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Farmaci, uso o abuso?

Autore: Dott. Enrico Delfini

L’Agenzia del Farmaco ha stilato il rapporto annuale nazionale per l’impiego dei medicinali con l’obiettivo di incentivarne un utilizzo più oculato

L’agenzia Italiana del Farmaco, con il Ministero della Salute e la collaborazione di Istituti scientifici e di Ricerca qualificatissimi, ha coordinato anche quest’anno la stesura del rapporto OsMed, il rapporto nazionale per il 2015 dell’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali.  Partendo dai dati provenienti dagli archivi amministrativi di ASL, Regioni, Ospedali e banche-dati, gli esperti hanno tentato di valutare nel modo più preciso possibile quali e quanti farmaci vengono acquistati a carico del Servizio Sanitario Nazionale, suddivisi per regione, età e sesso.  

I numeri dell’analisi  

Oltre alla semplice analisi quantitativa, incrociando i dati e con metodi sempre più sofisticati, si riescono a ottenere, seppur con qualche margine di errore, anche dati qualitativi che potremmo definire “intelligenti”. Per fare un esempio: sapere quanti farmaci per il Colesterolo vengono prescritti in una Asl rispetto alla media regionale o nazionale è un dato di poca utilità; vedere invece se negli anni questo dato è in aumento, se si avvicina o meno alla media globale può avere qualche interesse. Ma non ci dà alcuna indicazione sulla “qualità” delle prescrizioni. Nel rapporto, che chiunque può visionare sul sito dell’Agenzia del Farmaco, sono stati raccolti dati che tengono conto delle patologie pregresse degli assistiti, della costanza con cui i farmaci vengono acquistati, differenziando chi prosegue una terapia in corso da anni da chi ha iniziato il trattamento nel 2015. È infatti ovvio che, con la stessa quantità di farmaco, è possibile trattare correttamente per un anno un Paziente che, ad esempio, ha avuto un Infarto e pertanto ha molto bisogno del farmaco. Ma potrebbe anche accadere che le stesse confezioni dello stesso farmaco vengano utilizzate da persone che non hanno precedenti malattie e che hanno solamente il Colesterolo un po’ alto e assumono il farmaco saltuariamente. In questo caso la spesa sostenuta dal SSN per queste medicine è del tutto inutile mentre è sicuramente doverosa nel primo caso.
Analizzare in modo intelligente le tabelle del rapporto Osmed aiuterebbe a mettere in atto azioni per incrementare l’utilizzo “utile” ed eliminare quello non necessario dei farmaci.
Se su questi obiettivi si registrasse uniformità di intenti tra i dirigenti delle istituzioni (regioni, ASL) e professionisti (Ospedali, Medici di Famiglia) come sta avvenendo, per esempio, a Bologna, i risultati non mancherebbero. Certamente non potranno essere risultati immediati ma si potranno rilevare nel corso dei mesi. È però indispensabile che queste azioni siano sostenute e che siano coerenti con tutte le azioni politiche e di coordinamento gestionale che vengono messe parallelamente in atto.

I costi della salute

A molti, sia tra gli addetti ai lavori sia tra il pubblico generale, può forse dare fastidio il ricorrente richiamo ai costi e ai necessari risparmi nella spesa sanitaria. “La salute non ha prezzo!”, “Non si può costringere la gente a pagare di tasca propria!” Sono slogan e frasi ad effetto che non tengono conto della realtà economica e scientifica. Da oramai qualche anno il costo dei farmaci non particolarmente rivoluzionari è in continua sensibile discesa; per contro, i progressi scientifici e tecnologici hanno lanciato sul mercato medicine sempre più innovative. Queste ultime, rivolte al trattamento e alla cura dell’Epatite C, del Diabete, dei Tumori, della Sclerosi Multipla e di altre malattie invalidanti, hanno purtroppo un costo esorbitante: si parla di migliaia o di decine di migliaia di euro per ogni Paziente trattato. Chi governa e chi detta le leggi (in Italia e in tutto il mondo) deve fronteggiare questa sfida, dovendo fare i conti con un bilancio che, per le note ragioni di crisi economica, non può prevedere aumenti di spesa.


Quali strategie?

Ad aumentare la complessità del quadro dobbiamo considerare altri due elementi. In primo luogo nessun politico e nemmeno un organismo tecnico come l’Agenzia del Farmaco ha piacere di essere considerato come quello che “toglie dei farmaci a chi ne ha bisogno”. Occorre inoltre valutare la differente visione del problema a seconda che consideri lo scenario in termini generali, o relativamente ad un singolo Paziente. Per spiegare meglio questi concetti, è utile fare un esempio pratico. Tra le voci di spesa più importanti nel settore farmaceutico, il SSN spende circa un miliardo di euro per i farmaci contro l’Ulcera e il Reflusso gastrico (il 4,2% della spesa totale). Si tratta di un costo enorme e, oggettivamente, nella grande maggioranza dei casi questi prodotti vengono utilizzati per problemi clinici non particolarmente severi. Allo stato attuale, peraltro, essi (tenendo conto delle Note Aifa sulla rimborsabilità e le indicazioni in scheda tecnica) possono in modo legittimo essere prescritti anche in casi non gravi. Per ridurre la spesa per questo tipo di farmaci esistono due possibili strategie: la prima soluzione potrebbe essere la ricollocazione di questi farmaci in fascia C, ovvero a pagamento, impiegando le risorse risparmiate per l’acquisto di quei farmaci innovativi per la cura di Patologie molto più gravi. Una seconda possibilità di azione invece va proprio nella direzione di non prendere decisioni drastiche centrali ma insistere su operazioni di pressione o di convincimento verso i Medici prescrittori. Questo significherebbe però trovarsi in un continuo conflitto Medico-Paziente. 

Tutelare il singolo

La differenza fondamentale, in questo scenario, è che mentre il legislatore deve fare scelte e prendere decisioni, anche difficili, con l’obiettivo del benessere generale della popolazione, il Medico di Famiglia non può privare il proprio Paziente delle cure richieste. Di fronte al suo Medico, il singolo Paziente si aspetta legittimamente che questi faccia le scelte migliori nel suo specifico interesse. In questo senso anche il Medico deve attenersi alla sua coscienza e deontologia; pur consapevole delle difficoltà e ripercussioni economiche generali, non è pensabile che, di fronte ad un singolo assistito che presenta un sintomo o una malattia per cui esiste una soluzione che rientra nei parametri per una prestazione gratuita, faccia un passo indietro in nome di un superiore interesse generale. A soffrirne sarebbe proprio quel rapporto di fiducia, quella “alleanza terapeutica” che è alla base della Medicina generale, come è stata intesa (almeno in Italia) da molti decenni.