzione e diagnosi precoce

In conclusione, oggi la diagnosi precoce della Malattia di Parkinson è possibile e si basa sulla precoce identificazione di segnali d’allarme quali l’Iposmia ed il Disturbo comportamentale del sonno REM (RBD). Questi biomarcatori devono quindi essere ricercati in tutti soggetti a rischio. In particolare, i soggetti affetti da riduzione dell’olfatto che manifestano anche RBD devono essere sottoposti ad indagini successive quali la Scintigrafia cerebrale (DAT-SPECT), al fine di individuare precocemente la perdita delle cellule nervose produttrici di dopamina che caratterizza la Malattia di Parkinson. 

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