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La Vitamina D protegge dal Covid-19?

Autore: Prof. Giancarlo Isaia

Il Coronavirus colpisce, soprattutto nelle sue gravi complicanze, soggetti di età più avanzata nei quali vi è una maggiore prevalenza di Ipovitaminosi D

L’epidemia da Coronavirus rappresenta un evento che ha sorpreso i Medici ed i Sistemi sanitari di tutto il mondo per la rapidità e la virulenza con la quale si è sviluppata: di conseguenza, non è stato possibile mettere tempestivamente in atto i necessari ed efficaci meccanismi per difendere le popolazioni e, al di là di rilevanti problematiche di ordine sanitario, la pandemia rischia di creare nuove povertà, compromettere i rapporti sociali, mettere in discussione modelli di sviluppo consolidati e di rivoluzionare in misura potenzialmente epocale la civiltà occidentale.

Di fronte a una tale catastrofe sanitaria e sociale ci siamo posti le seguenti domande, alle quali per il momento non sono state fornite risposte esaustive:

  • Perché la malattia, e soprattutto le sue gravi complicanze, colpiscono soggetti di età più avanzata?
  • Per quale motivo il Covid-19 si è sviluppato, almeno nelle sue fasi iniziali, in zone orientativamente situate al di sopra del tropico del cancro?
  • Come mai questa malattia si diffonde in modo così rapido e con complicanze non soltanto polmonari, ma anche vascolari e trombotiche? 

Le nostre ipotesi

Nell’ambito dell’attività scientifica dell’Accademia di Medicina di Torino, con il Prof. Enzo Medico, Ordinario di Istologia all’Università di Torino, abbiamo richiamato l’attenzione sull’Ipovitaminosi D (carenza di vitamina D) che, a nostro parere, potrebbe fornire risposte a queste domande e il 26 marzo 2020 abbiamo pubblicato un documento “Possibile ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D nella gestione della pandemia da COVID-19” (link) condiviso con i Soci dell’Accademia di Medicina di Torino, nel quale abbiamo avanzato, sulla base di solide evidenze scientifiche, l‘ipotesi di un suo potenziale ruolo nell’insorgenza del Covid-19. Il documento, diffuso dall’Università di Torino, è stato ripreso dai media di tutto il mondo e, accanto a numerosi apprezzamenti, non sono mancati alcuni rilevi critici che hanno sottolineato che l’ipotesi in esso avanzata, peraltro suggestiva e ben argomentata, necessiti di una più puntuale dimostrazione scientifica.


Altri supporti scientifici

Nel giro di pochi giorni sono comparsi alcuni importanti e qualificati contributi che, da differenti punti di vista, hanno supportato la nostra ipotesi:

  • Una revisione scientifica, pubblicata su “Nutrients”, “Evidence that Vitamin D Supplementation Could Reduce Risk of Influenza and COVID-19 Infections and Deaths” (WB Grant et al)  (link) sottolinea che la Vitamina D riduce il rischio di infezioni respiratorie, attraverso particolari meccanismi biochimici e stimola l’attività immunoregolatoria, potenzialmente rilevante rispetto al rischio di produzione di sostanze infiammatorie da parte delle cellule del sistema immunitario e di Polmonite, osservata in Pazienti con Covid-19. Lo studio conclude che, pur nella necessità di condurre una specifica sperimentazione, durante la pandemia da Covid-19 tutti i Pazienti e gli operatori sanitari dovrebbero assumere la vitamina D al fine di prevenirne la diffusione.

  • Uno studio, condotto in Svizzera (link) anch’esso pubblicato su Nutrients, ha successivamente confermato la presenza di una ridotta presenza di Vitamina D nel plasma nei Pazienti con Coronavirus positivi alla PCR (Proteina C-reattiva) affermando che la supplementazione con Vitamina D potrebbe ridurre il rischio di infezione.

  • Un articolo di autori inglesi, in corso di pubblicazione su “Aging Clinical and  Experimental Research”  (link) ha esaminato i Pazienti con Infezione da Coronavirus in numerosi Stati europei, evidenziando una forte associazione fra ridotti livelli di Vitamina D da un lato e maggiore morbilità e mortalità dall’altro, con particolare significatività in Italia, Spagna e Svizzera e consigliando, a fini preventivi, la somministrazione di Vitamina D nei soggetti a rischio.

  • Una recentissima revisione scientifica redatta da K. Adams,  (link) ha espressamente citato il nostro articolo ed ha indicato la Vitamina D come un potenziale utile supporto nei Pazienti Covid-19.

  • Uno studio condotto in California da Glinsky, (link) ha utilizzato la moderna intelligenza artificiale afferendo a Banche dati di Genomica molecolare, ed ha identificato alcune sostanze dotate di effetto potenzialmente inibente o stimolante l’espressione dei geni ACE2 e FURIN, che favoriscono il decorso dell’infezione da Coronavirus; fra queste, la Vitamina D e la Quercitina, un flavonoide vegetale, hanno mostrato un effetto inibitorio sull’espressione dei geni esaminati e pertanto gli autori, concludono che il compenso dell’Ipovitaminosi D può verosimilmente ridurre l’elevata mortalità conseguente all’infezione.

I risultati preliminari

Riporto qui i risultati preliminari di un nostro studio nel quale abbiamo valutato i livelli di Vitamina D in un gruppo di 31 Pazienti ospedalizzati per Covid-19 in due Ospedali dell’area torinese (4 femmine e 27 maschi), di età compresa fra 41 e 87 anni. La media generale della vitamina D è risultata di 13,65 (+/- 6.75) ng/ml e in tutti i Pazienti abbiamo rilevato valori inferiori a 30 ng/ml: in particolare, valori compresi fra 30 e 20 ng/ml sono stati ritrovati in 6 casi, tra 10 e 20 ng/ml in 17, e valori inferiori a 10 ng/ml in 8 casi. Sebbene questi dati derivino da una casistica numericamente piuttosto contenuta, riteniamo, anche sulla base dei dati scientifici precedentemente esposti, che tale marcata prevalenza di ipovitaminosi D nei Pazienti ospedalizzati per Covid-19 possa essere considerata non solo una casuale associazione, ma anche un possibile fattore patogenetico.

Le nostre risposte

Volendo fornire risposte motivate alle domande che abbiamo posto in premessa, possiamo senza dubbio raccomandare alla popolazione in generale e agli anziani in particolare, di raggiungere livelli adeguati di Vitamina D, con la dieta, esponendosi adeguatamente al sole, oppure, sotto controllo medico, assumendo integratori specifici, in quanto il Covid-19:    

  • colpisce, soprattutto nelle sue gravi complicanze, soggetti di età più avanzata nei quali vi è una maggiore prevalenza di Ipovitaminosi D;

  • si è sviluppato, almeno nelle sue fasi iniziali, in zone situate al di sopra del tropico del cancro che sono le meno esposte all’irradiazione solare nel periodo invernale;

  • si distribuisce in modo così rapido e con complicanze che non sono soltanto polmonari, ma anche vascolari e trombotiche, certamente per una particolare aggressività del virus, ma forse anche in ragione degli effetti (trombofilici) esercitati dalla carenza di Vitamina D. (link)

 

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