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Sessualità, come spiegarla ai bambini

Autore: Dott.ssa Francesca Fossi

Il tema della sessualità dovrebbe essere affrontato dai genitori in modo graduale e adeguato all’età, disponendosi all’ascolto e rispondendo alle domande dei bambini con tranquillità

Il passaggio tra infanzia e adolescenza è un periodo, tra gli 11 e i 14 anni, solitamente denso di cambiamenti sia fisici che mentali. I valori e i punti di riferimento cambiano: i coetanaei, e il contesto di riferimento in senso più ampio, acquistano sempre più rilevanza accanto alle figure genitoriali.
Questi cambiamenti sono rapidi e spesso difficili da gestire. I primi mutamenti che iniziano a presentarsi sono quelli fisici: il corpo è in una fase di cambiamento e ciò porta con sé il compito, e talora la difficoltà, di accettare la nuova identità corporea che spesso non corrisponde alle richieste della società e quindi ai modelli presentati dai media. È in questo momento che i bambini cominciano a sperimentare l’attrazione per l’altro sesso e a farsi le prime domande riguardanti la sessualità.

Media e sessualità

Dobbiamo partire dal presupposto che le nuove generazioni hanno mille fonti di informazione che mostrano tuttavia un’immagine della sessualità spesso ridotta alla sola genitalità (il solo atto fisico) separata dalla sfera affettiva e dal desiderio di relazione con l’altro. Se camminando per strada poniamo l’attenzione ai cartelloni pubblicitari o a quelli cinematografici, ci rendiamo conto che sono pieni di sottintesi, talvolta piuttosto volgari, e lo stesso avviene se pensiamo a ciò che trasmette la televisione o a ciò che è possibile visionare sul web, oggi accessibile facilmente anche ai più piccoli.
La sessualità riguarda la sfera dell’essere e non la sfera dell’agire: non è un comportamento anche se erroneamente si dice “fare sesso”; la persona sessuata, a differenza degli animali, entra in relazione con l’altro, non solo spinta dal solo istinto di conservazione della specie. 

Le domande dei bambini

A quale età l’adulto deve iniziare a educare un bambino alla sessualità? Innanzitutto ricordiamo che i genitori sono sicuramente i primi maestri e punti di riferimento a cui con il tempo si aggiungeranno insegnanti, amici, educatori. Nei primi tre anni di vita il bambino inizia a costruire la propria identità sessuale, osservando come mamma e papà si comportano in quanto donna e uomo e che tipo di relazione hanno tra loro nella quotidianità. Tra i 3 e i 6 anni cominciano a sorgere le prime domande: “Ero anche io nella pancia prima di nascere?”, “Come nascono i bambini?”. In questa fase i genitori devono accogliere le domande come una curiosità lecita e formulare risposte semplici: ciò si può fare utilizzando il linguaggio delle favole o facendo riferimento al mondo degli animali. Dai 7 anni in poi il bambino può iniziare a fare domande più dettagliate: “Come ha fatto il semino ad entrare dentro la pancia della mamma?”. Da questo momento le risposte devono essere graduali ma vere, senza avere la pretesa di dire tutto e subito ma aspettando che sia il bambino a chiedere di approfondire l’argomento. Può essere molto utile in queste occasioni chiedere: “Come mai mi fai questa domanda? Tu cosa sai già?” in modo tale da prendere tempo per gestire l’emozione suscitata dalla domanda e trovare la risposta giusta. Spesso i genitori pensano di dover dare tutti i particolari ma il figlio, forse, ha solo bisogno di sapere che siete lì con lui per ascoltarlo e aiutarlo a capire. 


 

Quale linguaggio?

Quando si approccia a un argomento così delicato è importante sapere che tipo di linguaggio utilizzare. Il linguaggio scientifico è quello più corretto per la trasmissione delle informazioni (è quello che i ragazzi trovano sui libri o ascoltano sui documentari) ma usato in famiglia rischia di essere arido e freddo.
Un altro tipo di linguaggio è quello “volgare” di cui si servono i bambini quando sono tra di loro per sentirsi grandi o per provocare l’adulto. I genitori difficilmente utilizzano questo tipo di linguaggio, consapevoli del fatto che rimanda ad un’immagine svalutante del corpo e della sessualità.
Infine, esiste il linguaggio familiare: ogni famiglia ne possiede uno e serve non solo a dare un nome a situazioni e/o oggetti ma anche a caricarli di emozioni e sentimenti. Basti pensare a quanti nomignoli vengono utilizzati all’interno di un nucleo familiare per denominare gli organi genitali oppure le mestruazioni: l’utilizzo di questo lessico è rassicurante e intimo, benché sia fondamentale che i bambini conoscano anche la terminologia corretta. Quest’ultimo modo di comunicare permette di proporre il tema della sessualità non come qualcosa di distaccato e imbarazzante ma come una dimensione della nostra vita ricca di significato.
Bisogna inoltre ricordare che trasmettiamo messaggi anche attraverso il linguaggio non verbale: il modo di comportarsi dell’adulto influenza il sentire e l’esperienza emozionale del bambino, il quale a sua volta modula il suo comportamento in funzione del significato che attribuisce al nostro.

Il clima giusto

La cosa principale su cui porre l’attenzione è il clima psicologico relativo al momento in cui si affronta questo tema: l’atteggiamento del genitore, e dell’adulto in generale, dovrebbe essere improntato alla calma e all’autocontrollo; più la conversazione sarà rilassata tanto più spesso potrà avere luogo in quanto non sarà qualcosa di temuto. Non bisogna trasmettere l’impressione che in realtà non si abbia voglia di parlarne o che si sia costretti a farlo: per il genitore dovrebbe essere sempre un piacere parlare dei problemi dei ragazzi anche se ciò può essere imbarazzante.

Quando e con quali parole

Anziché attendere che siano i bambini a farvi domande o cercare segnali della loro attività sessuale, vera o presunta, è necessario partire dal presupposto che sicuramente il sesso è qualcosa a cui pensano. Non c’è modo di esaurire l’argomento in una sola conversazione e in ogni caso i figli crescendo e facendo esperienze diverse avranno nuove domande e preoccupazioni.
È inoltre opportuno che i genitori si esprimano con il linguaggio degli adulti senza porsi nel ruolo di “amici”, nessun figlio vuole infatti sentire i propri genitori utilizzare termini scurrili o inappropriati.


 

Spostare l’attenzione

Per affrontare i temi della sessualità, film, canzoni e programmi televisivi possono rappresentare un buon punto di partenza, in questo modo si rende la conversazione meno “accusatoria” in quanto i figli non sono al centro della conversazione che quindi non è impostata sul “Cosa fai tu? Cosa fanno i tuoi amici?” E tuttavia sarà l’occasione comunque per avere un quadro di ciò che pensano i ragazzi, pur non essendo direttamente il figlio al centro del discorso. La cosa importante è comunque quella di creare un dialogo e incoraggiare i propri figli a parlare, ascoltando veramente i loro pensieri e preoccupazioni. Ciò metterà in evidenza gli argomenti che necessitano di ulteriori spiegazioni e quali sono i temi che li preoccupano.

Niente fretta

Altra cosa da evitare è quella di dare risposte affrettate: è possibile che i bambini facciano domande in un momento in cui non si è in grado di rispondere nell’immediato. Potrebbe succedere che il bambino, o il ragazzo, ponga un quesito di tipo medico, per esempio, e che non si sia sicuri della risposta, o magari sia proposta una questione a sfondo etico su cui non si ha un’opinione ponderata. In questi casi, anziché azzardare una risposta istintiva e incompleta è preferibile dire con onestà: “Non sono sicuro. Ci devo pensare e poi te lo dirò”. Sappiate che i ragazzi ascoltano anche se, soprattutto i preadolescenti e gli adolescenti, si comportano come se così non fosse perché sono in imbarazzo o non sanno cosa rispondere.

In quali situazioni

Ci sono molti contesti o situazioni in cui può succedere di trovarsi ad affrontare il tema della sessualità. Sicuramente sedersi faccia a faccia con l’intenzione di fare una conversazione è una situazione che intimidisce. Sarà più semplice sia per l’adulto che per il bambino parlare in una circostanza più adeguata come ad esempio mentre ci si trova in auto, mentre si passeggia oppure quando si sta cucinando. Qualunque sia la situazione in cui si decida di sollevare l’argomento è bene assicurarsi che ci sia tempo a sufficienza per la conversazione e che altri non possano interromperla e che ci siano le condizioni, sia per l’adulto che per il ragazzo, per sentirsi a proprio agio. La conversazione non dovrà essere simile a un monologo a senso unico, andranno invece sollecitate le domande o l’espressione delle perplessità, concludendo sempre che sarete felici di parlarne nuovamente. 

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