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Stress e tumori, quale relazione?

Autore: Dott.ssa Luisa Merati

La modalità di reazione allo stress può essere considerata come fattore rilevante nell’insorgenza dei tumori e nel loro decorso

Negli anni sessanta, agli albori degli studi sugli aspetti psicosomatici dei tumori, lo Psicoanalista Claus Bahne Bahnson notò che i malati di Cancro, rispetto a quelli di altre patologie somatiche utilizzavano con maggiore frequenza meccanismi psicologici che tendono a escludere dal campo di coscienza l’ansia e l’angoscia o comunque a sopprimere o reprimere reazioni comportamentali aperte.
Formulò l’ipotesi della “Personalità a rischio”, caratterizzata dalla tendenza alla compiacenza nei rapporti interpersonali, dal tentativo di dare di sé un’immagine positiva e accettabile, dalla tendenza a non manifestare le proprie emozioni negative, in particolare la rabbia, che non vengono espresse apertamente, ma bloccate e represse sul piano del comportamento, dall’incapacità ad affrontare in maniera adeguata gli eventi stressanti, di fronte ai quali il soggetto reagisce in maniera scoordinata, sviluppando sentimenti di ineluttabilità, inerzia, inutilità e perdita della speranza fino alla rinuncia totale e alla depressione. Gli studi condotti dai vari Autori hanno concluso che la personalità sia un fattore di rischio che si può affiancare all’esposizione a vari fattori di rischio ambientale.

Gli eventi stressanti

Che l’incidenza di eventi stressanti favorisca lo sviluppo di malattie mentali e somatiche è un dato su cui si è indagato per decenni, trovando nella maggioranza dei casi conferma sperimentale. Alcuni eventi occorsi nelle fasi precoci della vita (traumi affettivi, perdita dei genitori, frustrazione nelle relazioni di attaccamento con le figure significative) avrebbero una certa rilevanza nel modulare non solo lo sviluppo della personalità ma anche le modalità di reazione psicobiologica agli eventi stressanti nel corso dell’esistenza.
Gli avvenimenti della vita implicati come possibili co-fattori nell’insorgenza del Cancro sono caratterizzati da elevata gravità e principalmente da eventi di perdita caratterizzata da notevole carico emozionale (per esempio la morte di persone care o gravi perdite simboliche inerenti ruolo, potere, stima e identità).
La reazione individuale all’evento è l’elemento più importante nel definire le possibili conseguenze dell’evento stesso. Le reazioni caratterizzate da sensazione di subire passivamente, incapacità di controllare l’evento, inerzia, impotenza e disperazione, potenziano gli effetti negativi di qualunque evento stressante.
Il fattore età si pone come importante elemento di relazione tra stress e malattia: all’aumentare dell’età corrispondono una maggiore possibilità di eventi di perdita e una diminuzione delle capacità di difesa psicologica, con maggiore rischio di reazioni di incontrollabilità e ineluttabilità.


La risposta individuale allo stress

Ammesso che lo stress possa agire come concausa, attraverso quali meccanismi biologici può rendersi possibile un’azione dello stress sull’organismo? Probabilmente attraverso l’interazione tra sistema nervoso centrale, sistema neuroendocrino, sistema immunitario e neoplasia.
Perché allora solo alcuni individui sviluppano una malattia in risposta allo stress? La risposta individuale allo stress media in maniera evidente la patogenicità dell’evento stressante, la personalità individuale e i meccanismi di reazione e di difesa agli avvenimenti stressanti assumono quindi un ruolo fondamentale.
Ma quando la reazione di stress diventa potenzialmente dannosa? Quando l’organismo è impossibilitato a reagire a eventi o situazioni stressanti troppo intensi, ripetuti o prolungati. L’impossibilità a fronteggiare o neutralizzare la minaccia, porta ad una persistente attivazione dei sistemi neurovegetativo e neuroendocrino. Stress intenso, protratto, subìto, con ridotta possibilità di reagire questo è il quadro che sembra spesso ritrovarsi in soggetti che hanno subìto eventi di perdita e presentano vissuti di disperazione, mancanza di speranza, impossibilità o incapacità a reagire.
La perdita può riguardare non solo la perdita oggettiva di una persona cara per morte o separazione, ma anche la perdita improvvisa del proprio ruolo, identità o potere nella rete delle relazioni sociali, come nel pensionamento, nei fallimenti, in certi procedimenti giudiziari che spesso si accompagnano allo stravolgimento della propria immagine e status.
Se ciò viene subito nell’impotenza, nel senso di ingiustizia patita e non ci sono vie di fuga reali o mentali, le conseguenze possono essere negative.

Stress e risposte immunitarie

L’evidenza di interazioni molto strette tra sistema nervoso e sistema immunitario è una delle rivoluzioni scientifiche degli anni 80. Il sistema immunitario è sensibile agli stimoli stressanti non solo fisici ma anche emozionali: la produzione degli anticorpi, le reazioni anafilattiche, le risposte cellulomediate, la produzione di interferon, l’attività delle cellule “natural killer” sono tutte attività che possono essere ridotte o soppresse in seguito all’esposizione a stress emozionale sia negli animali che nell’uomo.
Risultano emblematici gli studi sulla “immunodepressione da lutto”: coniugi di soggetti deceduti per malattia terminale mostrano normale funzionalità dei linfociti T prima della morte del coniuge, e valori significativamente ridotti nelle settimane successive e un ripristino della normalità a distanza di alcuni mesi dopo la morte.

Psiconeuroimmunologia, stress e tumori

Nel caso delle Malattie infettive è ormai riconosciuto che condizioni di stress fisico ed emozionale possono indurre un’aumentata fragilità verso agenti patogeni, virali, batterici e fungini. Nel caso delle Neoplasie esiste una buona evidenza derivata da studi sperimentali che l’esposizione a condizioni di stress è in grado di influenzare nell’organismo animale sia l’insorgenza che il decorso dei tumori.
Dopo un’attenta revisione della letteratura inerente la relazione tra stress e diffusione delle metastasi, Bammer ha concluso che lo stress produce una riduzione della resistenza dell’organismo animale al Cancro, approssimativamente con il doppio delle metastasi negli animali stressati rispetto ai controlli, mentre Vogel e Bower ritengono che il fatto che lo stress possa modulare la formazione e la crescita dei Tumori e la loro trasformazione in metastasi, offra oggi un altro approccio alla comprensione della formazione e della crescita neoplastica attraverso una maggiore comprensione del meccanismo delle modificazioni chimiche indotte dallo stress.


 

Stress emozionale e linfociti

I linfociti “natural killer” sono ritenuti un importante strumento di difesa dell’organismo contro il Cancro.
Essi rappresentano una popolazione linfocitaria distinta da quella B e T; si trovano nel sangue periferico di ogni individuo e sono dotati di attività citotossica spontanea contro “cellule bersaglio”, senza aver bisogno di incontri precedenti con l’estraneo, cioè senza bisogno di precedente sensibilizzazione.
Questa attività si svolge principalmente attraverso la divisione delle “cellule bersaglio”; rappresentando quindi un mezzo fondamentale della immunosorveglianza.
E’ suggestivo rilevare come vari studi nell’animale e nell’uomo abbiano riscontrato una depressione dell’attività delle cellule “natural killer” in varie condizioni di stress emozionale. In particolare una ridotta attività dei linfociti “natural killer” è stata osservata in soggetti in stato di lutto per la morte di una persona cara.

Lo stile di reazione alla malattia

Il fattore emozionale risulta poi determinante anche sul decorso della malattia. È nell’esperienza di ogni Medico il Paziente che “non reagisce e si lascia morire”. L’altro lato dello stesso problema è rappresentato dai casi di miracolose regressioni di Tumori inoperabili o in fase avanzata per cui la scienza aveva formulato prognosi infausta.
La valutazione della sopravvivenza nel tempo ha dimostrato che l’adozione di meccanismi di tipo combattivo si associa ad una migliore prognosi rispetto ad altri modelli di reazione (fatalismo, disperazione).

Le relazioni d’aiuto

La mortalità per Cancro si associa a situazioni caratterizzate da scarso supporto sociale quale il vivere soli, la mancanza di una famiglia o di un coniuge, l’isolamento sociale. Ugualmente la vedovanza, la mancanza di sostegno da parte di una figura di riferimento vicina sul piano emozionale oltre all’isolamento sociale, si associano a bassa sopravvivenza.
In questa situazione la presenza di sintomi di sofferenza psichica, l’utilizzo di meccanismi di difesa e di reazione basati sull’inerzia, la disperazione e il fatalismo, l’incapacità ad esprimere le emozioni, e anche a comunicare e a chiedere aiuto, si inseriscono in un più ampio quadro di grave disagio in cui le possibilità di sopravvivenza si riducono notevolmente.
Un sistema di relazioni interpersonali e un ambiente in cui sia possibile manifestare i propri bisogni e chiedere aiuto è quindi un importante fattore positivo nell’evoluzione della malattia. In questo senso la Psicoterapia può giocare un ruolo determinante, può infatti favorire una migliore reazione alla malattia; può inoltre contribuire a migliorare lo stato emozionale del Paziente, influenzando i sistemi psiconeuroendocrino e psicoimmunologico, favorendo così la normalizzazione del sistema immunitario e il conseguente miglioramento della prognosi.

 

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