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Covid-19, l’ultima importantissima scoperta

Autore: Intervista di Antonella Ciana al Prof. Cesare Perotti

Il Prof. Cesare Perotti ha messo a punto un trattamento con plasma iperimmune e in questa intervista ce ne spiega il funzionamento

Professore, come è nata l’idea di questo importantissimo progetto?
Il protocollo è partito su iniziativa del servizio di Immunoematologia del Policlinico San Matteo, fortemente appoggiato dalla Direzione generale, che ha colto in un momento di grande difficoltà terapeutica l’occasione di aggiungere un’arma in più alla terapia già in atto, quindi quella con antivirali e altri presìdi come il Tocilizumab, gli anticorpi monoclonali. L’idea è nata basandoci sulle esperienze precedenti di altre pandemie (Sars, Mers, Ebola…) per tentare una terapia aggiuntiva utilizzando un’idea abbastanza semplice, cioè utilizzare il plasma dei soggetti guariti dall’infezione da Covid-19. Nel plasma dei soggetti guariti convalescenti ci sono infatti gli anticorpi circolanti che hanno permesso loro di guarire, e questi sono in grado, una volta infusi in un soggetto il cui sistema immune non è stato in grado di creare una difesa immunitaria efficace, di infondere passivamente degli anticorpi molto specifici diretti contro il virus. Il Policlinico, disponendo di una Virologia di altissimo livello, è anche in grado di qualificare questo plasma che “fa il titolo” di questi anticorpi (si dice “titolo neutralizzante”); significa mettere a contatto il plasma dei convalescenti con una coltura di coronavirus e poi vedere come questi siano in grado di uccidere il virus.

Quale iter burocratico avete dovuto seguire?
L’iter che si fa in questi casi, e cioè: scrittura del protocollo, quindi sottomissione al Comitato etico dell’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, poi richiesta al Centro Nazionale Sangue (che è il nostro referente nazionale) del permesso di raccogliere “in deroga”, ovvero di raccogliere il plasma con aperture più ampie rispetto a ciò che si fa per un donatore di sangue tradizionale. Il Centro Nazionale Sangue, nelle vesti del suo Direttore, ha immediatamente concesso la raccolta in deroga, addirittura aumentando il numero degli esami sul plasma, che vanno ben oltre quelli previsti dalla legislazione italiana per un plasma classico di routine. Quindi il plasma che noi rilasciamo è forse il più sicuro al mondo proprio per via di questi esami aggiuntivi (Epatite A, Epatite E e Parvovirus) e in più ha anche il titolo, quindi è ipersicuro. Questo è ciò che ci contraddistingue dagli altri protocolli che sono partiti ad esempio negli Stati Uniti, a cui abbiamo messo a disposizione il nostro protocollo, perché ci è stato chiesto dall’ASH (American Society of Ematology) nelle vesti del suo Presidente. Loro hanno riconosciuto il fatto che noi siamo avanti di 40-45 giorni nell’esperienza Covid-19 rispetto a loro, dove l’ondata è arrivata dopo. Penso che in queste condizioni di alta drammaticità bisogna condividere tutto, e quindi lo abbiamo ceduto immediatamente. Gli americani l’hanno adattato, l’FDA l’ha recepito adattandolo alle esigenze organizzative degli Stati Uniti e hanno ottenuto il consenso e l’adesione di ben 106 Centri universitari; poi hanno allertato la Croce Rossa americana e, quindi, è partito anche negli Stati Uniti, cosa che ci rende orgogliosi.

Ci spiega in dettaglio come funziona questa importante scoperta?
Sottolineo che non esistono pozioni magiche, ma soltanto buone pratiche mediche. La nostra è una  terapia aggiuntiva importantissima, perché è l’unica in questo momento realmente diretta contro il virus, quindi realmente virucida. Poi nella pratica della terapia bisogna individuare il “timing” ideale per l’infusione. Un esempio: un paziente da 30 giorni in ventilazione forzata probabilmente non è il target ideale perché ha un polmone già compromesso. Quindi il timing ideale (che è l’obiettivo dello studio) è quello di individuare i pazienti nella fase “mild severe” cioè di gravità medio severo, ovvero quelli che da un’infezione con febbre e tosse stanno andando verso la desaturazione. In pratica, hanno l’ossigenoterapia e stanno scivolando verso i caschi Cpap (sistemi di ventilazione assistita non invasiva). Questo è il timing ideale per intervenire. Va sottolineato che questa terapia nulla toglie alle altre terapie che le varie istituzioni di “intensive care” decidono di attuare secondo i loro protocolli; quindi non interferisce con la terapia antivirale farmacologica.  È una terapia che si può dare in associazione, non in alternativa.


 
I…numeri di questo protocollo?
A oggi abbiamo concluso il protocollo di studio che prevede una numerosità del campione, cioè il numero dei pazienti stabilito con criteri statistici: siamo a circa 50 pazienti.  Ciò non significa che non si proseguirà, perché il protocollo verrà esteso, anche basandoci sull’esperienza maturata, che è stata grande. Per ora il protocollo di studio “osservazionale” è chiuso, e i risultati sui 50 pazienti trattati verranno presentati in un’attenta analisi su tutto ciò che abbiamo raccolto in termini di informazione. L’ “end point” primario dello studio, che era la mortalità, era stata calcolata secondo i normali criteri di un 15-20% atteso: a fronte di questo, la mortalità è stata zero. E l’end point primario uguale a zero significa che abbiamo dimostrato la cosiddetta “safety”, ovvero la sicurezza della strategia. Abbiamo potuto raggiungere questi risultati perché il Policlinico San Matteo di Pavia, con la sezione di Immunoematologia che per tradizione è una delle più importanti non solo in Italia ma anche in Europa, possiede la tecnologia per fare efficacemente questa raccolta di plasma, con una Direzione scientifica e una Direzione generale di alto livello. Qui si diventa operativi con una capacità che per altri Centri non è così scontata. L’aferesi (sia quella di routine sia quella terapeutica) è nata a Pavia.

Quali gli eventuali effetti collaterali del trattamento con plasma iperimmune?
Allora, ci sono gli effetti collaterali previsti eventualmente dall’infusione di plasma, come reazioni pruriginose o di tipo allergico, cosa che noi abbiamo avuto in un solo paziente. Gli effetti collaterali sono, dunque, assolutamente standard.

Avete avuto scambi anche con la Cina?
Una delegazione di Wuhan è venuta a condividere la sua esperienza. La delegazione si è trattenuta due giorni, insieme al mio collega corrispondente, con me e i miei collaboratori; abbiamo condiviso la loro esperienza e abbiamo discusso. Io ho fatto vedere loro le mie attrezzature e loro mi hanno raccontato dei loro risultati, abbiamo insomma avuto uno scambio utilissimo. Al momento loro hanno fatto una prima pubblicazione su 3 pazienti, poi ne hanno fatta un’altra su 19. Noi usciremo con una pubblicazione su 50 che, per ora, rimane la prima esperienza di questo tipo nel mondo occidentale.

Quale tipo di scenario futuro prevede per questa importante scoperta?
Allora, lo scenario futuro si può dividere in due parti: il primo scenario è quello di continuare a proseguire nel raccogliere il plasma dei convalescenti (finché ci saranno convalescenti) e continuare a fare questa terapia. Bisogna sapere che non tutti i plasmi dei convalescenti sono idonei per titolo all’infusione o, per lo meno, secondo l’esperienza che abbiamo appena terminato. Probabilmente plasmi con titolo virucida inferiore (quindi fuori dal protocollo) sono altrettanto efficaci, però questo va dimostrato. E qui si apre il secondo scenario: noi continueremo a raccogliere tutto il plasma dei convalescenti, e quello che rispetterà alcuni standard di titolazione verrà utilizzato nei pazienti mentre gli altri, come già stiamo facendo, certamente non verranno buttati ma saranno comunque congelati e avranno due destini: o dimostriamo che vi è altrettanta efficacia, e allora li useremo normalmente ampliando il range del protocollo, oppure li teniamo congelati e verranno in un secondo momento richiesti dall’industria degli Emoderivati e, da questi, si produrranno le immunoglobuline specifiche in via industriale. E, dato che siamo tutti preoccupati per il fatto che in autunno potrebbe esserci una ripresa, noi intanto ci facciamo le scorte. 

Quali collaborazioni avete avuto a livello nazionale?
L’Ospedale di Mantova è un nostro ottimo partner, sono veramente molto bravi. Personalmente io il progetto l’ho lasciato aperto a tutti, quindi chiunque poteva partecipare; abbiamo avuto tante adesioni, vedremo poi in concreto chi riuscirà ad unirsi a noi.

 

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