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Pelle, specchio del nostro benessere

Autore: Dott.ssa Anna Graziella Burroni

La pelle rappresenta il limite fisico del nostro corpo ed anche il contesto connettivo dei suoi organi e apparati ma al tempo stesso custodisce ed esprime la nostra interiorità 

È ormai assodato che la pelle rappresenti lo specchio del benessere psico-fisico a 360°, il luogo dove il nostro corpo incontra l’ambiente esterno e interagisce con esso, dove le emozioni si esprimono e diventando veri e propri stati dell’organismo. Nella gioia e nel dolore, in salute e nella malattia, infatti, la pelle racconta la nostra storia: quella genetica, data dal colore, dalla grana, dalla quantità di sebo prodotta, ma anche l’età e i segni del tempo e, quindi, il rapporto con la nostra immagine e con ciò che di noi vogliamo mostrare agli altri.

Veicolo di informazioni

Allo stesso modo, lo stato di salute della pelle può essere la spia di diverse malattie nascoste come, ad esempio, quelle neurologiche oppure più superficiali come quelle dermatologiche; può mostrare il segno lasciato sul corpo da eventuali terapie farmacologiche croniche, come nel caso dell’uso di farmaci steroidei, anticoagulanti o immunosoppressivi; può dare informazioni sul nostro stile di vita, svelando abitudini come l’uso di tabacco o il consumo di alcolici, quanto stiamo all’aria aperta o quale rapporto abbiamo con il cibo.

Organo dinamico e connettivo

La pelle è innanzitutto un organo dinamico, il più esteso che abbiamo, un rivestimento protettivo attraverso il quale i tessuti, i sistemi e gli apparati del corpo sottostanti (muscoli, organi interni e ossa) si incontrano e si scambiano informazioni definendolo, quindi, anche come sistema connettivo. L’apparato circolatorio, ad esempio, che trasporta ossigeno, acqua, elettroliti e cellule, attraverso le vie linfatiche incontra il sistema immunitario. A sua volta, il sistema nervoso periferico si insinua nella pelle con i nervi sensitivi, quelli motori e quelli del sistema nervoso autonomo, intrecciandosi con gli altri sistemi in una relazione articolata e complessa, arricchita dalla presenza del sistema endocrino (apparato pilo-sebaceo e ghiandole sudoripare).

Elemento di identità

Queste considerazioni di carattere biologico definiscono nella pelle il limite fisico del nostro corpo e, allo stesso tempo, il contesto connettivo degli organi e degli apparati che compongono il nostro organismo, alcuni dei quali non sono immediatamente percepibili alla vista ma che, proprio attraverso la pelle, manifestano chiaramente la loro presenza; la pelle custodisce ed esprime anche la nostra interiorità, contribuendo a definire, contemporaneamente, la nostra identità individuale e quella collettiva. Pensiamo ad esempio ai tatuaggi, che mettono in relazione e insieme contrappongono il corpo come dato biologico e il corpo come espressione culturale e sociale, indicatore di appartenenza (ad esempio ad un gruppo di amici), ma anche di ribellione (ad esempio dal proprio contesto familiare).

Primo strumento di comunicazione...

La pelle, quindi, è a tutti gli effetti un indicatore della grande complessità che regola i rapporti tra esterno e interno, tra corpo, mente e psiche: molti Pazienti con malattie dermatologiche esordiscono durante la prima visita medica attribuendone le cause proprio allo stress; e se pensiamo alle relazioni affettive primarie, ovvero quelle che si stringono nei primi anni di vita e che hanno come protagonisti il bambino, la mamma e il suo nucleo familiare, la caratteristica più importante è proprio quella di un contatto stretto e continuato con il corpo e la sua biologia. In questa prima fase dell’esistenza, infatti, gli istinti fondamentali (fame, sete, bisogno di protezione e di contenimento) sono in stretta connessione con gli affetti e le risposte somatiche (vasodilatazione, contrazioni muscolari, attivazione dei diversi sistemi e apparati), perché pulsioni, affettività e corpo, nel neonato e nel bambino, non possono ancora essere integrati e rappresentati dal linguaggio e dal pensiero. Ecco allora che le sensazioni cutanee del piccolo diventano un importante veicolo di comunicazione dello suo stato di salute generale e le difficoltà dell’ambiente circostante trovano espressione diretta nella somatizzazione: in altre parole, in assenza di una psiche che ha appena iniziato a strutturarsi in modo compiuto e consapevole, è il corpo che si fa portatore di eventuali disagi e sofferenze. Lo stesso meccanismo può persistere anche in età adulta come meccanismo arcaico di difesa oppure manifestarsi in condizione di particolare stress e/o di difficoltà.


 

... e di percezione

È chiaro, a questo punto, che attraverso la pelle sperimentiamo un concetto di familiarità che ci accompagna via via nel tempo. Attraverso la pelle intrecciamo le relazioni affettive più profonde e significative della vita, da quelle parentali a quelle amorose, che contribuiscono a definire una parte fondamentale della nostra interiorità; molto di ciò che siamo, infatti, dipende da come siamo stati guardati, accarezzati e tenuti nel corso delle relazioni primarie, tutte azioni che hanno come apparato ricetrasmittente e come mediatore privilegiato la nostra pelle.

Se arriva una pandemia

Non si può però parlare della Pelle dimenticando il ruolo cruciale nell’attuale emergenza legata alla diffusione del Covid-19, un evento che sta mettendo tutti a dura prova, che ha e continuerà ad avere per lungo tempo, un impatto molto forte sul nostro modo di vivere e di relazionarci con gli altri. È paradossale, infatti, che 70 anni di pace e di sviluppo socio-economico del mondo occidentale ci abbiano illuso che le grandi catastrofi collettive fossero lontane e che la nostra civiltà sarebbe cresciuta indisturbata per sempre; ed ecco che non una guerra, non un meteorite, non un repentino cambiamento climatico è arrivato a sconvolgere le carte di questo paradigma, bensì una malattia, un piccolo virus invisibile rispetto al quale la situazione sanitaria che stiamo vivendo non è che la conseguenza del suo “semplice” interagire con i sistemi biologici superiori.

Stare insieme, ma in che modo?

Questa tragica esperienza lascerà tracce profonde nelle nostre vite, ma anche sulla nostra pelle. Non solo il dolore per le perdite, le complicazioni legate alla limitazione della nostra libertà, la reclusione a cui ci ha obbligato il “contenimento sociale”, la preoccupazione per la nostra salute e per quella dei nostri cari, lo stress quotidiano di assistere ogni sera al conteggio dei morti e dei contagi, le ripercussioni economiche collettive e private, ma anche qualcosa di più; questa esperienza ci obbligherà, anche per il futuro, a rivedere il nostro modo di stare insieme, come comuni cittadini e come Professionisti che svolgono un’attività di cura.

Il contributo della Dermatologia

Il Coronavirus, infatti, aggiorna continuamente le nostre conoscenze scientifiche, con alcune caratteristiche specifiche per noi Dermatologi. Apprendiamo, ad esempio, che tra le vittime più giovani si conta un ragazzo di 14 anni che aveva la Psoriasi e che, forse, la tempesta citochinica che contraddistingue il Covid -19 si è sommata a quella già in atto per quel preciso disturbo, producendo il danno più intenso e inaspettato; oppure, leggiamo che alcuni farmaci storicamente patrimonio del nostro repertorio terapeutico, come ad esempio l’Idrossiclorochina e l’Ivermectina, possono aiutare i Pazienti a superare la malattia e vengono già utilizzati con discreto successo in molti reparti ospedalieri. Apprendiamo ancora che un possibile vaccino anti-Covid potrà essere somministrato attraverso un cerotto grande come un pollice, studiato dagli Scienziati dell’Università di Pittsburgh tra i quali un Dermatologo, il Dott. Louis Falo, in grado di sfruttare la capacità dell’epidermide di presentare gli antigeni al sistema immunitario... Dunque anche la Dermatologia sta dando un contributo importante di esperienze, di conoscenze e di passione al percorso di approccio e conoscenza di questa complessa malattia.

Prevenire e curare

Nel frattempo, nella cura quotidiana dei nostri Pazienti, vigiliamo perché le loro fragilità (tempeste citochiniche nelle Malattie infiammatorie croniche, Deficit immunitari nelle neoplasie) non facciano da terreno fertile per il possibile sviluppo del Coronavirus.
Dobbiamo inoltre impegnarci a curare lesioni, come i geloni-like o l’eruzione varicella-like, prodotte dai dispositivi di protezione individuale (DPI) e relative problematiche cutanee ad esse connesse, sulle mani e sui volti dei colleghi che lavorano ogni giorno in prima linea. Il segno di Gabrin (Alopecia androgenetica), ad esempio, ha aperto la strada alla comprensione di importanti meccanismi attraverso i quali il virus penetra nel nostro organismo; un grande numero di Pazienti con “telogen effluvium” (copiosa caduta di capelli) post virus sarà prezioso per comprendere meglio una patologia dove i dubbi superano le certezze.

In conclusione, possiamo affermare che, lavorando sulla pelle, non ci si stanca mai di stupirsi per la sua incredibile versatilità, per il suo legame esternointerno, per la sua capacità di segnalarci malattie molto prima che queste si manifestino chiaramente in altro modo e per la sua capacità, in altre parole, di essere un organo sempre attuale.

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