Durante la vita intra-uterina lo scheletro del bambino, e insieme a questo le articolazioni e in particolare le anche, compiono una serie di modificazioni fino ad arrivare alla conformazione definitiva. Durante questo percorso evolutivo, in alcuni casi, possono insorgere anomalie nello sviluppo dell’anca. La casistica è ampia ma fondamentalmente consiste in un’alterazione della conformazione e dei rapporti tra la testa del femore e l’acetabolo, che è la cavità in cui si articola la testa del femore. In questi casi si tratta di Displasia congenita dell’anca o Displasia evolutiva dell’anca.
Il processo di modellamento
Già all’ottava settimana di gestazione l’anca è formata e i rapporti articolari sono corretti. Durante le prime 6 settimane di vita l’acetabolo ha ancora un’ampia possibilità di modellamento, che si riduce parzialmente tra la 6a e la 12a settimana di vita, per divenire minima dopo la 16a settimana. Se in questo periodo la testa femorale si trova correttamente posizionata nell’acetabolo, la maturazione dell’anca avviene in maniera normale: questo è pertanto il periodo in cui è necessario intervenire in caso di riscontro di Displasia dell’anca. Se i rapporti tra la testa femorale e l’acetabolo sono alterati, e questa situazione non viene precocemente corretta, si assisterà invece ad una evoluzione verso una condizione patologica permanente. È importante sapere che le anche con segni ecografici minori di anormalità evolvono verso una normalizzazione spontanea entro 4 settimane nel 78% dei casi e addirittura nel 90% dei casi entro 9 settimane.
I gradi del problema
A seconda dell’alterazione dei rapporti articolari si determinano diverse condizioni patologiche caratterizzate da:
- sublussazione della testa femorale, se questa risulta instabile ma si mantiene entro i confini dell’acetabolo;
- lussazione, se la testa femorale non è più contenuta nel suo alloggiamento naturale e fuoriesce dai confini acetabolari.
La lussazione dell’anca viene a sua volta distinta in due tipologie a seconda si manifesti in età prenatale, spesso associata a patologie congenite, o invece si presenti in neonati sani, sia in epoca prenatale che postnatale.
Cause e incidenza
La causa dell’insorgenza della Displasia dell’anca è a tutt’oggi poco nota, alla base c’è un’origine di tipo multifattoriale. È infatti possibile distinguere fattori genetici e meccanici, come la posizione pre e post-natale; altri fattori determinanti possono essere: la presentazione podalica, la storia familiare (rischio aumentato se è presente un parente di primo grado affetto), il peso alla nascita superiore ai 4 kg; oppure fattori ormonali materni che potrebbero favorire un’instabilità dell’anca e l’appartenenza al sesso femminile (il rapporto femmine/maschi è di 8:1). Molto spesso troviamo condizioni associate, come torcicollo congenito, piede metatarso varo, piede torto congenito classico e malformazioni scheletriche a carico degli arti inferiori. Nel 50% dei casi la Displasia dell’anca è bilaterale, quando non lo è, l’incidenza è più frequente a sinistra. L’incidenza nel Centro-Europa è del 2-4%, mentre in Italia è intorno all’1-3%.
La Displasia non correttamente trattata o misconosciuta può portare a disturbi della deambulazione, scarso sviluppo muscolare e lesioni degenerative a carico dell’arto inferiore nella sua interezza.
Screening neonatale
La diagnosi e il trattamento precoce sono fondamentali per ottenere il miglior risultato funzionale possibile. Lo screening precoce consente un trattamento tempestivo della Displasia, evitando le complicanze di una diagnosi tardiva, come Artrite severa fino alla necessità di un intervento di protesi d’anca in età adulta. Più del 94% degli adulti con Displasia dell’anca non trattata presenta, infatti, moderata o severa Osteoartrite dopo i vent’anni.
Lo screening neonatale è fondamentale per evidenziare precocemente le anche patologiche. Prima di tutto è necessario esaminare la storia clinica, indagando su casi analoghi in famiglia e sul decorso della gravidanza. Fondamentale è poi l’esame obiettivo accurato. La manovra di Barlow e di Ortolani sono esami di ulteriore supporto alla diagnosi clinica.
Ecografia e diagnosi precoce
L’avvento dell’Ecografia ha completamente cambiato la storia naturale di questa patologia, permettendo una diagnosi precoce e un approccio terapeutico tempestivo. La metodica ecografica più utilizzata in Italia è quella che distingue le anche displasiche in quattro stadi e indirizza verso il trattamento più adeguato.
In passato, la principale indagine strumentale era rappresentata dalla Radiografia delle anche, oggi superata in quanto ritenuta tardiva poiché non eseguibile prima dei 4 mesi di vita. Tale metodica può essere ancora oggi necessaria per valutare i risultati del trattamento a medio e lungo termine.
Per una corretta esecuzione dell’esame è essenziale che il bambino sia calmo e che non si opponga alle manovre dell’Operatore. Per stabilizzare il bambino nella corretta posizione, quella sul fianco a 90°, è utile disporre di un apposito contenitore sagomato in gommapiuma. L’esaminatore, con la mano libera dalla sonda, tiene l’arto inferiore da esaminare lievemente ruotato verso l’interno.
Screening ecografico
In alcuni Paesi (prevalentemente in Austria e Germania) viene effettuato lo screening ecografico universale a tutti i neonati indipendentemente dai fattori di rischio. Tuttavia, lo screening ecografico universale non è stato accettato in maniera unanime in tutto il mondo e in molti Paesi (soprattutto quelli anglosassoni: Regno Unito, Stati Uniti, Canada) si effettua uno screening ecografico selettivo, ovvero solo per i soggetti giudicati a rischio. Fondamentale in questo caso è quindi che la popolazione a rischio sia adeguatamente delineata (familiarità, alterazioni in utero, malformazioni associate, gemellarità).
In Italia si preferisce attuare uno screening globale sottoponendo allo screening clinico tutti i neonati (Manovra di Ortolani e Barlow); l’esame ecografico alla nascita viene eseguito nei soggetti con certa e dubbia positività ai test clinici per l’instabilità dell’anca e in quelli con fattori di rischio universalmente riconosciuti (storia familiare, presentazione podalica). Nella maggior parte dei casi, le lievi anomalie della morfologia e della stabilità presenti alla nascita si risolveranno senza alcun tipo di trattamento.
Lo screening ecografico eseguito a tutti gli altri neonati tra la quarta e la sesta settimana di vita, invece, non riscontra unanime consenso e in molti Centri non viene consigliato perché si è visto come possa portare ad un aumentato numero di casi trattati inutilmente; inoltre è stato dimostrato come abbia un eccessivo rapporto tra costi e benefici.
Lo screening clinico associato all’esame ecografico viene quindi considerato il metodo maggiormente utile per la valutazione diagnostica della Displasia congenita dell’anca, consentendo una efficace e precoce diagnosi e di conseguenza, se necessario, un tempestivo approccio terapeutico.
La terapia
Il trattamento, da iniziare il prima possibile, ha lo scopo di mantenere una riduzione della testa del femore nell’acetabolo, al fine di garantire lo sviluppo fisiologico delle due strutture. I piccoli Pazienti dovrebbero essere identificati e trattati entro le prime 6 settimane di vita.
Nelle diagnosi precoci, il trattamento è conservativo e consiste nell’utilizzo di divaricatori, prevalentemente dinamici, che mantengono l’abduzione delle anche tra 45° e 55°e permettono una flessione intorno a 90-110°, indirizzando la testa del femore nell’acetabolo e permettendo la naturale motilità dell’anca secondo movimenti guidati, al fine di determinare uno stimolo fisiologico per la crescita dell’acetabolo e la risoluzione della lassità articolare.
Il divaricatore va mantenuto per 3-6 mesi, in base all’età del bambino e alla gravità della Displasia dell’anca. Le complicanze sono molto rare e ulteriormente ridotte grazie all’utilizzo del divaricatore. L’indicazione all’utilizzo del divaricatore è una Displasia senza instabilità, ma può essere utilizzato per anche in altri casi che saranno valutati dallo Specialista.
L’utilizzo del divaricatore è il trattamento “gold standard” per la Displasia dell’anca nei bambini di età inferiore ai 6 mesi. Per quanto riguarda le anche più problematiche (di stadio 4), si può iniziare il trattamento direttamente con un apparecchio gessato, dopo un’adeguata riduzione della lussazione.
La Displasia dell’anca è una malattia che, se riconosciuta e trattata tempestivamente, è risolvibile senza lasciare esiti. Pertanto, come avviene per altre patologie, è necessario che ad ogni neonato sia garantito un adeguato iter di screening clinico e/o strumentale al fine di poter intervenire in tempi utili, consentendogli di avere una vita normale.