Stampa questa pagina

Vaccini e nuove terapie antitumorali

Autore: Prof.ssa Paola Zanovello

I Vaccini antitumorali in corso di sperimentazione hanno scopo terapeutico e possono aiutare l’organismo contrastare le cellule malate 

Il termine Vaccino viene universalmente associato al concetto di prevenzione. Prevenire, infatti, è stato l’obiettivo delle vaccinazioni che hanno permesso di debellare molte patologie causate da agenti infettivi e di salvare centinaia di milioni di vite nel corso degli ultimi due secoli. Si tratta ora di capire come un approccio originariamente concepito per prevenire un’infezione possa essere trasferito in ambito oncologico con uno scopo che, con qualche eccezione, è invece terapeutico in quanto trova impiego in individui che hanno già sviluppato la malattia.

Sistema immunitario e cellule tumorali

Il sistema immunitario di un individuo, per poter distruggere una cellula tumorale presente nell’organismo, deve riconoscerla come diversa dalle cellule normali, ovvero come “cellula estranea”. Il Tumore che si accresce in un determinato tessuto o organo è formato da cellule che hanno acquisito nuove proprietà di cui spesso si avvantaggiano per la sopravvivenza e per la progressione del Tumore stesso. Queste cellule anomale presentano nuove caratteristiche, ossia molecole chiamate “antigeni tumorali”, che il sistema immunitario può riconoscere come estranee e contro cui può potenzialmente reagire. Tuttavia accade molto spesso che la risposta immunitaria che si genera spontaneamente verso questi antigeni sia debole e inefficace. Il Tumore, infatti, utilizza tutti i mezzi a sua disposizione per evitare di essere riconosciuto e non generare un segnale di “pericolo”, come invece accade di norma quando un agente infettivo entra nell’organismo. Ecco quindi la necessità di aiutare il sistema immunitario ad attivarsi e ad utilizzare al meglio i meccanismi di cui dispone per attaccare in modo specifico le cellule che presentano gli antigeni tumorali e distruggerle.

Vaccini terapeutici

I Vaccini antitumorali rappresentano un approccio terapeutico, ancora in fase di sperimentazione, che rientra nel più vasto panorama delle terapie immunologiche ovvero di quelle opzioni terapeutiche che si propongono di sfruttare il sistema immunitario, mettendolo in condizione di riconoscere le cellule tumorali e di distruggerle. Poiché ci si riferisce a trattamenti che vengono impiegati quando la Malattia tumorale è già comparsa nell’organismo, i Vaccini antitumorali vengono definiti Vaccini terapeutici. A differenza di quelli utilizzati per prevenire le malattie infettive, i Vaccini impiegati in Oncologia hanno, infatti, lo scopo di aumentare la risposta immunitaria contro cellule tumorali che sono già presenti nel Paziente. In definitiva, per entrambi i tipi di Vaccino l’obiettivo rimane lo stesso, ovvero proteggere l’individuo. Nel primo caso però si tratta di predisporre uno “scudo protettivo” prima che il nemico (l’agente infettivo) si presenti, nel secondo invece la sfida è anche maggiore poiché si prefigge di potenziare il sistema immunitario nei confronti di una entità (il Tumore) che è già presente nel corpo e che spesso mette in opera vere e proprie strategie per non essere riconosciuta.

Vaccini preventivi

Fanno eccezione, rispetto a quanto appena descritto, due particolari tipi di Vaccini antitumorali impiegati in ambito oncologico, che non appartengono alla famiglia dei Vaccini terapeutici ma a quella dei Vaccini preventivi. Infatti, nel caso del Carcinoma della cervice uterina e dell’Epatocarcinoma, patologie nella cui insorgenza è coinvolto un virus (rispettivamente, il virus del Papilloma umano e il virus dell’Epatite B), il Vaccino viene utilizzato con una finalità preventiva. Gli antigeni tumorali utilizzati nella preparazione del vaccino, in questo caso, sono componenti della struttura dell’agente infettivo e, quindi, la risposta immunitaria che si genera negli individui vaccinati sarà capace di riconoscere e distruggere il virus al suo ingresso nell’organismo. In tal modo, rendendo il soggetto vaccinato più resistente nei confronti dell’infezione virale, si previene anche la possibile insorgenza della Patologia neoplastica associata a quel virus.


 

Nuove strategie

L’applicazione dei Vaccini come terapia del Cancro rappresenta al momento attuale un trattamento in continua evoluzione e ancora oggetto di sperimentazione clinica e di ricerca di base. Molti sono gli studi clinici attivi in Italia e all’estero nelle varie fasi di sperimentazione e molti altri sono in via di attivazione. Oltre agli studi clinici in atto che valutano nei Pazienti l’efficacia di questa opzione terapeutica ma anche i potenziali effetti collaterali ad essa associati, la ricerca condotta nei laboratori prosegue per mettere a punto nuove strategie di vaccinazione e nuove composizioni dei vaccini. Per la preparazione dei Vaccini impiegati nella sperimentazione clinica si è fatto uso prevalentemente di cellule tumorali ottenute dallo stesso Paziente opportunamente pre-trattate per renderle inoffensive oppure sono stati utilizzati gli antigeni tumorali, ossia le molecole che caratterizzano le cellule neoplastiche (tumorali). Gli antigeni sono in genere somministrati in associazione ad un adiuvante, ossia una sostanza che potenzia la risposta immunitaria, oppure vengono fatti trasportare (come usa dire, vengono “caricati”) su particolari cellule del Paziente, le cellule dendritiche. Tali cellule, quando sono somministrate al Paziente, mantengono gli antigeni in una forma che li rende più visibili per il sistema immunitario. Inizialmente, l’impiego dei Vaccini è stato prevalentemente indirizzato a Pazienti affetti da Melanoma ma più recentemente è stato esteso anche ad altri tipi di neoplasie, quali il Tumore del polmone, della prostata, delle mammella, dell’ovaio, del rene. Benché la Vaccinoterapia possegga grandi potenzialità ad oggi le ricadute a livello clinico sono state limitate; per tale motivo, la sfida ancora aperta per la Ricerca è trovare nuove combinazioni di antigeni tumorali e mettere a punto modalità e vie di somministrazione che li rendano più efficaci nel prossimo futuro.

Aspetti critici da risolvere

La Vaccinoterapia presenta un grande vantaggio rispetto ad altre terapie tradizionali, quali la Chemioterapia e la Radioterapia, ovvero la specificità della sua azione. Si intende con questo il fatto che un Vaccino è un approccio mirato contro le cellule tumorali e, in genere, tende a non colpire quelle normali. Gli effetti collaterali indotti dal trattamento, pur essendo presenti sia localmente dove avviene la somministrazione del vaccino che sistematicamente nel Paziente, sono quindi limitati rispetto ad altre terapie che danneggiano anche strutture normali dell’organismo trattato.
A fronte di questo innegabile beneficio per la qualità di vita del Paziente, l’esperienza clinica ha messo in evidenza diversi aspetti critici di cui si sta cominciando a tener conto nell’applicazione di questa terapia. Innanzitutto, diversamente dalla Chemioterapia, i Vaccini non hanno un effetto immediato sul Tumore poiché, come abbiamo detto in precedenza, il loro scopo è mettere in azione il sistema immunitario, che a sua volta attiverà i meccanismi capaci di riconoscere e distruggere le cellule tumorali. Questo processo, ovvero la risposta immunologica indotta dal Vaccino, ha bisogno di tempo per produrre un effetto misurabile, come può essere ad esempio una riduzione delle dimensioni del tumore. Pertanto, l’efficacia del trattamento può essere evidente anche a distanza di alcuni mesi dalla Vaccinazione. Paradossalmente, può verificarsi che nelle prime fasi di applicazione del Vaccino la malattia neoplastica continui addirittura ad accrescersi.


 

Efficacia del trattamento

Alla luce di queste considerazioni, sono stati di recente modificati alcuni parametri che si utilizzano per misurare la risposta immunitaria indotta dal Vaccino nel Paziente e i tempi in cui questi si misurano durante e dopo il trattamento. In secondo luogo, si è capito che la selezione dei Pazienti che vengono inseriti negli studi clinici è molto importante. Questa selezione va fatta sulla base di un’accurata caratterizzazione biologica (genetica e immunologica) del Tumore presente nel Paziente. Non meno importante è lo stadio del Tumore per il quale si propone la Vaccinoterapia: è assodato, infatti, che l’opzione terapeutica rappresentata dai Vaccini può esercitare una maggiore efficacia nelle fasi iniziali di crescita del Tumore piuttosto che in quelle molto avanzate. In definitiva, i migliori candidati per questo tipo di terapia sono in genere Pazienti che presentano una malattia ridotta o senza malattia evidente, ma con alto rischio di ricaduta.

Combinare le terapie

Oggi le relazioni che si stabiliscono fra il Tumore e il sistema immunitario sono molto meglio caratterizzate rispetto al passato, grazie all’avanzamento delle conoscenze sulla biologia del cancro. Oltre all’instabilità genomica delle cellule neoplastiche, ossia la loro grande capacità di mutamento che gli consente di cambiare caratteristiche, più recentemente, si è capito che le cellule tumorali possono condizionare a loro vantaggio l’ambiente in cui il Tumore si accresce, acquisendo la capacità di regolare negativamente il funzionamento delle cellule immunitarie. Agire su questi circuiti inibitori per promuovere la risposta antitumorale sta diventando pertanto una nuovo obiettivo della Ricerca.
Tutte queste conoscenze potranno essere utilizzate per orientare anche la preparazione di nuovi vaccini o, ancor più, per combinare trattamenti terapeutici diversi. Da quanto abbiamo detto emerge chiaramente, infatti, che i Vaccini terapeutici non saranno probabilmente mai in grado di curare da soli un Tumore in stadio avanzato. I Ricercatori hanno capito molto bene che il Tumore va aggredito su più fronti con strumenti che affrontino contemporaneamente o in successione componenti diverse presenti nella massa tumorale. Quindi le cellule tumorali saranno il bersaglio preso di mira dalla Vaccinoterapia ma andranno colpiti anche altri elementi presenti nell’ambiente in cui il Tumore progredisce, combinando Chirurgia, Chemioterapia ed altre possibili Terapie biologiche. Il tema è complesso ma, al momento, sta nuovamente infiammando la comunità scientifica. Dati recenti hanno documentato che alcuni Pazienti affetti da Melanoma sono ancora vivi a distanza di dieci anni dall’applicazione di un trattamento immunologico. È un traguardo di grande importanza ma ancora estremamente raro da raggiungere. Molta attenzione stanno riscuotendo approcci che hanno la capacità di “sbloccare” il sistema immunitario nei confronti del Tumore, come si è detto in precedenza. A questo riguardo sono già arrivati nell’applicazione clinica i primi farmaci, quale ad esempio l’anticorpo” ipilimumab”, che agiscono sui circuiti inibitori attivati dal tumore. A conferma del rinnovato entusiasmo è stato recentemente coniato il termine “Immunoncologia” per definire un filone di Ricerca sperimentale e clinica che, combinando discipline diverse, possa esplorare nuovi percorsi per potenziare l’azione del sistema immunitario aiutandolo, se non a eradicare totalmente il Tumore, a tenerlo a bada per tutta la vita del Paziente.

Cron Job Starts