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Tumore del pancreas, la diagnosi è spesso tardiva

Autore: Dott. Raffaele Manta

Spesso, durante l’evoluzione iniziale del tumore, non si hanno sintomi specifici caratterizzanti e dunque difficilmente individuabili

La Neoplasia maligna del pancreas (Adenocarcinoma) è una patologia estremamente aggressiva che, fino a qualche anno fa, era considerata relativamente rara ma la cui incidenza nei paesi occidentali è in progressivo aumento. Negli ultimi 30 anni infatti, in Europa e negli Stati Uniti è stato registrato un incremento progressivo di 2,3 volte i casi registrati in un anno, tanto che ad oggi il Tumore del pancreas rappresenta il 3-5% di tutte le neoplasie solide e rappresenta la quinta causa di decesso per patologia oncologica in assoluto, con un tasso di mortalità a 5 anni superiore al 90%. I motivi del preoccupante incremento dell’incidenza di questa malattia sono correlati all’aumento dell’età media (colpisce con più frequenza, infatti, soggetti di età superiore a 65 anni) e alla maggiore esposizione ad una serie di fattori di rischio ambientali come fumo, alcol e sovralimentazione.

Perché il tasso di mortalità è alto

L’alto tasso di mortalità è legato a diversi fattori negativi che sfortunatamente si sovrappongono e si amplificano a vicenda nel corso della malattia: diagnosi tardiva, rapidità e aggressività di diffusione del tumore nei tessuti vicini, refrattarietà alla chemioterapia standard. In particolare le ragioni che generalmente portano ad una diagnosi tardiva della malattia sono legate al fatto che, durante l’evoluzione iniziale del tumore, non si hanno sintomi specifici caratterizzanti e dunque difficilmente individuabili.

Sintomi aspecifici

L’Adenocarcinoma del pancreas insorge quasi sempre con sintomi subdoli ed aspecifici come l’anoressia e il calo ponderale o con dolore progressivamente ingravescente alla schiena che, specie nelle prime fasi della malattia, viene spesso confuso e ascritto a patologie benigne di altra natura. In altri casi la malattia si manifesta per mesi solo attraverso un Diabete di nuova insorgenza, senza nessun altro sintomo caratterizzante. In presenza di un corteo sintomatologico così vario e poco definito, ecco perché la diagnosi rischia purtroppo di essere spesso tardiva e in uno stadio di malattia già avanzato e non più curabile. In presenza di sintomi sospetti, in particolare se associati ad un Diabete di nuova insorgenza, è quindi consigliabile rivolgersi ad uno specialista Gastroenterologo che, grazie a strumenti diagnostici di ultima generazione, può individuare il Tumore del pancreas in stadi precoci ancora potenzialmente curabili.

Non ci sono programmi di screening

Ad oggi non esistono, come per altre patologie oncologiche (Tumore del colon o della mammella), programmi di screening per il Tumore del pancreas a causa dell’aspecificità dei fattori predisponenti che rende difficile il reclutamento di soggetti potenzialmente a rischio.

Fattori ereditari e strumenti diagnostici

Solo nel 5-10% dei casi, quando la malattia è legata a fattori ereditari, possono essere impiegati specifici protocolli di screening basati sull’esecuzione di metodiche diagnostiche di terzo livello come la Risonanza Magnetica Nucleare o dell’Ecoendoscopia pancreatica che devono essere eseguite da professionisti esperti e in centri di riferimento.
Delle due metodiche, l’Ecoendoscopia permette, attraverso un esame diagnostico sovrapponibile ad una Gastroscopia, di ottenere una visualizzazione estremamente dettagliata del tessuto pancreatico e di effettuare, se necessario, prelievi bioptici mirati. Per tale motivo l’Ecoendoscopia rappresenta ad oggi la procedura diagnostica più accurata e affidabile per lo studio e la stadiazione della massa tumorale pancreatica.


Strumenti per la diagnosi precoce

Negli ultimi anni sono allo studio delle metodiche per la diagnosi precoce e non invasiva attraverso un prelievo di sangue che consente di identificare frazioni circolanti di DNA (micro RNA) e proteine prodotte dalle cellule tumorali e circolanti nel sangue del malato, già negli stadi iniziale di malattia. Questi test sono ancora estremamente costosi e poco diffusi nella pratica clinica, ma in un prossimo futuro potranno essere applicati su larga scala non solo nei soggetti a rischio, permettendo finalmente di raggiungere l’obiettivo fondamentale della diagnosi precoce in tutti i malati.

Il percorso di cura

Una volta ottenuta la diagnosi è fondamentale stabilire un percorso di trattamento in centri di riferimento che seguono un alto volume di malati, garan-l’accesso a cure e protocolli aggiornati e si avvalgono di team multidisciplinari specialistici (Chirurgo, Oncologo, Gastroenterologo, Radioterapista, Nutrizionista). L’aggressività biologica della malattia necessita infatti di trattamenti multimodali, poiché anche gli stadi iniziali e operabili sono caratterizzati da un altissimo tasso di recidiva post-chirurgica (fino al 70-80% entro i 5 anni) in assenza di un adeguato trattamento neoadiuvante chemioterapico.
Nei casi diagnosticati in fase già avanzata purtroppo i pochi schemi di trattamento approvati disponibili mostrano una scarsissima efficacia a causa dell’elevata resistenza delle cellule e della scarsa penetranza dei chemioterapici a livello del tumore e un’alta tossicità. In questi casi tuttavia, negli ultimissimi anni, il crescente utilizzo dell’Ecoendoscopia permette di effettuare trattamenti locoregionali mirati direttamente sul tumore; è il caso della Radiofrequenza (terapia termica) che rappresenta un trattamento ablativo, basato sulla differenza di potenziale tra due elettrodi, che genera tensione elettrica e, di conseguenza, calore localizzato che permette di uccidere le cellule neoplastiche. Un’altra applicazione futura è rappresentata dall’iniezione, ecoendoguidata, di agenti chimici (chemioterapici) direttamente nella lesione in modo tale da aumentare la risposta immunitaria agli antigeni tumorali ma questo ambito, seppur se ne parli da circa 20 anni e sia tuttora oggetto di studi, non ha mai dato i risultati sperati. Applicazione attuale e moderna è l’utilizzo dell’Ecoendoscopia per il controllo del dolore addominale, acuto e cronico, legato all’infiltrazione del ganglio celiaco da parte della neoplasia pancreatica; l’iniezione loco-regionale di alcool e di un farmaco anestetico come la bupivacaina, consente, di fatto, di eseguire e ottenere un “blocco anestesiologico” del suddetto plesso celiaco, ottenendo sollievo dal dolore cha deteriora fortemente la qualità della vita del Paziente.
Grazie alle possibilità offerte da queste tecniche, combinate ai trattamenti oncologici standard e ad un adeguato sostegno nutrizionale del Paziente, anche nei casi di neoplasia avanzata è dunque possibile ottenere una sopravvivenza maggiore e mantenere un livello accettabile di qualità della vita.