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Procreazione Assistita, cosa sapere

Autore: Dott.ssa Camilla GizziDott.ssa Simona PesceDott. Sergio Schettini

Oggi ritenuta sicura, questa tecnica ha fatto nascere più di 5 milioni di bambini nel mondo 

Negli ultimi 35 anni la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) si è trasformata da “miracolo” a standard assistenziale. Le tecniche utilizzate sono oggi ritenute complessivamente sicure e hanno dato vita a più di 5 milioni di bambini nel mondo. Tuttavia i rapidi progressi tecnologici, che portano a continue modifiche delle procedure, rendono imperativo un monitoraggio accurato della sicurezza della metodica sia nei confronti delle persone che si sottopongono al trattamento che dei neonati concepiti. Inoltre, conoscere e diffondere i dati su sicurezza, efficacia ed esiti della PMA aiuta quanti desiderano ricorrervi a prendere decisioni più consapevoli.

Le tecniche

Possono essere realizzate con o senza donazione di gameti, che sono le cellule riproduttive maschili (spermatozoi) e femminili (ovociti), e si distinguono in tecniche di:

  • primo livello: sono il monitoraggio dell’ovulazione, la stimolazione dell’ovulazione e l’Inseminazione Intrauterina (IUI);
  • secondo livello: includono la Fecondazione in Vitro con Transfer Embrionale (FIVET) e l’Inseminazione Intracitoplasmatica di Spermatozoo (ICSI) che rappresenta attualmente la tecnica più utilizzata;
  • terzo livello: comprendono l’estrazione microchirurgica di spermatozoi dal testicolo (TESE), l’aspirazione microchirurgica di spermatozoi dall’epididimo (MESA) e la GIFT, cioè l’introduzione di gameti maschili e femminili, non ancora uniti, nelle tube di Falloppio per via laparoscopica.

L’Inseminazione Intrauterina può essere realizzata con donazione di gameti maschili, mentre le tecniche di secondo e terzo livello possono essere compiute con donazione di gameti sia maschili che femminili. Questi ultimi, come gli embrioni, possono essere congelati.

I fattori di rischio

Sappiamo oggi che nascere grazie a tecniche di PMA comporta, in termini assoluti, alcuni rischi aggiuntivi sia per la mamma che per il neonato. Tuttavia, l’incremento del rischio di incorrere in eventi avversi, rispetto alla popolazione generale, è universalmente considerato accettabile.
I fattori di rischio che influenzano tali esiti possono essere legati alla procedura in sè, che prevede la manipolazione di gameti ed embrioni, il loro eventuale congelamento e scongelamento, la somministrazione di terapie ormonali per indurre l’ovulazione e sostenere la prima fase della gravidanza, oppure dovuti all’infertilità stessa che condiziona il ricorso alle tecniche di PMA. Inoltre, il metabolismo, l’alimentazione e stili di vita (come fumo, alcool, tossicodipendenze) influenzano la qualità dei gameti. Numerosi studi hanno mostrato un aumentato rischio di difetti congeniti nei nati da gravidanze insorte spontaneamente in coppie con storia di infertilità. A questo riguardo, è noto che l’aumento dell’età materna e l’infertilità paterna si correlano all’aumento di anomalie cromosomiche degli ovociti e degli spermatozoi. Per questi motivi c’è crescente evidenza che l’Infertilità dei genitori, e non le tecniche di PMA di per sé, siano la causa degli esiti perinatali.

Gemellarità, frequente “complicanza”

Gli esiti neonatali dei nati da PMA devono essere messi in relazione al tipo di gravidanza, se gemellare o singola. Nell’ultimo decennio il numero di gravidanze gemellari è aumentato nel mondo come espressione di un maggiore ricorso alle tecniche di PMA. La gemellarità rappresenta di fatto la più frequente “complicanza” delle tecniche di Riproduzione Assistita.
È noto che le gravidanze gemellari comportano rischi aggiuntivi sia per la mamma che per i neonati. Secondo i dati forniti dai Centres for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi nel 2018, i gemelli rischiano di nascere prematuramente 6 volte di più che i neonati singoli; inoltre, 1 gemello su 4 viene ricoverato in Terapia Intensiva Neonatale dopo la nascita. Tra i gemelli, il rischio di sviluppare paralisi cerebrale aumenta di 4 volte rispetto ai neonati singoli, e più frequentemente i nati da gravidanze multiple presentano difetti congeniti e Autismo.
Per la mamma, la gravidanza gemellare aumenta il rischio di Ipertensione e Diabete gestazionale.


L’altra faccia della medaglia

Tuttavia non c’è forte evidenza, nei numerosi studi pubblicati, che i rischi correlati alle gravidanze gemellari da PMA siano maggiori rispetto a quelli delle gravidanze gemellari insorte fisiologicamente. Inoltre, è noto che la PMA determina una minore incidenza di gravidanze gemellari monocoriali, cioè quelle in cui i gemelli hanno la placenta in comune, condizione che comporta un maggior rischio di esiti avversi rispetto alle gravidanze gemellari in cui ciascun gemello si sviluppa attaccato ad una placenta propria. Si potrebbe quindi ipotizzare che i gemelli nati da PMA abbiano esiti migliori rispetto ai gemelli nati fisiologicamente.

Ridurre i rischi

Per abbattere i rischi correlati alla gravidanza gemellare, le coppie che ricorrono alla PMA possono chiedere il trasferimento in utero di un singolo embrione alla volta, procedura che rende però i costi complessivi più onerosi. A tal proposito, in Italia, secondo la relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullo stato di attuazione della legge contenente norme in materia di Procreazione Medicalmente Assistita, il numero di gravidanze gemellari da PMA si è ridotto dal 22,5% nel 2010 al 16,2% nel 2016.

Effetti sulla salute

Un aumentato rischio di problemi di tipo ostetrico, perinatale e neonatale associati a PMA è stato riscontrato soprattutto nelle gravidanza singole. In particolare, le tecniche di Riproduzione Assistita sembrano aumentino il rischio di emorragia “antepartum” (prima del parto), Ipertensione e Diabete gestazionale, necessità di ricorrere all’induzione del parto e al taglio cesareo, limitazione o eccessiva crescita in utero, parto prematuro, anomalie congenite (che possono interessare, ad esempio, il sistema nervoso centrale e gli apparati genitourinario, gastrointestinale e cardiocircolatorio) e di mortalità perinatale. Tali rischi aumentano complessivamente del 30-50%. Tuttavia, un recente studio finlandese, che ha incluso famiglie che avevano almeno un figlio nato da PMA ed uno concepito fisiologicamente, confrontando gli esiti tra fratelli, ha suggerito che questi sono attribuibili non tanto alle tecniche di PMA di per sé quanto alle caratteristiche della famiglia (subfertilità, età materna, ordine di nascita, stato socio-economico, stili di vita, ecc.).

Disordini genetici

Tra gli esiti neonatali della PMA sono annoverati anche i Disordini genetici. Un segnale “epigenetico” è un’informazione ereditaria o acquisita che non altera il materiale genetico contenuto in una cellula, ma la sua espressione. Semplificando, si può dire che il DNA che costituisce i cromosomi è avvolto su se stesso come una spirale e le maglie della spirale possono essere più o meno compatte. La compattezza delle maglie condiziona le informazioni che il DNA trasferisce alla cellula. Se le maglie si dispiegano, le informazioni cambiano, senza però che il DNA subisca alcuna modifica quantitativa. Alcuni fattori o processi, come la manipolazione dei gameti, alcuni farmaci, gli inquinanti ambientali o la dieta, possono influenzare le caratteristiche della spirale del DNA e modificare le informazioni da questa fornite, causando malattie come Cancro, Malattie autoimmuni, Diabete e alcune patologie mentali.
I Disordini genetici associati alla PMA includono la Sindrome di Beckwitt-Wiedemann, la Sindrome di Angelman e la Sindrome di Silver-Russel.

Sarà possibile allattare al seno?

Riguardo alla possibilità di allattare al seno, i dati della letteratura sembrano indicare che le mamme che si sottopongono alla Riproduzione Assistita producono meno latte a 4 e 7 giorni dal parto, a 3 mesi allattano meno esclusivamente al seno, a 4 mesi danno più frequentemente latte artificiale e cibi solidi e a 6 mesi smettono di allattare più facilmente. Queste osservazioni devono essere messe in relazione a fattori socio-culturali, piuttosto che all’influenza diretta della PMA sulla lattazione.

Non aumenta rischio di Autismo e Deficit cognitivi

Infine, i dati raccolti dai controlli periodici dei nati da PMA fino all’età adolescenziale/adulta hanno mostrato che tra questi, rispetto alla popolazione generale, non c’è aumento di Deficit cognitivi o neuro-comportamentali, di Iperattività e Disturbo dell’attenzione, nè di Autismo. Inoltre, tra gli 11 e i 18 anni i nati da PMA hanno un rapporto con i genitori che non si modifica sostanzialmente rispetto a quello dei figli concepiti naturalmente.

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