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Dormire meglio attraverso la musica

Autore: Prof.ssa Carolina LombardiMaestro Roberto Gallina

Evidenze scientifiche dimostrano che precise componenti timbriche e ritmiche dei suoni possono influenzare positivamente la qualità del sonno 

È ormai risaputo che il concetto di salute implica quello di armonia, rispetto al quale il primo pensiero che viene in mente ci conduce alla musica che, a sua volta, introduce ad uno stato onirico che richiama il sonno. Diventa quindi naturale immaginare che questo flusso di pensieri non sia casuale bensì si basi su legami effettivamente esistenti tra suono/musica e salute/sonno. D’altra parte, già durante la fase di formazione, ogni Medico si trova ad avere a che fare con i suoni: l’esame obiettivo del Paziente, infatti, quello che genericamente viene chiamato “visita”, si basa per lo più sull’ascolto degli organi interni (battito cardiaco, respiro, pressione).

Il suono, strumento di diagnosi

In Medicina del sonno il legame tra le componenti acustiche e il sonno è ancora più evidente: registrare il battito cardiaco nel sonno, il “suono” del respiro e le sue irregolarità, come il russamento, permettono di diagnosticare importanti disturbi tra cui la Sindrome delle apnee ostruttive nel sonno, in grado di alterare significativamente lo stato di salute dell’individuo e spesso accompagnata da sonnolenza diurna e incremento del rischio cerebro-cardiovascolare. Esistono anche altri suoni da indagare durante il sonno, meno conosciuti e talvolta più complessi da comprendere, che includono, ad esempio, le diverse vocalizzazioni che, a seconda delle caratteristiche, possono indirizzare verso un Disturbo del sonno NREM, come il Somniloquio, frequente in giovane età, oppure un Disturbo del sonno REM, come il Disturbo comportamentale del sonno REM, la cui caratteristica principale è quella di agire il contenuto dei sogni mentre si dorme. Più rare, ma non meno importanti da indagare, sono alcune condizioni particolari come la Catatrenia (“nocturnal groaning”), una Parasonnia caratterizzata da un rumore espiratorio prolungato, o lo “stridor laringeo”, presente durante il sonno in alcune Malattie neurodegenerative.

Fisiologia del sonno

Da un punto di vista fisiologico, il sonno è il risultato dell’armonia tra diversi meccanismi: il funzionamento dell’orologio biologico interno, la regolazione della temperatura corporea, i condizionanti ambientali come la luce e l’attività fisica, alcune secrezioni ormonali e, infine, il sistema nervoso vegetativo (che regola la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa che durante il sonno tendono a ridursi). Proprio come elementi di un’orchestra, tutte queste componenti entrano in gioco secondo tempi e “partiture” ben precise, realizzando quello che, genericamente, definiamo il ritmo circadiano sonno-veglia.
La musica e i suoni sono spesso la culla nella quale il sonno “nasce”: tutti, probabilmente, ricordiamo la ninna-nanna che la mamma ci cantava per aiutarci a prendere sonno o siamo colpiti dalla facilità con cui ci addormentiamo sul treno, così come ricorderemo sicuramente un risveglio col batticuore dovuto ad un rumore intenso e improvviso oppure la difficoltà di dormire nelle vicinanze di un aeroporto; questo succede perché esistono suoni/rumori amici e nemici del sonno.

L’ambiente giusto...

Indubbiamente il suono e la musica possono creare un ambiente uditivo favorevole all’induzione del sonno e ipotizziamo che ciò avvenga con diverse modalità di relazione:

  • la ricerca dell’annebbiamento e l’annullamento degli stimoli esterni: ad esempio suoni che nascondono altri suoni per annullarne l’influenza (suoni di mascheramento), come il suono bianco, rosa, il motore della macchina o uno scrosciare di pioggia;
  • musiche con suoni ripetitivi e strutture logiche non percepibili: come musiche orientali e meditative, ninne nanne, cantilene, nenie o la voce di una conferenza noiosa, che ci inducono a provare una certa noia per mancanza di stimoli interessanti;
  • il crearsi di uno stato di immaginazione onirica: ad esempio suoni delicati come quelli della natura, che ci fanno abbandonare il raziocinio, proiettandoci in un mondo irreale.

Negli ultimi anni si è parlato sempre più spesso dei rumori bianchi quali principali elementi acustici favorenti il sonno; questo perché hanno la caratteristica di occupare tutte le frequenze udibili in maniera costante, senza picchi o sbalzi improvvisi; per questa ragione riescono a coprire tutte le altre sorgenti acustiche eliminando, o meglio, mascherando qualsiasi rumore che possa in qualche modo distrarci o turbare il nostro sonno.
I rumori bianchi che esistono in natura possono essere il suono dell’acqua di un torrente, quello della pioggia o delle onde del mare, il vento tra le foglie degli alberi, ma anche il suono di un ventilatore o di un asciugacapelli.


... influenza la qualità del sonno

Vari studi scientifici hanno analizzato, anche per diverse fasce d’età, la qualità e la quantità del riposo notturno in relazione alla tipologia di inquinamento acustico dell’ambiente in cui viviamo e dormiamo, dimostrando come l’esposizione al rumore eccessi vo e irregolare comprometta la qualità del sonno e, quindi, lo stato di salute generale dell’individuo. Viceversa, in letteratura, ci sono evidenze che dimostrano possibili influenze positive di alcune componenti timbriche e ritmiche sul sonno e del possibile utilizzo dei suoni e della musica in ambito terapeutico. Tutte le metodiche di controllo della frequenza respiratoria (tecniche di respiro lento), infatti, si basano sull’ascoltare musica e hanno effetti positivi sia sulla sensazione di rilassamento che sui parametri cardiovascolari come la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca. Ma in che modo può avvenire questa interazione?

Questione di fisica

Le frequenze musicali (o sonore) sono un fenomeno fisico prodotto dalle vibrazioni di un corpo elastico che si trasmettono attraverso un mezzo come l’aria, l’acqua oppure un solido: naturalmente l’ampiezza delle onde prodotte è definita dalla natura della fonte che le ha generate. Le onde sonore si misurano in “Hz” (Herz), ovvero in cicli per secondo e hanno una caratteristica particolare chiamata “capacità di risonanza” o “simpatia delle frequenze”, grazie alla quale un suono, provocando la vibrazione dell’aria, è in grado di causare una vibrazione dello stesso tipo in un altro corpo che, se fosse uno strumento vicino, potrebbe mettersi a vibrare senza essere toccato, per “simpatia” appunto.

Anche il nostro cervello “risuona”

Allo stesso modo il nostro cervello produce onde (elettromagnetiche) di frequenza diversa a seconda dell’attività in cui è impegnato. Queste onde si misurano anch’esse in Hz e vengono registrate attraverso l’Elettroencefalogramma: come le frequenze musicali, anche questo tipo di onde gode del principio di risonanza tale per cui le onde elettromagnetiche inducono la produzione di onde simili in sintonia e in armonia con quelle d’origine. Questo fenomeno si osserva, per esempio, durante l’esecuzione di un Elettroencefalogramma, con metodiche di sensibilizzazione come la Stimolazione luminosa intermittente a diverse frequenze, che induce modifiche dell’attività elettrica cerebrale “sintonizzandola” e producendone quindi altrettanta alla stessa frequenza o multipli della stessa (fenomeno della “risposta in frequenza”); ciò si osserva anche per impulsi sonori o elettrici di una certa frequenza. Indiscutibilmente stiamo parlando di elementi fisici di diversa natura: onde del suono che si propagano e trasmettono attraverso la materia, aria acqua o corpi solidi e onde elettromagnetiche che, anche nel vuoto, viaggiano indisturbate; ma quando entrambe condividono un mezzo comune e quel mezzo ha proprietà elettriche che variano con la sollecitazione meccanica, i due fenomeni possono interagire e il risultato è la variazione delle proprietà elettriche/ elettroniche/elettromagnetiche.

La frequenza aurea

Esiste poi una teoria molto interessante, di tipo olistico, per cui una certa frequenza elettromagnetica, per la precisione quella degli 8 Hz (con i suoi multipli e sottomultipli), presente in natura e chiamata “frequenza aurea”, rappresenti una frequenza ottimale. Una similitudine curiosa è che, in ambito musicale, esiste un’ “accordatura aurea”, ovvero un’accordatura degli strumenti per la quale la nota LA viene accordata a 432 Hz; essa si basa sul concetto che, in questo modo, si ottenga una naturale risonanza con le frequenze alla base del nostro organismo e dell’universo. Per mezzo dell’accordatura del LA a 432 Hz, quindi, si arriva ad un DO di 256 Hz e, all’interno di questa scala, i nostri 8 Hertz diventano il 27° sopratono di DO; per il principio delle armoniche, secondo cui a un suono prodotto si aggiungono multipli e sottomultipli di quella frequenza, anche i DO delle altre ottave cominceranno a vibrare per “simpatia”, facendo risuonare naturalmente la frequenza di 8H.

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